Notizie poco rassicuranti per i fumatori intenzionati a smettere: uno dei farmaci usati per la cessazione, la 'vanericlina' (nota col nome commerciale di Chantix) è sotto lo sguardo attento dell'FDA, l'ente che regola i farmaci americani.
Il sospetto, che dura già da qualche anno ed è sorto a seguito della segnalazione di comportamenti suicidari, è che il farmaco possa causare disturbi mentali e cambiamenti nel comportamento come ostilità, agitazione, depressione e pensieri suicidari. L'FDA ha quindi chiesto all'azienda produttrice, la Pfizer, di effettuare nuovi studi e un maggiore monitoraggio dei pazienti da parte dei medici che lo prescrivono.
Il foglietto illustrativo già segnala di interrompere immediatamente l'assunzione del farmaco in presenza di cambiamenti dell'umore improvvisi e altri segni mentali indicati.
La vanericlina è un agonista parziale dei recettori nicotinici che agisce riducendo il bisogno di fumare, i sintomi di astinenza e il piacere dell'assunzione di tabacco. Se i sospetti fossero confermati il suo uso andrebbe limitato a casi molto selezionati con un monitoraggio molto attento e verrebbe meno comunque uno strumento ad uso dei centri antifumo per aiutare i tabagisti a dire addio alle sigarette.
martedì 29 aprile 2014
Oltre le patatine fritte...il cancerogeno nascosto
Poche cose mi danno soddisfazione come friggere e lo faccio sapendo che una volta ogni tanto si può (e che alcune teorie non meglio identificate sosterrebbero che 'si deve' per stimolare il fegato). Oltre a ciò potrei uccidere per poche cose da mangiare ma tra queste ci sono di certo le patatine fritte. Da alcuni anni però questo piatto meraviglioso non solo non è considerato così salutare (a causa di un certo contenuto di grassi) ma è salito sul banco degli imputati perchè la frittura dorata e quella deliziosa crosticina brunita sarebbero il segno evidente della formazione di un composto pericoloso per la salute, l'acrilamide.
Tanto per farla semplice ad alte temperature le molecole dei carboidrati e degli amici in particolare si legano alle proteine grazie alla reazione di Maillard. Il risultato non è solo quella crosticina deliziosa, il gusto e il profumo che sprigionano ma - ahimé - la creazione di due composti chimici potenzialmente pericolosi come l'acrilamide e l'impronunciabile N-carbossimetil-lisina (CML per gli amici).
Il problema è che questa reazione di verifica sempre quando la cottura avviene ad alte temperature e aumenta proporzionalmente alla durata di esposizione al fuoco. Basterebbe rinunciare alla patatine, e invece no perchè questi composti sono stati trovati in tantissimi prodotti usualmente presenti sugli scaffali dei negozi: pane, brioche, cereali e...biscotti.
Una recente ricerca ha valutato a quale temperatura acrilamide e CML si sviluppano proprio in questi ultimi: i biscotti in commercio sono cotti ad una temperatura variabile tra i 155 e i 230° per un tempo che va da 1,5 a 30 minuti circa. E i più alti livelli di acrilamide sono stati riscontrati nei biscotti cotti a 155° per 21 minuti o a 205° per 11 minuti, mostrando che questo composto si sviluppa anche a temperature relativamente basse, mentre il CML si è innalzato al massimo in presenza di una temperatura di 230° anche solo per 1,5 minuti.
Allora vi chiederete come mai la presenza di acrilamide non sia segnalata e come facciamo a sapere quanta ne contengono i nostri biscotti per la colazione preferiti: non possiamo saperlo perché mancano dati certi sulle quantità minime accettabili di questi composti negli alimenti (sembra che 200 mck per kg di prodotto sia il livello di guardia), perché non esiste una normativa europea che ne regoli il contenuto e perché le aziende sono lasciate alla loro buona volontà nel controllo di questi due elementi.
Il problema è però che migliorando i parametri di cottura si ottengono prodotti di minore qualità in termini di profumo e gusto anche se va dato atto alla CIAA, la Confederazione Europea delle Industrie Alimentari di aver preso alcune misure di autoregolamentazione.
Nel frattempo studi rigorosi hanno mostrato che esiste una certa correlazione tra alimenti ricchi di acrilamide e altre sostanze chimiche mutagene che scaturiscono dalla cottura e il tumore dell'ovaio e dell'endometrio, mentre non avrebbero effetti su quello al seno.
A questo punto potremmo pensare di abbandonare le amate patatine e consolarci con una bella cotoletta panata o una fettina passata a farina arricchita con un po' di burro, salvia e rosmarino. E invece no, l'acrilamide è in agguato ogni volta che un cibo ricco di amido sia sottoposto a temperature alte e peggio ancora se nella stessa pentola alberga un alimento a base di proteine. Il che significa che anche nella cucina domestica dovremo rinunciare a quelle gustosa crosticina della pasta ripassata in padella il giorno dopo mentre pensare ad una bistecca ben cotta è come dichiarare di volersi suicidare.
E con queste cautele saremo sicuramente più sani (ma anche un po' meno felici).
Tanto per farla semplice ad alte temperature le molecole dei carboidrati e degli amici in particolare si legano alle proteine grazie alla reazione di Maillard. Il risultato non è solo quella crosticina deliziosa, il gusto e il profumo che sprigionano ma - ahimé - la creazione di due composti chimici potenzialmente pericolosi come l'acrilamide e l'impronunciabile N-carbossimetil-lisina (CML per gli amici).
Il problema è che questa reazione di verifica sempre quando la cottura avviene ad alte temperature e aumenta proporzionalmente alla durata di esposizione al fuoco. Basterebbe rinunciare alla patatine, e invece no perchè questi composti sono stati trovati in tantissimi prodotti usualmente presenti sugli scaffali dei negozi: pane, brioche, cereali e...biscotti.
