Una triste verità giornalistica dice che ‘ciò che non appare in tv non è mai accaduto’. E’ certamente così per la maggior parte dei conflitti in corso nel mondo.
Circa 40 guerre “dimenticate” portate alla ribalta in pochi reportage o ‘usate’ per distogliere l’attenzione dal panorama nazionale.
A chi sta a cuore la popolazione del Darfur e perché ci interessiamo del Ciad solo quando vengono rapiti turisti italiani?
Siamo sommersi dalle immagini degli attentati quotidiani a Gerusalemme, Gaza e ora Beirut ma l’informazione di ciò che accade nel resto dell’Africa è inesistente.
Le ragioni di questo fenomeno? Molteplici, a partire dal fatto che si tratta di paesi lontani geograficamente, senza alcun impatto strategico, guerre che non possono nuocere agli equilibri internazionali o occidentali.
Possiamo continuare ad ignorarle? No anche perché le guerre neglette stanno presentando il conto: quello dell’accoglienza di centinaia di profughi.
Non sapere significa non capire, non avere opinioni, non intervenire. Questi paesi in guerra sono destinati ad essere abbandonati dal resto del mondo, specialmente quando non hanno risorse naturali o economiche di interesse per i paesi occidentali, sempre pronti ad intervenire quando si parla di petrolio o altre risorse energetiche.
In Liberia dopo la sanguinosa guerra civile degli anni Novanta è colpita da una grave crisi politica, istituzionale e umanitaria; l’Eritrea dopo una guerra trentennale con l’Etiopia è colpita da carestie che mettono il 70% della popolazione a rischio fame. La guerra in Sudan è costata due milioni di morti oltre a carestie e epidemie che hanno decimato la popolazione. La Somalia è di fatto ancora in mano ai ‘signori della guerra’ nonostante l’elezione di un governo nazionale di transizione. I paradossi della Sierra Leone, lo stato più povero del mondo ma ricco di diamanti causa di una guerra decennale.
Circa 40 guerre “dimenticate” portate alla ribalta in pochi reportage o ‘usate’ per distogliere l’attenzione dal panorama nazionale.
A chi sta a cuore la popolazione del Darfur e perché ci interessiamo del Ciad solo quando vengono rapiti turisti italiani?
Siamo sommersi dalle immagini degli attentati quotidiani a Gerusalemme, Gaza e ora Beirut ma l’informazione di ciò che accade nel resto dell’Africa è inesistente.
Le ragioni di questo fenomeno? Molteplici, a partire dal fatto che si tratta di paesi lontani geograficamente, senza alcun impatto strategico, guerre che non possono nuocere agli equilibri internazionali o occidentali.
Possiamo continuare ad ignorarle? No anche perché le guerre neglette stanno presentando il conto: quello dell’accoglienza di centinaia di profughi.
Non sapere significa non capire, non avere opinioni, non intervenire. Questi paesi in guerra sono destinati ad essere abbandonati dal resto del mondo, specialmente quando non hanno risorse naturali o economiche di interesse per i paesi occidentali, sempre pronti ad intervenire quando si parla di petrolio o altre risorse energetiche.
In Liberia dopo la sanguinosa guerra civile degli anni Novanta è colpita da una grave crisi politica, istituzionale e umanitaria; l’Eritrea dopo una guerra trentennale con l’Etiopia è colpita da carestie che mettono il 70% della popolazione a rischio fame. La guerra in Sudan è costata due milioni di morti oltre a carestie e epidemie che hanno decimato la popolazione. La Somalia è di fatto ancora in mano ai ‘signori della guerra’ nonostante l’elezione di un governo nazionale di transizione. I paradossi della Sierra Leone, lo stato più povero del mondo ma ricco di diamanti causa di una guerra decennale.
Mentre nella Repubblica democratica del Congo migliaia sono le persone in fuga e, nonostante l’intervento delle forze di pace, si susseguono i massacri. In Burundi gli scontri tra Hutu e Tutsi hanno provocato almeno 300mila morti e un milione di sfollati negli ultimi dieci anni. Per non parlare del Darfur dove è in corso da vent’anni una guerra civile che ha mietuto 180mila morti civili e almeno 2 milioni di sfollati. E così molte altre, non solo in Africa, ma anche in Colombia, in Indonesia, nelle Filippine.
Ininfluenti ai fini dell’equilibrio strategico mondiale sono definite guerre “a bassa intensità”.
