Il cervello vanesio
Cordelia Fine
Gli inganni della mente. Psicologia delle bugie che raccontiamo a noi stessiMondadori 2006, pp. 222, €17,50
“Credete di potervi fidare del vostro cervello? Può avere un attimo di esitazione quando si cimenta con la tabellina del 13. A volte può spedirvi in una stanza alla ricerca di qualcosa, per piantarvi lì su due piedi. Inoltre potrebbe rifiutarsi caparbiamente di imparare a posteggiare la macchina parallela al marciapiede”. Già dalle prime righe dell’introduzione l’autrice, ricercatrice all’Università di Melbourne, insinua un dubbio nel lettore: chi pensa che il cervello si possa comandare e tenere sotto controllo in maniera consapevole si sbaglia. E ce lo mostra, con una scrittura godibile come solo gli anglosassoni (ben tradotti, si intende) sanno fare. Le numerose ricerche scientifiche proposte nel libro dipingono il re dell’organismo, l’organo più complesso e misterioso, come una sorta di alieno bizzoso e briccone. Una sorta di “altro da sé” a cui possono essere attribuite caratteristiche tipicamente umane e una buona dose di ‘difettucci’: è vanesio, emotivo, immorale. È traditore, cocciuto, sibillino e debole. E può essere permaloso e intollerante. Già la partenza è degna dell’intero libro che scorre come un treno ad alta velocità ed è avvincente come un romanzo. Il cervello vanesio è quello che ci abbellisce, ci potenzia, ci esalta e, aggiungo, ci propone una versione tollerante ed edulcorata di noi stessi. Questo cervello giustifica colpe e fallimenti e ci mette su un piedistallo senza che ce ne rendiamo conto. In realtà le illusioni sono indispensabili e chi crede di esserne scevro, beh, è un illuso. Tutti noi tendiamo a sopravalutarci perché il nostro cervello ci rende più sicuri risparmiandoci le frustrazioni. Lo fa con una lente deformante della realtà e di noi stessi, una lente rosa che ci assolve, se non sempre, molto spesso. E se siamo palesemente incapaci in un settore, il nostro cervello ci indurrà a pensare che non saper disegnare o cucinare o nuotare, in definitiva non è poi così importante. Quella che chiamiamo autostima è una raffinata abilità cognitiva che ci porta ad attribuire a noi stessi i successi e al fato o agli altri i nostri fallimenti. Per proteggere il nostro io ricorriamo quindi a quella che viene chiamata “interpretazione opportunistica”, ma il cervello può anche rivedere e censurare in modo selettivo la realtà, dalle omissioni dei particolari sino alla rimozione vera e propria. Uno dei motivi per cui i testimoni di un evento o di un reato sono spesso del tutto inattendibili nonostante giurino di dire “tutta la verità, nient’altro che la verità”. In questo quadro ha un ruolo fondamentale la memoria: eventi positivi che ci riguardano tendono a rimanere più saldamente nelle nostre cellule cerebrali rispetti agli episodi negativi. Questo perché il corollario dei ricordi contribuisce alla definizione del concetto di sé e quindi è meglio poter contare su materiale che confermi quanto siamo belli, bravi, buoni. Ma il nostro cervello ci inganna anche quando qualcosa ci fa comodo: se amiamo il vino e un articolo dice che bere vino rosso fa bene saremo più propensi a dare credito alla ricerca rispetto agli astemi. Per questa ragione forse le scoperte sui poteri antidepressivi della cioccolata non sono mai stati contestati… Un fenomeno che è stato chiamato “scetticismo interessato” e che spesso si verifica proprio in corrispondenza di notizie che hanno a che fare con la salute o la malattia, di cui tendiamo a sottovalutare i pericoli. Forse è per questo che persone con elevati fattori di rischio per malattie cardiovascolari o tumore al polmone continuano a fumare, quelli con la pancreatite a bere e mangiare abbondantemente. La tendenza all’autoinganno si presenta con il rifiuto di accettare la possibilità che il futuro ci riservi dei problemi, il che coincide anche con la nostra ingenua opinione di avere un elevato controllo sugli eventi, così come le nostre pie illusioni vengono chiamate “pensiero desiderativo”. E fin qui siamo solo a pagina 21. Il resto è altrettanto curioso e intrigante. Con un colpo di scena: sembra che le uniche persone davvero realiste siano, indovinate un po’…i soggetti depressi. Evviva, allora, il nostro cervello vanesio, altrimenti la vita altro non sarebbe che una scala ininterrotta di grigi.