Una recente ricerca ha valutato a quale temperatura acrilamide e CML si sviluppano proprio in questi ultimi: i biscotti in commercio sono cotti ad una temperatura variabile tra i 155 e i 230° per un tempo che va da 1,5 a 30 minuti circa. E i più alti livelli di acrilamide sono stati riscontrati nei biscotti cotti a 155° per 21 minuti o a 205° per 11 minuti, mostrando che questo composto si sviluppa anche a temperature relativamente basse, mentre il CML si è innalzato al massimo in presenza di una temperatura di 230° anche solo per 1,5 minuti.
Allora vi chiederete come mai la presenza di acrilamide non sia segnalata e come facciamo a sapere quanta ne contengono i nostri biscotti per la colazione preferiti: non possiamo saperlo perché mancano dati certi sulle quantità minime accettabili di questi composti negli alimenti (sembra che 200 mck per kg di prodotto sia il livello di guardia), perché non esiste una normativa europea che ne regoli il contenuto e perché le aziende sono lasciate alla loro buona volontà nel controllo di questi due elementi.
Il problema è però che migliorando i parametri di cottura si ottengono prodotti di minore qualità in termini di profumo e gusto anche se va dato atto alla CIAA, la Confederazione Europea delle Industrie Alimentari di aver preso alcune misure di autoregolamentazione.
Nel frattempo studi rigorosi hanno mostrato che esiste una certa correlazione tra alimenti ricchi di acrilamide e altre sostanze chimiche mutagene che scaturiscono dalla cottura e il tumore dell'ovaio e dell'endometrio, mentre non avrebbero effetti su quello al seno.
A questo punto potremmo pensare di abbandonare le amate patatine e consolarci con una bella cotoletta panata o una fettina passata a farina arricchita con un po' di burro, salvia e rosmarino. E invece no, l'acrilamide è in agguato ogni volta che un cibo ricco di amido sia sottoposto a temperature alte e peggio ancora se nella stessa pentola alberga un alimento a base di proteine. Il che significa che anche nella cucina domestica dovremo rinunciare a quelle gustosa crosticina della pasta ripassata in padella il giorno dopo mentre pensare ad una bistecca ben cotta è come dichiarare di volersi suicidare.
E con queste cautele saremo sicuramente più sani (ma anche un po' meno felici).
Nella storia dei senzatetto un trauma... cranico.
Siamo abituati a pensare ai senzatetto come a persone 'contro' che hanno voltato le spalle alle regole della società o che sono state particolarmente sfortunate e magari non in grado di reagire alle avversità. Forse si, forse no, forse ogni storia è a sè, ma una nuova ricerca scientifica ha gettato una luce nuova su questo fenomeno che interessa tutti i paesi occidentali. Nella storia del 45% degli homeless i ricercatori del St. Michael's Hospital di Toronto hanno riscontrato un trauma cranico o un evento che ha determinato una commozione cerebrale. Gli studiosi hanno somministrato un questionario ad un campione di 111 senzatetto e hanno raccolto storie di aggressioni, botte, traumi da sport, incidenti automobilistici o di moto sino a cadute accidentali nell'infanzia.
Traumi che ad un certo punto hanno determinato un cambiamento nella personalità di questi soggetti che iniziano un decadimento cognitivo e della capacità decisionale con perdita del lavoro e della famiglia. Cambiamenti nel comportamento che seguono un copione negativo in cui la perdita di ogni sostegno sociale porta alla incapacità di sostenersi economicamente. La strada poi, fa il resto nel contribuire al degrado.
Lo studio è interessante perché suggerisce che queste persone avrebbero bisogno di un aiuto medico e sociale più specialistico e che potrebbero quindi essere 'recuperate' e aiutate a tornare ad una vita normale, in secondo luogo getta una luce nuova sul monitoraggio dei traumi cranici che dovrebbero prevedere un monitoraggio a lungo termine. Altri studi hanno confermato la correlazione tra incidenti alla testa e comportamento deviante: una ricerca pubblicata su Journal of Adolescent Health ha rilevato che la metà dei minori residenti negli istituti penali di New York ha una storia di traumi cerebrali (noti nel mondo scientifico col termine TBI's). Altra ricerca, altra categoria: i veterani militari nella cui storia ci sono stati colpi violenti alla testa, mostrano una maggiore predisposizione al suicidio.
Occorre rileggere quindi la storia dei senzatetto in una luce nuova, considerandoli non degli emarginati per scelta o per incapacità ma dei pazienti abbandonati che potrebbero essere tolti dalle loro tristi condizioni di vita con tentativi di inserimento in case famiglia e strutture protette.
Traumi che ad un certo punto hanno determinato un cambiamento nella personalità di questi soggetti che iniziano un decadimento cognitivo e della capacità decisionale con perdita del lavoro e della famiglia. Cambiamenti nel comportamento che seguono un copione negativo in cui la perdita di ogni sostegno sociale porta alla incapacità di sostenersi economicamente. La strada poi, fa il resto nel contribuire al degrado.
Lo studio è interessante perché suggerisce che queste persone avrebbero bisogno di un aiuto medico e sociale più specialistico e che potrebbero quindi essere 'recuperate' e aiutate a tornare ad una vita normale, in secondo luogo getta una luce nuova sul monitoraggio dei traumi cranici che dovrebbero prevedere un monitoraggio a lungo termine. Altri studi hanno confermato la correlazione tra incidenti alla testa e comportamento deviante: una ricerca pubblicata su Journal of Adolescent Health ha rilevato che la metà dei minori residenti negli istituti penali di New York ha una storia di traumi cerebrali (noti nel mondo scientifico col termine TBI's). Altra ricerca, altra categoria: i veterani militari nella cui storia ci sono stati colpi violenti alla testa, mostrano una maggiore predisposizione al suicidio.
