Poche cose mi danno soddisfazione come friggere e lo faccio sapendo che una volta ogni tanto si può (e che alcune teorie non meglio identificate sosterrebbero che 'si deve' per stimolare il fegato). Oltre a ciò potrei uccidere per poche cose da mangiare ma tra queste ci sono di certo le patatine fritte. Da alcuni anni però questo piatto meraviglioso non solo non è considerato così salutare (a causa di un certo contenuto di grassi) ma è salito sul banco degli imputati perchè la frittura dorata e quella deliziosa crosticina brunita sarebbero il segno evidente della formazione di un composto pericoloso per la salute, l'acrilamide.
Tanto per farla semplice ad alte temperature le molecole dei carboidrati e degli amici in particolare si legano alle proteine grazie alla reazione di Maillard. Il risultato non è solo quella crosticina deliziosa, il gusto e il profumo che sprigionano ma - ahimé - la creazione di due composti chimici potenzialmente pericolosi come l'acrilamide e l'impronunciabile N-carbossimetil-lisina (CML per gli amici).
Il problema è che questa reazione di verifica sempre quando la cottura avviene ad alte temperature e aumenta proporzionalmente alla durata di esposizione al fuoco. Basterebbe rinunciare alla patatine, e invece no perchè questi composti sono stati trovati in tantissimi prodotti usualmente presenti sugli scaffali dei negozi: pane, brioche, cereali e...biscotti.
Una recente ricerca ha valutato a quale temperatura acrilamide e CML si sviluppano proprio in questi ultimi: i biscotti in commercio sono cotti ad una temperatura variabile tra i 155 e i 230° per un tempo che va da 1,5 a 30 minuti circa. E i più alti livelli di acrilamide sono stati riscontrati nei biscotti cotti a 155° per 21 minuti o a 205° per 11 minuti, mostrando che questo composto si sviluppa anche a temperature relativamente basse, mentre il CML si è innalzato al massimo in presenza di una temperatura di 230° anche solo per 1,5 minuti.
Allora vi chiederete come mai la presenza di acrilamide non sia segnalata e come facciamo a sapere quanta ne contengono i nostri biscotti per la colazione preferiti: non possiamo saperlo perché mancano dati certi sulle quantità minime accettabili di questi composti negli alimenti (sembra che 200 mck per kg di prodotto sia il livello di guardia), perché non esiste una normativa europea che ne regoli il contenuto e perché le aziende sono lasciate alla loro buona volontà nel controllo di questi due elementi.
Il problema è però che migliorando i parametri di cottura si ottengono prodotti di minore qualità in termini di profumo e gusto anche se va dato atto alla CIAA, la Confederazione Europea delle Industrie Alimentari di aver preso alcune misure di autoregolamentazione.
Nel frattempo studi rigorosi hanno mostrato che esiste una certa correlazione tra alimenti ricchi di acrilamide e altre sostanze chimiche mutagene che scaturiscono dalla cottura e il tumore dell'ovaio e dell'endometrio, mentre non avrebbero effetti su quello al seno.
A questo punto potremmo pensare di abbandonare le amate patatine e consolarci con una bella cotoletta panata o una fettina passata a farina arricchita con un po' di burro, salvia e rosmarino. E invece no, l'acrilamide è in agguato ogni volta che un cibo ricco di amido sia sottoposto a temperature alte e peggio ancora se nella stessa pentola alberga un alimento a base di proteine. Il che significa che anche nella cucina domestica dovremo rinunciare a quelle gustosa crosticina della pasta ripassata in padella il giorno dopo mentre pensare ad una bistecca ben cotta è come dichiarare di volersi suicidare.
E con queste cautele saremo sicuramente più sani (ma anche un po' meno felici).
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