Addio al mito della carriera. Addio ai sogni di gloria aziendale. Gli impiegati non vogliono più diventare manager. Troppo stress, troppi documenti da sbrigare ma soprattutto troppi problemi spinosi da dover risolvere e troppe le decisioni scomode da prendere. I colletti bianchi, dopo aver fatto di nuovo esperienza con gli effetti devastanti della crisi, non vogliono essere tra i responsabili dei tagli al personale. Non vogliono saperne di licenziamenti e teste da tagliare. Così un altro effetto indiretto della crisi potrebbe essere proprio quello di avere scarsità di candidati a posizioni manageriali.
L'offerta da snobbare. A dirlo sono i risultati della decima indagine annuale World of Word realizzata da Randstad. Con un poco di sorpresa, gli autori della ricerca si sono ritrovati con la metà delle persone intervistate pronte al fatidico rifiuto. A rispondere negativamente a un’eventuale proposta di questo tipo sarebbero soprattutto i più anziani ma anche le donne e la generazione di mezzo. E neppure i giovani dimostrano più una gran frenesia di raggiungere i vertici dell’azienda tanto che quasi quattro su dieci di loro snobberebbe un’offerta per diventare dirigente.
Il gioco e la candela. La ragione principale indicata da tutti è l’aumento inesorabile dello stress. Ma, come detto, non si tratta solo di questo. I giovani, ad esempio, vorrebbero evitare posizioni manageriali soprattutto perché non vogliono ritrovarsi a dover gestire situazioni personali in cui prevale la disillusione e l’insoddisfazione. L’altra ragione su cui sono d’accordo tutti quanti, cruciale nel tenerli lontani dalle stanze dei bottoni, è quella più spinosa di tutte e che in questo ultimo anno ha travolto gran parte delle economie mondiali. Infatti, il 63 per cento di quelli che si rifiutano di diventare manager non vogliono avere nulla a che fare con le decisioni di riduzione al personale. Insomma il gioco, anche se di gioco non si può parlare, non vale la candela.
Il modello che non c'è. A contare deve essere anche una certa sfiducia crescente nei confronti del management. Secondo un’altra indagine realizzata nel Regno Unito un terzo dei dipendenti ha perso fiducia nei propri dirigenti. Qualche tempo fa anche in Italia la gran parte delle persone aveva espresso un giudizio molto severo nei confronti di chi li guida quotidianamente (vedi tabella). Forse i dipendenti fanno anche difficoltà a identificarsi con un ruolo che, a loro dire, dovrebbe cominciare a intraprendere una mutazione ormai necessaria. Solo il 29 per cento confida di avere un modello di riferimento a cui si ispira all’interno del proprio luogo di lavoro e solo uno su quattro ritiene che il contesto lavorativo sia importante nei modelli di comportamento. Così non c'è da sorprendersi se il 52 per cento ha detto che i manager del futuro dovranno avere caratteristiche diverse da quelle messe in mostra oggi da quei dirigenti che hanno mostrato competenze e comportamenti inadeguati alle nuove sfide che verranno.
(Fonte: La Repubblica)
L'offerta da snobbare. A dirlo sono i risultati della decima indagine annuale World of Word realizzata da Randstad. Con un poco di sorpresa, gli autori della ricerca si sono ritrovati con la metà delle persone intervistate pronte al fatidico rifiuto. A rispondere negativamente a un’eventuale proposta di questo tipo sarebbero soprattutto i più anziani ma anche le donne e la generazione di mezzo. E neppure i giovani dimostrano più una gran frenesia di raggiungere i vertici dell’azienda tanto che quasi quattro su dieci di loro snobberebbe un’offerta per diventare dirigente.
Il gioco e la candela. La ragione principale indicata da tutti è l’aumento inesorabile dello stress. Ma, come detto, non si tratta solo di questo. I giovani, ad esempio, vorrebbero evitare posizioni manageriali soprattutto perché non vogliono ritrovarsi a dover gestire situazioni personali in cui prevale la disillusione e l’insoddisfazione. L’altra ragione su cui sono d’accordo tutti quanti, cruciale nel tenerli lontani dalle stanze dei bottoni, è quella più spinosa di tutte e che in questo ultimo anno ha travolto gran parte delle economie mondiali. Infatti, il 63 per cento di quelli che si rifiutano di diventare manager non vogliono avere nulla a che fare con le decisioni di riduzione al personale. Insomma il gioco, anche se di gioco non si può parlare, non vale la candela.
Il modello che non c'è. A contare deve essere anche una certa sfiducia crescente nei confronti del management. Secondo un’altra indagine realizzata nel Regno Unito un terzo dei dipendenti ha perso fiducia nei propri dirigenti. Qualche tempo fa anche in Italia la gran parte delle persone aveva espresso un giudizio molto severo nei confronti di chi li guida quotidianamente (vedi tabella). Forse i dipendenti fanno anche difficoltà a identificarsi con un ruolo che, a loro dire, dovrebbe cominciare a intraprendere una mutazione ormai necessaria. Solo il 29 per cento confida di avere un modello di riferimento a cui si ispira all’interno del proprio luogo di lavoro e solo uno su quattro ritiene che il contesto lavorativo sia importante nei modelli di comportamento. Così non c'è da sorprendersi se il 52 per cento ha detto che i manager del futuro dovranno avere caratteristiche diverse da quelle messe in mostra oggi da quei dirigenti che hanno mostrato competenze e comportamenti inadeguati alle nuove sfide che verranno.
(Fonte: La Repubblica)
E si capisce, il mondo va verso una semplificazione, la gente lo capisce e sceglie. La carriera a tutti i costi non paga più, chi ce lo fa fare? Abbiamo scoperto sulla nostra pelle che lo schermo al plasma e il bauletto firmato non danno la felicità e che la partita con gli amici è bella anche davanti al vecchio tv color. Le vacanze? Vicino casa che ormai in Polinesia e alle Maldive ci vanno cani e porci. Champagne? Solo nelle grandi occasioni e per la minerale gassata bene anche il sodastream che con 75 euro e 12 di ricarica ti fa l'acqua con le bollicine a vita. Stiamo cominciando a capire che la vita è bella anche con meno, anzi lo è di più. Meno roba da spolverare, meno abiti da portare in lavanderia, meno gioielli da difendere dai ladri, meno case che quando non ci sei vanno a farsi benedire e invecchiano. Il lusso vero, lo sostengo da tempo, è il tempo, di fare una passeggiata, di portare i figli al parco, mangiare un gelato, andare a vedere una partita di baseball o una mostra. Tempo buono da trascorrere al parco pubblico, a chiaccherare con un amico, senza spendere una lira. Meno è meglio.
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