Occorre rileggere quindi la storia dei senzatetto in una luce nuova, considerandoli non degli emarginati per scelta o per incapacità ma dei pazienti abbandonati che potrebbero essere tolti dalle loro tristi condizioni di vita con tentativi di inserimento in case famiglia e strutture protette.
giovedì 17 aprile 2014
I neuroni in comune con Dumbo
Quello ha ‘una memoria da elefante’, quante volte lo abbiamo
sentito dire? Ma perché gli elefanti avrebbero una memoria più potente di altri
animali? E’ davvero così? In realtà questi grandi mammiferi se la battono in
tema di capacità di ricordare con i cetacei, le grandi scimmie e, guarda caso,
anche con noi umani.
Oggi sappiamo che la capacità di ricordare è legata alle
emozioni (ricordiamo più facilmente se un fatto è legato ad un’emozione) e
ancor di più all’empatia ossia alla capacità di mettersi nei panni dell’altro.
Se ormai sono stati svelati i segreti dei cosiddetti ‘neuroni specchio’
identificati tra l’altro da uno scienziato italiano, da pochissimo si indaga su
una classe di neuroni chiamati VEN dal nome del loro scopritore, Constantin Von
Economo che fu il primo nel 1926 a fornirne la prima descrizione dettagliata e
la localizzazione.
Si tratta di grandi neuroni fusiformi presenti nella
corteccia frontoinsulare e in quantità inferiore nella corteccia cingolata
anteriore, specializzati nella trasmissione di informazioni legate al
comportamento sociale ad alta velocità e su lunghe distanze. In pratica
percepiscono gli stati fisiologici dell’organismo e li elaborano sotto forma di
processi di decisione.
L’aspetto interessante è che questi neuroni sono presenti solo
nelle specie con il cervello grande – modestamente… - e che si attivano in
presenza di stimoli sociali negativi come colpa, imbarazzo o risentimento, ma
si attivano anche quando il soggetto non sia direttamente coinvolto ma provi
empatia per un membro del branco.
La scoperta della presenza di questi neuroni negli elefanti
è ben descritta nello studio di Hakeem (Von
Economo Neurons in elephant brain – The anatomical record – 292;242-248:2009)
mentre negli umani Tania Singer ha scoperto che ci immedesimiamo negli altri
quando soffrono grazie all’attivazione dell’insula anteriore, zona che
probabilmente non vi dice nulla ma che è quella con cui percepiamo il nostro
stesso dolore.
I neuroni VEN non solo si attivano – esattamente come negli
elefanti – in situazioni spiacevoli come rabbia e afflizione (ma anche in
situazioni piacevoli come le cure parentali, le coccole e l’amore) ma sono in
grado di marcare un evento come importante e concentrare la nostra attenzione
su di esso in modo da reagire adeguatamente in maniera estremamente veloce. Una
sorta di autostrada cerebrale che coordina le nostre emozioni con quelle degli
altri individui del nostro ‘branco’, umano o animale che sia. E in alcune
situazioni patologiche come demenza, autismo, Alzheimer e schizofrenia
risultano inattivati.
Purtroppo sembra che questi neuroni rischino di essere ‘fuori
moda’ in un’epoca in cui spesso la gente dimostra indifferenza per la sorte
immediata dei propri simili. Si tratta di un circolo vizioso: siamo talmente
assorti nei nostri pensieri (e nei nostri smartphone) che non prestiamo
attenzione agli altri, quindi rimaniamo isolati e non abbiamo la possibilità di
provare empatia. Il paradosso è che però siamo capaci di commuoverci davanti ad
un film, nel buio di una sala o del nostro salotto. Perché? Perché in quel
momento siamo totalmente attenti e dedicati a quel che accade sullo schermo.
Le persone in cui queste aree cerebrali sono troppo attive
rischiano di rimanere troppo coinvolte nel dolore altrui, di rimanere
invischiate. Succede ad esempio nelle professioni di aiuto in cui si può
verificare uno stato chiamato ‘stanchezza della compassione’, ma rischia anche
chi si protegge dalla sofferenza anestetizzando i propri sentimenti, magari
girando la testa dall’altra parte. Il problema è che sottraendosi continuamente
alle emozioni di rischia di erodere e ‘spegnere’ la capacità di provare
compassione per gli altri e rimanere vittime di una desolante indifferenza. Come
spesso accade se non utilizziamo un organo o una funzione questa si atrofizza.
(Si ringrazia per il titolo Valeria Ghitti)
mercoledì 16 aprile 2014
Maggie: diritto di replica
Chiamata in ballo mi presento. Sono Maggie. Il terrier in salsa di calamaro di casa Mason. Valente cane da guardia non mi risparmio mai e sono anche il facilitatore dei rapporti madre-figlia, la prima che la chiama urlando e l'altra beatamente immersa nella musica rap con le cuffie ad alto volume. Risultato: non si sentono e allora io anche se sono nel mezzo di un pisolino mi alzo e raggiungo l'adolescente abbaiandole che 'la stanno chiamando...' funziona sempre.
Convivo altresì mio malgrado con tre felini con i quali spartisco il territorio, ma ho imparato il dono del 'voltare la testa dall'altra parte' quando uno di quei ruffiani si avvicina alla mia bipede facendo le fusa. Attitudine che mi sto esercitando ad apprendere visto che alla bipede sembra piacere tanto... Tutto sommato ognuno ha i propri spazi purchè vi sia un sano rispetto per le altrui ciotole.
Veniamo quindi alla comunicazione verbale con gli umani... io ho solo un abbaio ma posso declinarlo in molte tonalità e così in genere mi faccio capire.
