domenica 30 marzo 2008
Profumo al tabacco nei pub
Effetto nostalgia dopo i divieti: così cambia l'odore del bar
di FRANCESCO MERLODA QUANDO è vietato fumare sono cambiati gli odori d'Europa, e nei pub inglesi, che furono i templi del tanfo di sigaretta, è riemerso l'acido sudore dei corpi. Ed è così prepotente che, alla ricerca del cattivo odore perduto, in alcuni pub di Londra si può annusare il passato e ritrovare, sia pure artificialmente, la puzza di fumo come una nostalgia per peccati che forse non abbiamo neppure commesso. Insomma, contro l'olezzo dei corpi, contro l'agro ascellare di pizza alla cipolla marcia, si fa un massiccio ricorso al deodorante al tabacco che rinfresca l'aria, migliora il colorito, favorisce la circolazione del sangue, guarisce persino dalla depressione dell'alcolista. È bene precisare subito che c'è una grande differenza tra l'odore di tabacco e il lezzo di nicotina. E che la giusta battaglia contro le sigarette, pur con qualche eccesso, sta dando i suoi buoni frutti: diminuiscono i casi di cancro al polmone e le orribili malattie alla bocca e alla gola. E tuttavia, da quando non si fuma più, nei vecchi pub la memoria olfattiva si smarrisce perché al posto degli sgradevoli e tuttavia familiari miasmi tabaccosi non c'è l'aria nuova della salute e neppure il vento neutro del frettoloso va e vieni, ma c'è, altrettanto stantio del fumo, il fetore umano, che è un netto peggioramento per il fiuto, anche se spesso è solo eccesso di sali e di zuccheri nel sangue, e non necessariamente il vapore tetro della cattiva pulizia. Così, alla fine, scopri che il pub è sempre stato - ed è ancora - una fabbrica di fetecchie che potevano essere soffocate e neutralizzate solo da quel fumo che rendeva opache le luci e persino più amara la birra, a riprova che l'odore è anche vista e sapore, ma pure intelligenza e sentimento, pensiero e utopia, ed è il più intenso dei ricordi.
Come si fa a salvare il pub come posto di lecita goduria? A ridargli quell'aria beata di trasgressione pure olfattiva? A fargli mantenere quel ruolo di archivio di se stessi, di raccolta di "memorabilia" anche dell'odorato che ha sempre avuto nella formazione degli inglesi? Ci stanno appunto provando con quest'idea paradossale del deodorante al tabacco. In fondo l'odore del fumatore che non fuma, l'aroma del tabagista antitabacco è, per i nasi d'Europa, un'emozione ossimorica più interessante delle essenze animali, come le secrezioni dello zibetto e del castoro, che da anni impegnano le ricerche dei raffinati chimici di Chanel e di Guerlain. Anche se, per la verità, nessun "re del naso" riuscirà davvero ad imprigionare in una boccetta quel caratteristico, stagnante puzzo di fumo che impregnava i finti velluti sdruciti dei divani nei pub di Londra e che rendeva inavvicinabili le tappezzerie di stoffe rosse alle pareti dei bistrot di Parigi. E però, come si può ascoltare un odore e lo si può dipingere e lo si può vedere, così lo si può inventare e in qualche misura anche ricostruire come un processo storico, perché ogni epoca ha i suoi odori dominanti. Sicuramente quello del tabacco è stato l'odore del Novecento, e la sua sparizione sta liberando nuovi aromi che segneranno il nuovo cammino della civiltà. Così nei caffè dei più "caldi" quartieri etnici di Parigi, dalle parti della Gare du Nord per esempio, dove sino al dicembre scorso si camminava su un tappeto di cicche e si avanzava nella nebbia, adesso senti subito un effluvio acre e piccante che rimanda a mondi esotici e ti ricorda il labirinto dell'integrazione, l'odore del pericolo e al tempo stesso della fascinazione, anche perché, quando - qualche volta - fanno le pulizie, usano l'aceto che, al bar, è un'esalazione da peste manzoniana. È vero che nelle brasseries francesi, ora che non c'è più il fumo, riesci meglio ad assaporare l'odore di una torta alle fragole o della zuppa di gamberi al curry ma, già appena entri, su tutto domina, sottile e penetrante, l'ammoniaca che custodisce le corazze dei crostacei e arricchisce la surgelazione. E gli odori dell'Italia che per prima ha sperimentato la legge antifumo? E come cambieranno gli odori caldi di Grecia e di Turchia? Forse con il naso grande affondato nell'umanità dei locali pubblici bisognerebbe davvero annusare l'Europa, alla ricerca dei nuovi odori della vita e della vita dei nuovi odori, magari con la vecchia idea che lì dove c'è più odore c'è più anima. Sicuramente chi si occupa di storia sociale dovrà documentare questa nuova era del post tabacco. Si sa che la (quasi) sparizione del cattivo odore dalle città e dai corpi degli uomini e delle donne segnò, secondo alcuni studiosi (per tutti Alain Corbin), il passaggio all'età moderna, con i divieti di gettare gli escrementi per strada, la costruzione delle fogne e la conseguente trasformazione dei paesaggi urbani e della psicologia dei cittadini. Ebbene, qualcuno dovrebbe raccontarci se è vero che stiamo per ritrovare l'uso dell'Odorato e non dobbiamo più invidiarlo ai cani, adesso che il Tabacco non sta più tra Bacco e Venere, espulso dalla civiltà godereccia. Era infatti quello della sigaretta uno dei tre odori fondamentali del moderno uomo epicureo ed oraziano, rauco ma felice, succhiatore asmatico, sniffatore di pub cancerogeni, avvelenatore di bistrot velenosi, sempre pronto a respirare la mala aria nei paradisi artificiali delle trattorie romane, con il naso predisposto solo a riconoscere fumi, gas, esalazioni, vapori e smog che sporcassero gli ambienti e i corpi, offuscassero le menti e distruggessero la verità. Ecco: è misteriosa la chimica del piacere olfattivo che, secondo Fourier, "arriva alla copulazione aromatica dei pianeti e degli astri". Ma non è detto che senza il Tabacco si sentano più forti Bacco e Venere, come provano appunto i miasmi ascellari nei pub londinesi dove, solo adesso che non c'è più, cerchiamo disperati la puzza di fumo come rifugio contro noi stessi, per non sentire il nostro cattivo odore. (Fonte: Repubblica 29 marzo 2008)
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