(Fonte: www.galileonet.it)
Cordelia Fine
Gli inganni della mente. Psicologia delle bugie che raccontiamo a noi stessiMondadori 2006, pp. 222, €17,50
“Credete di potervi fidare del vostro cervello? Può avere un attimo di esitazione quando si cimenta con la tabellina del 13. A volte può spedirvi in una stanza alla ricerca di qualcosa, per piantarvi lì su due piedi. Inoltre potrebbe rifiutarsi caparbiamente di imparare a posteggiare la macchina parallela al marciapiede”. Già dalle prime righe dell’introduzione l’autrice, ricercatrice all’Università di Melbourne, insinua un dubbio nel lettore: chi pensa che il cervello si possa comandare e tenere sotto controllo in maniera consapevole si sbaglia. E ce lo mostra, con una scrittura godibile come solo gli anglosassoni (ben tradotti, si intende) sanno fare. Le numerose ricerche scientifiche proposte nel libro dipingono il re dell’organismo, l’organo più complesso e misterioso, come una sorta di alieno bizzoso e briccone. Una sorta di “altro da sé” a cui possono essere attribuite caratteristiche tipicamente umane e una buona dose di ‘difettucci’: è vanesio, emotivo, immorale. È traditore, cocciuto, sibillino e debole. E può essere permaloso e intollerante. Già la partenza è degna dell’intero libro che scorre come un treno ad alta velocità ed è avvincente come un romanzo. Il cervello vanesio è quello che ci abbellisce, ci potenzia, ci esalta e, aggiungo, ci propone una versione tollerante ed edulcorata di noi stessi. Questo cervello giustifica colpe e fallimenti e ci mette su un piedistallo senza che ce ne rendiamo conto. In realtà le illusioni sono indispensabili e chi crede di esserne scevro, beh, è un illuso. Tutti noi tendiamo a sopravalutarci perché il nostro cervello ci rende più sicuri risparmiandoci le frustrazioni. Lo fa con una lente deformante della realtà e di noi stessi, una lente rosa che ci assolve, se non sempre, molto spesso. E se siamo palesemente incapaci in un settore, il nostro cervello ci indurrà a pensare che non saper disegnare o cucinare o nuotare, in definitiva non è poi così importante. Quella che chiamiamo autostima è una raffinata abilità cognitiva che ci porta ad attribuire a noi stessi i successi e al fato o agli altri i nostri fallimenti. Per proteggere il nostro io ricorriamo quindi a quella che viene chiamata “interpretazione opportunistica”, ma il cervello può anche rivedere e censurare in modo selettivo la realtà, dalle omissioni dei particolari sino alla rimozione vera e propria. Uno dei motivi per cui i testimoni di un evento o di un reato sono spesso del tutto inattendibili nonostante giurino di dire “tutta la verità, nient’altro che la verità”. In questo quadro ha un ruolo fondamentale la memoria: eventi positivi che ci riguardano tendono a rimanere più saldamente nelle nostre cellule cerebrali rispetti agli episodi negativi. Questo perché il corollario dei ricordi contribuisce alla definizione del concetto di sé e quindi è meglio poter contare su materiale che confermi quanto siamo belli, bravi, buoni. Ma il nostro cervello ci inganna anche quando qualcosa ci fa comodo: se amiamo il vino e un articolo dice che bere vino rosso fa bene saremo più propensi a dare credito alla ricerca rispetto agli astemi. Per questa ragione forse le scoperte sui poteri antidepressivi della cioccolata non sono mai stati contestati… Un fenomeno che è stato chiamato “scetticismo interessato” e che spesso si verifica proprio in corrispondenza di notizie che hanno a che fare con la salute o la malattia, di cui tendiamo a sottovalutare i pericoli. Forse è per questo che persone con elevati fattori di rischio per malattie cardiovascolari o tumore al polmone continuano a fumare, quelli con la pancreatite a bere e mangiare abbondantemente. La tendenza all’autoinganno si presenta con il rifiuto di accettare la possibilità che il futuro ci riservi dei problemi, il che coincide anche con la nostra ingenua opinione di avere un elevato controllo sugli eventi, così come le nostre pie illusioni vengono chiamate “pensiero desiderativo”. E fin qui siamo solo a pagina 21. Il resto è altrettanto curioso e intrigante. Con un colpo di scena: sembra che le uniche persone davvero realiste siano, indovinate un po’…i soggetti depressi. Evviva, allora, il nostro cervello vanesio, altrimenti la vita altro non sarebbe che una scala ininterrotta di grigi.
(Fonte: www.galileonet.it)
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