ANDIAMO: comando che mi piace molto, significa passeggiata, ma non sempre significa erba e parco, alle volte significa che mi parcheggia davanti al supermercato mentre fa un po' di spesa. La cosa non mi piace e esprimo il mio dissenso in maniera continua e possibilmente molesta. Spero che prima o poi smetta e poi in questo modo non riesco a scegliere mai i croccantini.
Andiamo (dopo il tramonto): reagisco con minore entusiasmo. Fuori è buio, c'ho paura e fa pure freddo ma che è tutta sta solerzia? Non la posso fare una pisciatina in corridoio in caso di emergenza? Sembra di no e quindi a malincuore esco, più per far contenta lei, io me starei tranquillina sul lettone e poi sto guardando CSI e quando torno non capisco più nulla.
Pappa: ho i miei gusti, come tutti. Sono un cane, mica la pattumiera dell'umido. Mi piacciono alcune marche e altre no ma soprattutto mi piace il cibo umano e dopo averlo provato tutta quella roba industriale non mi va proprio giù. Tento di essere discreta: se state mangiando qualcosa di buono emetto un guaito: me ne dai un pezzettino? E' così bello condividere, io mica mi sono mai rifiutata di darvi una crocchetta!!! Ma quando lo imparano l'altruismo?
GIU oppure SCENDI: tipico comando dell'incoerenza umane, alle volte posso salire e altre no ma non capisco qual è il razionale. Posso avere un disegno?
ZITTA! Ma come, vi sto proteggendo...mi faccio due corde vocali così e mi zittite? Io qui LAVORO... la gratitudine è un optional, la prossima volta che entra un ladro abbaiate voi se ci riuscite...
PIGNA: sto tutto il giorno in casa quindi se mi portate fuori voglio andare al parco, giocare con altri cani, annusare, rotolarmi nell'erba e correre. Possibilmente dietro ad una pigna profumata che promette un tenero pinolo. Correre senza scopo mi pare da deficienti, anche io ho bisogno di una gratificazione. Quando mi porti fuori potresti mettere il cellulare in tasca e dedicarti a me? Corriamo insieme e ci divertiamo, il sole e il cielo sono così belli. Mi piace tanto quando fai finta di rincorrermi e io ti mordo le caviglie...è il mio gioco preferito, scusa se ogni tanto per l'entusiasmo stringo più forte...
martedì 15 aprile 2014
L'amico cane anche chiamato cugino cane
L'idea nasce dalla lettura dell'articolo dell'amica Paola Emilia Cicerone sulle capacità dei nostri amici di coda di comprendere quello che diciamo e siccome sono la fortunata proprietaria di una coda canina mi è venuto in mente di analizzare quali siano i messaggi che davvero permettono a me e a Maggie di comunicare ed avere una relazione serena.
Il primo è ANDIAMO, significa che da quando usciamo dalla porta lei mi deve seguire. O meglio io seguo lei con lo sguardo quando è slegata e lei me per non perdermi d'occhio. Andiamo non suscita alcun movimento nel cane se non è accompagnato dal gesto di prendere in mano il guinzaglio. In assenza di questo passaggio fondamentale Maggie si siede davanti alla porta con aria interrogativa che tradotta è circa 'ndo cacchio andiamo senza guinzaglio?'
PAPPA: universale, la capiscono anche i gatti. Pappa prevede un avvicinamento repentino alla ciotola che viene amorevolmente riempita. Se la pappa non piace (succede spesso perchè è di razza incerta ma nei gusti alimentari ha il pedigree) rimane seduta davanti alla ciotola con aria rassegnata. Traduzione della faccia: ' vabbè è andata male, speriamo la prossima'.
GIU': non si può stare nello stesso posto in cui ci sia anche del cibo o i bipedi mangino quindi si sta a terra
VAI AL POSTO TUO: comando che conosce benissimo, Maggie sa che in macchina ha il suo posto e anche nel lettone ha il suo posto (nell'angolo in fondo a destra). Non si va sui cuscini, non si va sulle lenzuola, si sta, educatamente al posto assegnato che è IL POSTO TUO
FERMA: se il bipede si ferma anche Maggie si ferma. E' il rituale studiato per evitare che finisca sotto una macchina. Ci fermiamo, guardiamo se arrivano le macchine e poi si dice ANDIAMO che è il via libera per attraversare.
ACCASA!!!! E' uno dei comandi che preferisce, corre verso il cancella e ti abbaia di sbrigarti, ha sete e vuole riposare.
PIGNA è il comando del gioco, qualcuno le tira una pigna. Col cacchio che te la riporta. Se TU vuoi giocare ancora vai a recuperare la pigna e gliela ritiri.Il gioco è divertente se gliela tiri almeno trenta volte, alla fine ha la lingua di lato, ma chi sono io per giudicare quello che la rende felice?
PINOLO, Maggie apre i pinoli coi denti, io non saprei farlo
Ora al di là di questo dizionario di poche parole il rapporto con un cane è fatto di non verbale, di carezze spontanee, di occhi puliti con la mia acqua micellare, di buffetti e paroline dolci, ma è incredibile come con 6 parole possiamo avere con un altro essere vivente un rapporto felice per quindici anni e con altri bipedi abbiamo circa 50mila parole disponibili e duriamo pochi mesi....
Il primo è ANDIAMO, significa che da quando usciamo dalla porta lei mi deve seguire. O meglio io seguo lei con lo sguardo quando è slegata e lei me per non perdermi d'occhio. Andiamo non suscita alcun movimento nel cane se non è accompagnato dal gesto di prendere in mano il guinzaglio. In assenza di questo passaggio fondamentale Maggie si siede davanti alla porta con aria interrogativa che tradotta è circa 'ndo cacchio andiamo senza guinzaglio?'
PAPPA: universale, la capiscono anche i gatti. Pappa prevede un avvicinamento repentino alla ciotola che viene amorevolmente riempita. Se la pappa non piace (succede spesso perchè è di razza incerta ma nei gusti alimentari ha il pedigree) rimane seduta davanti alla ciotola con aria rassegnata. Traduzione della faccia: ' vabbè è andata male, speriamo la prossima'.
