Sembra che i progressi in medicina non vadano di pari passo con un cambiamento nella mentalità degli operatori sanitari. I medici si pongono ancora - la maggior parte delle volte - con un atteggiamento paternalistico e considerano il vissuto del paziente e la sua influenza sul processo di cura secondari rispetto ai sintomi. Eppure emerge da più parti l'esigenza di evitare diagnosi errate e prescrizioni non necessarie sia per contenere i costi che per il confort del malato. Dei 2.7 trilioni di dollari spesi ogni anno in indagini diagnostiche, 1/3 risultano essere soldi buttati. Intanto 100mila persone l'anno negli Stati Uniti muoiono per errori medici dovuti principalmente a diagnosi errate.
Il miglioramento dell'efficacia delle cure può partire dai pazienti? Sembrerebbe di si, basterebbe che i medici delegassero meno alla diagnostica e ascoltassero di più i pazienti. Sono i malati che devono porsi come soggetto attivo nel processo di cura e pretendere di essere partner nelle decisioni che li riguardano, facendo domande, chiedendo informazioni. Il nuovo mantra è 'non lasciare lo studio medico senza una risposta, una ipotesi e con un dubbio. Informatevi e se necessario preparate una lista di domande per la visita successiva. E se il medico resiste? Se fa opposizione? Se ribadisce il suo ruolo di potere? Vi liquida? Cambiate medico. Moltissime ricerche ormai dimostrano che i pazienti che guariscono prima e meglio, quelli che aderiscono maggiormente alla terapia, sono quelli che vengono coinvolti nelle decisioni e vengono stimolati dai medici a collaborare e a formare una vera alleanza terapeutica, ciascuno nelle proprie possibilità.
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