sabato 29 marzo 2014

Anche le mucche nel loro piccolo si drogano


Sono una persona curiosa e di fronte ad uno spunto interessante mi piace approfondire. Mentre leggevo il libro di Enzo Soresi, 'Il cervello anarchico' sul potere della mente nella salute e nella malattia mi sono soffermata sul punto in cui l'autore afferma che 'in natura le specie animali che si drogano sono molteplici. Nel Kansas circa 5mila bovini ogni anno vengono soppressi perché tossicomani'. Si tratta di mucche che nei pascoli scoprono erbe inebrianti e iniziano a cibarsi esclusivamente di quelle manifestando comportamenti anomali che ne decreta l'abbattimento. Ora, a parte la considerazione che è meglio morire un po' allegre piuttosto che in sé, la cosa mi ha portato subito alla mente l'immagine degli asini e dei cavalli che amano la birra sino ad ubriacarsi. E' partita quindi una ricerca che ha dato risultati interessanti e poco noti: gli animali che per caso o per istinto assumono sostanze psicotrope sono moltissimi: i pettirossi americani migrano dal Canada alla California e probabilmente dalle parti della Napa Valley si cibano in quantità di bacche di caprifoglio che ha un effetto analogo a quello di un paio di Martini con ghiaccio tanto che il volo diventa disordinato e finiscono spesso a volare a bassa quota sino a schiantarsi sui parabrezza delle auto. Molti proprietari di gatti avranno potuto osservare gli effetti psicotropi dell'erba gatta sui loro mici che la assumono in parte per regolarizzare il transito intestinale ma che ne apprezzano l'effetto collaterale in termini di disinibizione. Il gatto infatti inizia a rotolarsi, strusciarsi e miagolare in modo caratteristico per effetto del 'nepetalattone' una sostanza analoga ai feromoni felini e quindi eccitante. Quasi tutti i felini hanno in natura il proprio stupefacente preferito: i giaguari ad esempio si cibano di un'erba chiamata Banisteriopsis caapi che sembra aumentare le capacità sensoriali prima della caccia ma si cibano anche della corteccia della vite selvatica che ha un effetto purgante ma tra gli effetti collaterali presenta una attività psicotropa. I wallaby, animali simili ai canguri, sono da sempre grandi estimatori dei papaveri (dai quali si estrae l'oppio) e hanno imparato a superare le recinzioni dei campi coltivati a scopo medicinale per delle vere feste in cui poi ballano, corrono e girano in tondo sino a cadere stremati. Confusi e felici, direbbe Carmen Consoli. Anche gli elefanti hanno una buona predisposizione per gli alcolici, tanto che un branco nel 2007 in Asia seminò il panico dopo essersi ubriacato con birra di riso. Mentre i cugini africani si provocano uno stato di ebbrezza andando alla ricerca dei frutti fermentati della marula, con cui i locali producono un vino tipico della savana chiamato 'buganu'. I ricercatori hanno scoperto che gli elefanti sono soliti ubriacarsi se vivono una condizione di stress, cosa che li accomuna a noi umani. 
Le pacifiche renne, associate alla figura di Babbo Natale sono altrettanto birichine e si cibano di Amanita Muscaria, un fungo velenoso dagli effetti allucinogeni che provoca comportamenti bizzarri: sembra infatti che vaghino nei boschi credendo di volare (anche se capire cosa creda una renna mi sembra impresa ardua). I cavalli invece sballano quando mangiano erbe che contengono una molecola chiamata 'swainsonina' che provoca disordini neurologici e che se assunta in quantità provoca confusione mentale e profonda letargia. 
Anche i mammiferi di piccola taglia non si fanno mancare l'abitudine ad un cicchetto rilassante: pipistrelli, toporagni e ptilocerchi della Malesia sono ghiotti di frutta molto matura piena zeppa di alcol che deriva dalla naturale fermentazione dello zucchero, ma ne sono talmente assuefatti che riescono a camminare e volare dritti mentre i cercopitechi dei Caraibi sono diventati alcolisti e per cercare il rum di cui sono golosi non esitano ad assaltare i bar creando il panico tra i turisti e gli avventori. E per finire anche la piccola Drosophila il moscerino della frutta amato dai biologi è una 'cattiva ragazza': abituata a vivere nella frutta fermentata si è abituata a procurarsi uno stato di ebbrezza in cui assume comportamenti sessuali eccessivi e promisqui. Così come i delfini inseguono i pesci palla perché nella loro scia rilasciano una sostanza eccitante. Sul perché gli animali assumano sostanze psicoattive le ipotesi sono differenti: c'è chi sostiene che il cervello sia predisposto a queste sostanze perchè ne possiede i recettori e chi dice che gli effetti siano secondari ad altre funzioni di queste sostanze come l'essere antimicrobiche o purganti. Nel frattempo 'cin cin'. 