GIU': non si può stare nello stesso posto in cui ci sia anche del cibo o i bipedi mangino quindi si sta a terra
VAI AL POSTO TUO: comando che conosce benissimo, Maggie sa che in macchina ha il suo posto e anche nel lettone ha il suo posto (nell'angolo in fondo a destra). Non si va sui cuscini, non si va sulle lenzuola, si sta, educatamente al posto assegnato che è IL POSTO TUO
FERMA: se il bipede si ferma anche Maggie si ferma. E' il rituale studiato per evitare che finisca sotto una macchina. Ci fermiamo, guardiamo se arrivano le macchine e poi si dice ANDIAMO che è il via libera per attraversare.
ACCASA!!!! E' uno dei comandi che preferisce, corre verso il cancella e ti abbaia di sbrigarti, ha sete e vuole riposare.
PIGNA è il comando del gioco, qualcuno le tira una pigna. Col cacchio che te la riporta. Se TU vuoi giocare ancora vai a recuperare la pigna e gliela ritiri.Il gioco è divertente se gliela tiri almeno trenta volte, alla fine ha la lingua di lato, ma chi sono io per giudicare quello che la rende felice?
PINOLO, Maggie apre i pinoli coi denti, io non saprei farlo
Ora al di là di questo dizionario di poche parole il rapporto con un cane è fatto di non verbale, di carezze spontanee, di occhi puliti con la mia acqua micellare, di buffetti e paroline dolci, ma è incredibile come con 6 parole possiamo avere con un altro essere vivente un rapporto felice per quindici anni e con altri bipedi abbiamo circa 50mila parole disponibili e duriamo pochi mesi....
sabato 5 aprile 2014
Viaggiare senza conoscere una lingua straniera? Si può!
Viaggiare è bello, divertente, apre la mente, arricchisce di esperienza, ma non sempre il nostro inglese maccheronico basta a farci capire e dopo i 30 anni la capacità di apprendere da zero una nuova lingua diventa impresa ardua. Naufragato l'esperimento dell'esperanto, nobile idea ma mai decollata veramente, si fa strada un nuovo approccio divertente e intuitivo, ossia usare i gesti per farsi capire in ogni angolo del globo. L'idea è tanto semplice quanto geniale, considerato anche che il linguaggio umano è una 'invenzione' abbastanza recente e si potrebbe supporre che i nostri antenati comunicassero in questo modo.
Ma soprattutto un linguaggio fatto di gesti convenuti è una manna per i popoli che si affacciano sul Mediterraneo e per noi italiani in particolare, vista la spiccata attitudine a corredare ogni discorso con un ampio uso di mani e braccia.
Ecco allora che è apparsa in rete una vera e propria guida ai gesti nel mondo per farsi capire ad ogni latitudine ed evitare gaffes e momenti imbarazzanti.
L'ha descritta molto bene Panorama e quindi invece di ripetervi tutto vi mando al loro link che prevede un bello slideshow
http://societa.panorama.it/life/Per-il-viaggiatore-attento-arriva-la-guida-alla-gestualita-nel-mondo
Ma attenzione perchè anche la lingua dei gesti va appresa correttamente perché la stessa cosa può avere significati diversi quindi ecco qui un link con alcuni gesti che hanno più significati e alcuni 'pericolosi' perchè denotano insulti o maleducazione.
http://www.venere.com/it/blog/10-gesti-tabu-nel-mondo-220/
Frutta e verdura per la salute: non più 5 porzioni al giorno, ma 7
Se lo dice la prestigiosa rivista British Medical Journal c'è da crederci, 5 porzioni giornaliere di frutta e verdura non sarebbero sufficienti a garantirci la buona salute e la protezione da numerose malattie. La quantità ideale sarebbe invece di 7 porzioni confermato da una recente ricerca dell'Università di Londra e pubblicata sul Journal of Epidemiology and Community Health che ha sottoposto un questionario sulle abitudini alimentari ad un ampio gruppo di persone e ha paragonato i risultati con lo stato di salute.
Restano però alcune questioni aperte, ad esempio la definizione di 'porzione' che se per la frutta è abbastanza chiara (1 mela = 1 porzione) per la verdura è più labile (quanta insalata definisce una porzione? e quanti pomodorini pachino?). Mettiamola così, l'azione antiossidante è espressa con un indice chiamato ORAC (Oxygen Radical Absorbance Capacity) e il livello di assunzione consigliato è di 5.000 unità ORAC al giorno. Ogni 100 gr di alimento fresco possiede una sua quantità di elementi protettivi: le carote 107, le zucchine 344, il pomodoro san marzano 697, il peperone verde 1059, il cavolo nero 1773 sino al radicchio con 3500 e il carciofo violetto 6550. Tra i frutti ecco i valori di ORAC per 100 gr. banana poca roba, solo 223, ma le arance 983, le fragole 1170 e i frutti di bosco balzano a 3480 (come tutti i vegetali viola) e se poi volete fare un pieno di salute 100 grammi di succo di uva nera contano 5200 ORAC e la melagrana 6000 e più. In questo modo, con una tabella stampata sul frigorifero è possibile 'costruire' la propria dieta della salute e sostituire qualche spuntino con questi preziosi vegetali che apportano anche acqua e fibre, fantastiche per il funzionamento intestinale e per la linea.
I più recenti orientamenti in tema di scienze dell'alimentazione iniziano a sostenere che la verdura non debba più essere considerato un contorno ma un vero e proprio piatto con la sua dignità. Giochiamo allora con le tabelle degli ORAC non dimenticando che la varietà è un fattore fondamentale per essere certi di assumere tutti i micronutrienti che contribuiscono alla salute. Non pensate quindi di prendere una scorciatoia e mangiare solo 100 gr di uva nera stando a posto con la coscienza. Componete il vostro piatto antiossidante e non dimenticate i semi (lino, zucca, girasole) che sono ricchissimi di grassi buoni come gli omega 3 e 6.
