Me lo ricordo benissimo: a cinque anni avevo un cavallo immaginario. Il suo nome era Andy e doveva essere un bel sauro dorato, il colore che prediligo anche ora. Andy andava ovunque andassi io e mia mamma poverina si era arresa ad una figlia che non camminava, ma, ahimè, trottava e galoppava ovunque. In casa, per la strada, al parco. Mancava poco che nitrissi. Tornavo a casa esausta dal tanto zompettare, ma felice di essere uscita col mio cavallo. A 11 anni mia madre, esausta, ha ben pensato di mettermi su un cavallo vero e da quello sino a 18 anni non sono più scesa, con sacrifici indicibili per tutti giacchè l'equitazione è comunque lo sport dei Re.
Il mio sogno di avere un cavallo non si è affatto spento. Anzi, se possibile, è più forte che mai. Inoltre ora sogno di vedere in sella la Gommosa e di passeggiare tra i pascoli con lei e fare le gare al galoppo. Credo che la cosa più bella sarebbe cavalcare al suo fianco e poterle trasmettere questa passione di froge e lievi nitriti di piacere. La pelle che emana vapore dopo una galoppata d'inverno. La schiuma da steccare. L'odore di stalla acre e dolce allo stesso tempo. Il mio sogno è lì, immutato, inscalfibile. Si è solo trasformato un po' nel muso di un arabo, inconfondibile.
Il mio ricordo più dolce è Cortina con mio marito: una passeggiata a cavallo nel bosco e nella neve. Il silenzio e solo il rumore attutito degli zoccoli. Non lo sapevo, ma ero incinta della Gommosa. Meravigliosa creatura!
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