L'idea di questo post me la da Diamante Rosa e accolgo volentieri così, per spiegare, perchè Viola ho chiamato la mia casa, il mio cane, la mia posta elettronica. Io non so perchè si ama qualcosa, Qualcosa di Viola e ci ho fatto anche un blog. Ma il viola è la perfetta sintesi di quello che sono: il rosso dell'estroversione e il blu della parte interiore e cerebrale. La mia vita è scandita da violette di ogni forma, tipo e cultivar. Villa Camilla di Roma, che una villa non è ma giusto un appartamento in città, mi ha accolta con delle minuscole violette spontanee che crescono timide ma forti nel giardinetto del condominio. Credo ai segni alle volte, così come la casa che rimpiango di non aver comprato, la cui padrona si chiamava Lidia come mia nonna. Le violette sono come le briciole di Pollicino per me, segnano la mia strada. Se ci sono violette quella è la mia strada. E' viola il mio biglietto da visita e tutte le pietre di cui mi circondo. E' un colore intenso e profondo, ma anche vezzoso e provocatorio. Sta bene col verde e con l'arancio, è divino col bianco, è strafottente col nero. Quei fiori sono minuscoli e solo apparentemente fragili. E se li secchi tra le pagine del tuo libro preferito sono eterni. Li potrà trovare mia figlia da grande. Una strada di violette tracciata per lei, tra pagine dimenticate, vecchie foto del matrimonio, album di ricordi, le violette ad acquarello sulle partecipazioni, tra i capelli biondi, sulle maniche dell'abito de Le Spose di Giò. Nei vasetti di ogni forma, nelle corone di tralci di vite seccata che ha fatto la mia mamma, strappandole da vecchie ringhiere di case abbandonate. Le cose cambiano, dobbiamo lasciare ciò a cui siamo affezionati. Sono solo oggetti, dice Bea. Ha ragione solo in parte. Le persone sono importanti ma ti tradiscono, molti, non tutti, ma sono imprevedibili. Ma questo è un altro discorso e non è questo il post-o giusto per farlo.
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