Buon appetito!
mercoledì 2 aprile 2014
Siete sicuri di saper prendere le decisioni giuste? FATE IL TEST
Su questa domanda negli ultimi anni si stanno letteralmente 'scervellando' fior di neuroscienziati che stanno tentando di capire se esista una scienza delle decisioni e se siamo davvero esseri così razionali.
Come ho sottolineato più volte il nostro cervello ha enormi potenzialità ma sostanzialmente non ama faticare e quindi, se non sollecitato adeguatamente, tende a procedere per schemi noti e ad assumere scorciatoie. Noi invece ci fidiamo di essere in grado di prendere le decisioni più giuste specialmente quando si tratti di guadagni e perdite. Nessuno infatti ama perdere un vantaggio e anche il giocatore d'azzardo che perde in continuazione spera che reiterare la posta lo porti a vincere e a rifarsi con gli interessi.
Questo meccanismo viene messo in atto ogni volta che ci sia in ballo una valutazione che preveda profitti e perdite e paradossalmente anche nell'etica. Facciamo allora un esercizio insieme e giurate di essere onesti nelle risposte (il problema non è mio ma è stato oggetto di uno studio alla Stanford University):
Immaginate che in Italia stia arrivando una rara epidemia simile alla 'influenza aviaria' e che l'Istituto Superiore di Sanità abbia stimato che la malattia provocherà almeno 600 morti. Venite chiamati a dare il vostro parere su quale misura adottare per limitare gli effetti dell'epidemia e vi viene chiesto di scegliere tra due possibilità:
1 - se viene adottato il piano A si salveranno 200 persone;
2 - se viene adottato il piano B c'è 1 probabilità su 3 che si salvino tutti e 2 su 3 che non si salvi nessuno.
Quale scelta adottate?
Dopo due settimane vi avvisano che dalla Cina sono arrivati dei cittadini affetti da una singolare forma di peste suina, molto contagiosa (è evidente che per voi è un periodaccio). E anche qui i consulenti medici vi prospettano due possibilità del PROBLEMA 2 sempre con il rischio di 600 vittime:
1 - se viene adottato il piano X moriranno 400 persone;
2 - se viene adottato il piano Z c'è 1 probabilità su 3 che non muoia nessuno e 2 su 3 che muoiano 600 persone.
Siccome sono un po' sadica, vi offro l'irrinunciabile possibilità di pensarci, scrivete nei commenti del post la vostra risposta e tra poco avrete i risultati del quesito: AVETE DAVVERO FATTO LA SCELTA PIU' GIUSTA?
Non barate e...buona decisione :)
sabato 29 marzo 2014
Anche le mucche nel loro piccolo si drogano
Le pacifiche renne, associate alla figura di Babbo Natale sono altrettanto birichine e si cibano di Amanita Muscaria, un fungo velenoso dagli effetti allucinogeni che provoca comportamenti bizzarri: sembra infatti che vaghino nei boschi credendo di volare (anche se capire cosa creda una renna mi sembra impresa ardua). I cavalli invece sballano quando mangiano erbe che contengono una molecola chiamata 'swainsonina' che provoca disordini neurologici e che se assunta in quantità provoca confusione mentale e profonda letargia.
Anche i mammiferi di piccola taglia non si fanno mancare l'abitudine ad un cicchetto rilassante: pipistrelli, toporagni e ptilocerchi della Malesia sono ghiotti di frutta molto matura piena zeppa di alcol che deriva dalla naturale fermentazione dello zucchero, ma ne sono talmente assuefatti che riescono a camminare e volare dritti mentre i cercopitechi dei Caraibi sono diventati alcolisti e per cercare il rum di cui sono golosi non esitano ad assaltare i bar creando il panico tra i turisti e gli avventori. E per finire anche la piccola Drosophila il moscerino della frutta amato dai biologi è una 'cattiva ragazza': abituata a vivere nella frutta fermentata si è abituata a procurarsi uno stato di ebbrezza in cui assume comportamenti sessuali eccessivi e promisqui. Così come i delfini inseguono i pesci palla perché nella loro scia rilasciano una sostanza eccitante. Sul perché gli animali assumano sostanze psicoattive le ipotesi sono differenti: c'è chi sostiene che il cervello sia predisposto a queste sostanze perchè ne possiede i recettori e chi dice che gli effetti siano secondari ad altre funzioni di queste sostanze come l'essere antimicrobiche o purganti. Nel frattempo 'cin cin'.
Chiedimi se sono felice: alla ricerca della 'life satisfaction'
https://www.youtube.com/watch?v=y6Sxv-sUYtM&feature=kp
Da molti anni si tenta di misurare la 'life satisfaction' delle popolazioni e di individuarne i fattori salienti. Stanno meglio quelli che vivono in paesi ricchi? Con un clima favorevole? Oppure dove è alto il livello di religiosità?
Sorprendentemente numerosi studi hanno stabilito che i soldi non sono un fattore determinante e nemmeno la religiosità, il livello di cultura generale o il clima.I giovani non sono affatto più felici dei vecchi (la felicità dichiarata è maggiore nella fascia di età tra i 45 e i 70 anni, consapevolezza?) ma conta la percezione del mondo circostante e il modello cognitivo individuale. Tra i fattori di benessere ai primi posti c'è la salute o comunque l'assenza di malattia e poi il lavoro, ma anche qui la valutazione è soggettiva: gli ottimisti e gli estroversi valutano la propria salute migliore dei pessimisti a parità di condizioni. Altro fattore di benessere è la presenza di una rete sociale di sostegno, una famiglia unita e amici sinceri fanno scattare in alto la percezione della felicità molto più di un reddito alto guadagnato in solitudine. Gli introversi sono orientati all'isolamento e fanno fatica a valutare il mondo con lenti rosa, al contrario di ciò che avviene per le persone socievoli che mostrano una attività elettrica sottocorticale più intensa nella corteccia prefrontale sinistra.
