giovedì 9 luglio 2009

Psicologia: mi fai più pena...

... SE SEI DELLA MIA RAZZA
ROMA - Chi guarda, sente maggiore empatia per qualcuno che soffre quando questa persona appartiene allo stesso gruppo sociale. E' quanto suggerisce una nuova ricerca pubblicata sull'ultimo numero del 'The Journal of Neuroscience' e riportata su Science Daily. Lo studio mostra come vedere altri che soffrono attiva una parte del cervello associata con l'empatia, ed emoziona di più se l'osservatore e l'osservato sono della stessa razza. La scoperta dimostrerebbe come i pregiudizi contro chi non è del nostro gruppo etnico-sociale esistano già a un livello elementare. Vi sarebbe dunque una conferma a qualcosa che si era sempre sospettato ma che non era mai stato suffragato scientificamente, ovvero che esiste naturalmente un'inclinazione 'di gruppo' all'empatia. I ricercatori già dagli anni '50 avevano cominciato a studiare i comportamenti di gruppo e le inclinazioni a partecipare alle emozioni, soprattutto quelle provate da appartenenti al proprio gruppo. Il nuovo studio mostra come questi sentimenti 'preferenzialì abbiano una corrispondenza riscontrabile nell'attività cerebrale. "Le nostre scoperte hanno significanti implicazioni per capire i comportamenti sociali nella vita reale e nelle interazioni sociali", dice Shihui Han, dell'Università di Pechino, uno degli autori dello studio. Recenti studi sull'immagine cerebrale mostrano che sentire empatia per altri che soffrono stimola un'area del cervello chiamata 'corteccia cingolata anteriore'. Partendo da questo, gli autori della ricerca hanno testato la teoria che questi sentimenti empatici aumentano per i membri dello stesso gruppo sociale. Nello specifico, i ricercatori hanno scelto la razza come discriminante di gruppo, ma gli stessi effetti ci sarebbero anche con altre discriminanti. I ricercatori hanno monitorato aree del cervello in un campione di appartenenti alla razza caucasica e un altro di razza cinese. A entrambi venivano mostrati video in cui un ago pungeva un volto caucasico o cinese, e lo stesso volto veniva poi toccato con un batuffolo di cotone. Quando era l'ago a colpire venivano registrate reazioni cerebrali di empatia al dolore subito, reazioni immancabilmente più forti quando il volto era di un appartenente alla propria razza. "E' uno studio affascinante di un fenomeno con importanti implicazioni sociali, come a esempio nel campo del prestare cure mediche o negli aiuti umanitari", commenta Martha Farah, neuroscienziata dell'Università della Pennsylvania, sottolineando come questa ricerca dia adito ad altrettante domande che le risposte che da: "Per esempio, è l'identità razziale che di per se determina la maggiore o minore risposta empatica del cervello, o ci sono altre componenti di similarità tra noi e gli altri a determinarla?", e ancora, "quali esperienze di vita personali possono influenzare la disparità nella risposta empatica tra appartenenti allo stesso gruppo e a gruppi diversi".
(Fonte: Ansa)

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