Chiedimi se sono felice: alla ricerca della 'life satisfaction'

https://www.youtube.com/watch?v=y6Sxv-sUYtM&feature=kp

Da molti anni si tenta di misurare la 'life satisfaction' delle popolazioni e di individuarne i fattori salienti. Stanno meglio quelli che vivono in paesi ricchi? Con un clima favorevole? Oppure dove è alto il livello di religiosità?
Sorprendentemente numerosi studi hanno stabilito che i soldi non sono un fattore determinante e nemmeno la religiosità, il livello di cultura generale o il clima.I giovani non sono affatto più felici dei vecchi (la felicità dichiarata è maggiore nella fascia di età tra i 45 e i 70 anni, consapevolezza?) ma conta la percezione del mondo circostante e il modello cognitivo individuale. Tra i fattori di benessere ai primi posti c'è la salute o comunque l'assenza di malattia e poi il lavoro, ma anche qui la valutazione è soggettiva: gli ottimisti e gli estroversi valutano la propria salute migliore dei pessimisti a parità di condizioni. Altro fattore di benessere è la presenza di una rete sociale di sostegno, una famiglia unita e amici sinceri fanno scattare in alto la percezione della felicità molto più di un reddito alto guadagnato in solitudine. Gli introversi sono orientati all'isolamento e fanno fatica a valutare il mondo con lenti rosa, al contrario di ciò che avviene per le persone socievoli che mostrano una attività elettrica sottocorticale più intensa nella corteccia prefrontale sinistra.
Molte ricerche inoltre hanno mostrato sorprendentemente un effetto minimo sulla felicità di fattori importanti come il reddito e lo stato civile (nonostante altre ricerche abbiano evidenziato che gli sposati siano mediamente più felici dei single) mentre la scoperta più interessante ed istruttiva è la capacità di adattamento dell'essere umano. In condizioni favorevoli come ad esempio una vincita in denaro, la felicità torna presto ad un livello medio e non ha grandi effetti a lungo termine, questo perché il cervello tende sempre ad uno stato di equilibrio. Ma l'aspetto più rilevante è che questo effetto equilibratore interessi anche gli eventi fortemente negativi come ad esempio la perdita della vista, il finire su una sedia a rotelle, un lutto. Come spiega chiaramente Kanhemann 'i paraplegici non sono molto più infelici dei soggetti sani di un gruppo di controllo' il che significa che la nostra mente è plastica e tende ad un benessere medio. Anche gli effetti di un matrimonio (benefici) e di un lutto (negativi) svaniscono del tutto a tre anni dall'evento e già nel 1995 si era visto che in Giappone il livello di felicità non era cresciuto tra il 1958 e il 1987 nonostante il reddito medio fosse quintuplicato. La morale è duplice: si conferma che i soldi non danno la felicità (fatto salvo che ve ne siano per una sopravvivenza dignitosa) e che il nostro cervello ha capacità straordinarie di adattamento. Certo è che la felicità rimane comunque una delle cose più inseguite dall'animo umano come in parte dimostra il successo della canzone di Pharrell Williams che la celebra e che ha portato a balletti di emulazione in tutto il pianeta. Dovremmo solo capire che la felicità non deriva da fattori esterni ma che è proprio dentro di noi ed è fortemente dipendente dal nostro atteggiamento mentale e dalla modalità con cui 'leggiamo' l'ambiente e i fatti che ci circondano.

venerdì 7 marzo 2014

Da Rockerduck a quelli che mandano giù terra e detersivi…

Da qualche tempo va in onda su un canale satellitare un programma televisivo dal titolo “Io e la mia ossessione” che racconta la storia di come il disturbo ossessivo si manifesti nelle sue forme più complesse. Tra i casi maggiormente rappresentati vi è la tendenza di alcuni soggetti ad assumere sostanze non commestibili come sabbia, muro, terra, detersivi, sabbia, sapone, carta e molto altro. Il disturbo viene chiamato ‘picacismo’ e fa parte dei disturbi dell’alimentazione come alterazione del senso del gusto e dei disturbi ossessivi e in alcuni casi di schizofrenia. Ma si legge anche che ne manifesta qualche segnale tra il 10 e il 30% dei bambini tra gli zero e i sei anni. Sembrerebbe quindi evidente che il disturbo faccia parte della sfera dei disturbi mentali se non avessi appreso che la cosa ha una origine organica e che sia spesso appannaggio di soggetti che presentano carenze di ferro, zinco e vitamine. E andando un po’ più in là scopro che in alcune culture questa pratica viene accettata e non considerata affatto patologica. Culture nelle quali l’alimentazione è povera e squilibrata e si riscontrano quindi le carenze di cui accennavo tanto che, ristabilito l’apporto di ferro nella dieta, il disturbo regredisce spontaneamente.
Sorvolo sui rischi per la salute, sulle possibilità di avvelenamento e le conseguenze sull’apparato intestinale per concentrarmi sull’aspetto antropologico della questione. Perché di questo disturbo si hanno tracce sin dall’antichità: Platone stesso consigliava alle donne incinte di assumere argilla, gli aborigeni australiani la usano ancora per la panificazione e nei mercati africani viene venduta come digestivo o per curare la dissenteria. L’assunzione di materiali non commestibili (anche corde, capelli ecc) è considerata ancora oggi un fenomeno normale in alcune società rurali dove si arriva ad assumere materiali che contengono metalli pesanti che hanno come esito intossicazioni da piombo, cadmio, molto gravi e talora fatali. Ma anche ostruzioni intestinali e infezioni parassitarie gravi. In un interessante caso descritto sull’ultimo numero di Area Pediatrica il caso di un bambino che una volta al mese assumeva da 5 anni caolino, un minerale silicato delle argille che non solo era conseguenza di una grave anemia ma che ne rappresentava anche la causa: come spiegano gli autori del caso (presentatosi all’Ospedale Sant’Anna di Ferrara) la superficie della caolinite presenta cariche negative che legano le cariche positive del Ferro e lo sottraggono all’assorbimento da parte del duodeno. Inoltre le tracce di quarzo presenti nel caolino determinano una abrasione della mucosa intestinale che favorisce la desquamazione e la perdita di patrimonio marziale. Ecco come allora l’assunzione di caolino sia diventata sia causa che effetto dell’anemia. Interessante è comunque che quando l’origine del disturbo sia ‘etnica’ ossia una pratica accettata culturalmente, si debba escludere l’orgine psichiatrica del disturbo, configurando una patologia ad eziologia quasi culturale.