Molte ricerche inoltre hanno mostrato sorprendentemente un effetto minimo sulla felicità di fattori importanti come il reddito e lo stato civile (nonostante altre ricerche abbiano evidenziato che gli sposati siano mediamente più felici dei single) mentre la scoperta più interessante ed istruttiva è la capacità di adattamento dell'essere umano. In condizioni favorevoli come ad esempio una vincita in denaro, la felicità torna presto ad un livello medio e non ha grandi effetti a lungo termine, questo perché il cervello tende sempre ad uno stato di equilibrio. Ma l'aspetto più rilevante è che questo effetto equilibratore interessi anche gli eventi fortemente negativi come ad esempio la perdita della vista, il finire su una sedia a rotelle, un lutto. Come spiega chiaramente Kanhemann 'i paraplegici non sono molto più infelici dei soggetti sani di un gruppo di controllo' il che significa che la nostra mente è plastica e tende ad un benessere medio. Anche gli effetti di un matrimonio (benefici) e di un lutto (negativi) svaniscono del tutto a tre anni dall'evento e già nel 1995 si era visto che in Giappone il livello di felicità non era cresciuto tra il 1958 e il 1987 nonostante il reddito medio fosse quintuplicato. La morale è duplice: si conferma che i soldi non danno la felicità (fatto salvo che ve ne siano per una sopravvivenza dignitosa) e che il nostro cervello ha capacità straordinarie di adattamento. Certo è che la felicità rimane comunque una delle cose più inseguite dall'animo umano come in parte dimostra il successo della canzone di Pharrell Williams che la celebra e che ha portato a balletti di emulazione in tutto il pianeta. Dovremmo solo capire che la felicità non deriva da fattori esterni ma che è proprio dentro di noi ed è fortemente dipendente dal nostro atteggiamento mentale e dalla modalità con cui 'leggiamo' l'ambiente e i fatti che ci circondano.
Da molti anni si tenta di misurare la 'life satisfaction' delle popolazioni e di individuarne i fattori salienti. Stanno meglio quelli che vivono in paesi ricchi? Con un clima favorevole? Oppure dove è alto il livello di religiosità?
Sorprendentemente numerosi studi hanno stabilito che i soldi non sono un fattore determinante e nemmeno la religiosità, il livello di cultura generale o il clima.I giovani non sono affatto più felici dei vecchi (la felicità dichiarata è maggiore nella fascia di età tra i 45 e i 70 anni, consapevolezza?) ma conta la percezione del mondo circostante e il modello cognitivo individuale. Tra i fattori di benessere ai primi posti c'è la salute o comunque l'assenza di malattia e poi il lavoro, ma anche qui la valutazione è soggettiva: gli ottimisti e gli estroversi valutano la propria salute migliore dei pessimisti a parità di condizioni. Altro fattore di benessere è la presenza di una rete sociale di sostegno, una famiglia unita e amici sinceri fanno scattare in alto la percezione della felicità molto più di un reddito alto guadagnato in solitudine. Gli introversi sono orientati all'isolamento e fanno fatica a valutare il mondo con lenti rosa, al contrario di ciò che avviene per le persone socievoli che mostrano una attività elettrica sottocorticale più intensa nella corteccia prefrontale sinistra.
Molte ricerche inoltre hanno mostrato sorprendentemente un effetto minimo sulla felicità di fattori importanti come il reddito e lo stato civile (nonostante altre ricerche abbiano evidenziato che gli sposati siano mediamente più felici dei single) mentre la scoperta più interessante ed istruttiva è la capacità di adattamento dell'essere umano. In condizioni favorevoli come ad esempio una vincita in denaro, la felicità torna presto ad un livello medio e non ha grandi effetti a lungo termine, questo perché il cervello tende sempre ad uno stato di equilibrio. Ma l'aspetto più rilevante è che questo effetto equilibratore interessi anche gli eventi fortemente negativi come ad esempio la perdita della vista, il finire su una sedia a rotelle, un lutto. Come spiega chiaramente Kanhemann 'i paraplegici non sono molto più infelici dei soggetti sani di un gruppo di controllo' il che significa che la nostra mente è plastica e tende ad un benessere medio. Anche gli effetti di un matrimonio (benefici) e di un lutto (negativi) svaniscono del tutto a tre anni dall'evento e già nel 1995 si era visto che in Giappone il livello di felicità non era cresciuto tra il 1958 e il 1987 nonostante il reddito medio fosse quintuplicato. La morale è duplice: si conferma che i soldi non danno la felicità (fatto salvo che ve ne siano per una sopravvivenza dignitosa) e che il nostro cervello ha capacità straordinarie di adattamento. Certo è che la felicità rimane comunque una delle cose più inseguite dall'animo umano come in parte dimostra il successo della canzone di Pharrell Williams che la celebra e che ha portato a balletti di emulazione in tutto il pianeta. Dovremmo solo capire che la felicità non deriva da fattori esterni ma che è proprio dentro di noi ed è fortemente dipendente dal nostro atteggiamento mentale e dalla modalità con cui 'leggiamo' l'ambiente e i fatti che ci circondano.
venerdì 7 marzo 2014
Da Rockerduck a quelli che mandano giù terra e detersivi…
Da qualche tempo va in onda su un canale satellitare un
programma televisivo dal titolo “Io e la mia ossessione” che racconta la storia
di come il disturbo ossessivo si manifesti nelle sue forme più complesse. Tra i
casi maggiormente rappresentati vi è la tendenza di alcuni soggetti ad assumere
sostanze non commestibili come sabbia, muro, terra, detersivi, sabbia, sapone,
carta e molto altro. Il disturbo viene chiamato ‘picacismo’ e fa parte dei
disturbi dell’alimentazione come alterazione del senso del gusto e dei disturbi
ossessivi e in alcuni casi di schizofrenia. Ma si legge anche che ne manifesta
qualche segnale tra il 10 e il 30% dei bambini tra gli zero e i sei anni.