Medici senza Frontiere ha monitorato le dieci crisi umanitarie meno seguite dai media e rivelato che ad esse viene dedicato lo 0.02% del tempo riservato all’informazione (15 minuti su un totale di 75mila minuti di trasmissione).
L'appello dell'Unicef per 33 tragedie dimenticate: servono 635 milioni di dollari
Da Haiti all'Eritrea, dal Medio Oriente al nord Africa: sei le aree che vengono segnalate dal rapporto annuale come quelle che hanno più bisogno immediato di intervento
Ininfluenti ai fini dell’equilibrio strategico mondiale sono definite guerre “a bassa intensità”.
Medici senza Frontiere ha monitorato le dieci crisi umanitarie meno seguite dai media e rivelato che ad esse viene dedicato lo 0.02% del tempo riservato all’informazione (15 minuti su un totale di 75mila minuti di trasmissione).
L'appello dell'Unicef per 33 tragedie dimenticate: servono 635 milioni di dollari
Da Haiti all'Eritrea, dal Medio Oriente al nord Africa: sei le aree che vengono segnalate dal rapporto annuale come quelle che hanno più bisogno immediato di intervento
ROMA - Allarme bambini nel mondo: ci sono milioni di minori che vivono in estrema povertà, che vengono sfruttati o venduti, che vengono reclutati come soldati. E" l’Unicef a rilanciare un appello sulle tante emergenze umanitarie dimenticate dai media. Ci vorrebbero - ha calcolato l’Unicef – 635 milioni di dollari per poter intervenire a favore di bambini che vivono in ognuna delle 33 emergenze umanitarie presenti oggi nel mondo. Si tratta della situazione di Haiti, dove dopo i disastri naturali e l’esplodere delle violenze si è toccato il più alto tasso di mortalità infantile di tutte le Americhe. Ma si tratta anche di trovare le risorse per intervenire al più presto a favore dei bambini eritrei che vivono in una zona di conflitti e messa a dura prova continuamente dalla siccità. I conflitti africani mettono poi continuamente a rischio la vita dei bambini, soprattutto nelle regioni centroafricane. Nell’allarme rilanciato oggi dall’Unicef i paesi africani continuano ad essere purtroppo centrali. Dei 635 milioni di dollari richiesti, circa un quinto (ovvero 121 milioni di dollari), è destinato al Sudan, dove le guerre e l’insicurezza economica mettono a repentaglio la vita di quasi 4 milioni di persone, di cui 1,8 milioni bambini. (sulle singole emergenze vedi lancio successivo).Oltre ai paesi africani, al Darfur, ci sono poi tante altre emergenze che sono state praticamente gettate nel dimenticatoio. I bambini in Colombia, tanto per fare un esempio, sono costretti spesso a fuggire dalle loro famiglie e dalle loro case a causa della violenza e spesso finiscono nelle mani dei signori delle guerra che li reclutano forzosamente come combattenti. Ma un’analoga situazione di emergenza si vive in Ciad o nello Zambia, dove la povertà e l’Hiv/Aids mettono a repentaglio i bambini. "Le emergenze dovute sia a disastri naturali, sia a nuovi prolungati conflitti – dichiara il direttore generale dell’Unicef, Ann. M. Veneman – hanno continuato a esigere un pesante prezzo in termini di vite di bambini e donne nel mondo”. “Molte crisi - spiega Veneman – rimangono fortemente sotto-finanziate...senza fondi adeguati, le attività salvavita per milioni di bambini non possono essere portate avanti e la vita di quei bambini continuerà ad essere a rischio”. Tutte le emergenze presenti oggi nel mondo sono descritte nel Rapporto sull’intervento umanitario Unicef 2007 dove si può avere una panoramica completa. Al primo novembre dello scorso anno ammontavano a 513 milioni di dollari i fondi per l’emergenza raccolti dall’Unicef nel 2006 a copertura di 53 emergenze. Le emergenze dimenticate che erano state messe in evidenza dal Rapporto dell’Unicef dell’anno scorso sono state alla fine finanziate solo per il 37%. (...)
(Fonte: http://www.redattoresociale.it/)
(Fonte: http://www.redattoresociale.it/)
1 commento:
E' una cosa davvero triste...i potenti del mondo non hanno la volontà di risolvere queste guerre dato che non hanno un tornaconto
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