Sembrerebbe quindi evidente che il disturbo faccia parte della sfera dei
disturbi mentali se non avessi appreso che la cosa ha una origine organica e
che sia spesso appannaggio di soggetti che presentano carenze di ferro, zinco e
vitamine. E andando un po’ più in là scopro che in alcune culture questa
pratica viene accettata e non considerata affatto patologica. Culture nelle
quali l’alimentazione è povera e squilibrata e si riscontrano quindi le carenze
di cui accennavo tanto che, ristabilito l’apporto di ferro nella dieta, il
disturbo regredisce spontaneamente.
Sorvolo sui rischi per la salute, sulle possibilità di
avvelenamento e le conseguenze sull’apparato intestinale per concentrarmi sull’aspetto
antropologico della questione. Perché di questo disturbo si hanno tracce sin
dall’antichità: Platone stesso consigliava alle donne incinte di assumere
argilla, gli aborigeni australiani la usano ancora per la panificazione e nei
mercati africani viene venduta come digestivo o per curare la dissenteria. L’assunzione
di materiali non commestibili (anche corde, capelli ecc) è considerata ancora
oggi un fenomeno normale in alcune società rurali dove si arriva ad assumere
materiali che contengono metalli pesanti che hanno come esito intossicazioni da
piombo, cadmio, molto gravi e talora fatali. Ma anche ostruzioni intestinali e
infezioni parassitarie gravi. In un interessante caso descritto sull’ultimo
numero di Area Pediatrica il caso di un bambino che una volta al mese assumeva
da 5 anni caolino, un minerale silicato delle argille che non solo era
conseguenza di una grave anemia ma che ne rappresentava anche la causa: come
spiegano gli autori del caso (presentatosi all’Ospedale Sant’Anna di Ferrara)
la superficie della caolinite presenta cariche negative che legano le cariche
positive del Ferro e lo sottraggono all’assorbimento da parte del duodeno. Inoltre
le tracce di quarzo presenti nel caolino determinano una abrasione della mucosa
intestinale che favorisce la desquamazione e la perdita di patrimonio marziale.
Ecco come allora l’assunzione di caolino sia diventata sia causa che effetto
dell’anemia. Interessante è comunque che quando l’origine del disturbo sia ‘etnica’
ossia una pratica accettata culturalmente, si debba escludere l’orgine
psichiatrica del disturbo, configurando una patologia ad eziologia quasi
culturale.
martedì 11 febbraio 2014
FARMACI PER VEGETARIANI? L’ANIMALE NELLA COMPRESSA, MA NESSUNO LO SA
Le persone che scelgono di orientare le proprie scelte in
senso ‘vegetariano’ sono sempre di più, il 6% della popolazione italiana, il 5%
di quella inglese. Giovani adulti tra i 25 e i 40 anni, con una maggioranza di
donne e un 1% che sceglie la via più radicale VEGAN che prevede l’esclusione
totale delle proteine animali, non solo a tavola ma anche nell’armadio, in casa
e in molti altri ambiti. Oltre a questo esercito in crescita esistono gruppi
religiosi che evitano il contatto e l’assunzione di alcune specie animali,
eppure la maggior parte di medici e altrettanti pazienti ignorano che i farmaci
più comunemente prescritti contengono elementi animali. L’eparina a basso peso
molecolare ad esempio (maiale), il Gelofusine (un sostituto del plasma)
contiene ingredienti di derivazione bovina e alcuni tipi di ormoni sono
estratti dai cavalli.
La lista prosegue con il lattosio estratto dal caglio di
mucca, mentre la gelatina che serve a incapsulare i farmaci viene prodotta a
partire da pelle bovina, suina o da pesci. Va da se che quando sia estratta da
suini potrebbe non essere accettabile da pazienti di religione ebraica o
musulmana e anche la Divisione Kosher dell’Unione Ortodossi non ammette l’uso
di questi farmaci tra i suoi membri. Anche lo stearato di magnesio, un
eccipiente piuttosto comune, è estratto dal grasso animale.
Eppure leggere la lista degli ingredienti non è sufficiente
a svelarlo. Nonostante esistano raccomandazioni specifiche nazionali,
internazionali, la scelta individuale del paziente non è ancora adeguatamente
tenuta in considerazione . L’etichettatura sulla confezione esterna sarebbe un
modo per segnalare ingredienti animali a queste particolari fasce di pazienti. Esistono
linee guida europee sulla lista degli ingredienti sulla confezione esterna ma
comprendono soltanto quelle sostanze che possono causare una reazione avversa
medico, come il saccarosio. Nel frattempo le industrie intercettano i bisogni e
tentano di adeguarsi: le prime capsule vegetali, a base di ‘ipromellosa’ (un
eccipiente), sono stati prodotte nel 1989 e la produzione è notevolmente
ampliato da allora, mentre la domanda per i farmaci privi di gelatina è
cresciuto del 10%. Oltre ai benefici per i pazienti con preferenze
alimentari, l'uso di queste capsule evita la necessità di osservare con le
normative in materia di encefalopatia spongiforme bovina. Il lattosio è già
prodotto da alcuni produttori senza l'utilizzo di caglio; stearato di magnesio
può essere sintetizzato chimicamente.
Un interessante studio del BMJ ha recentemente affrontato
una questione ormai globale sia per motivi individuali che religiosi,
analizzando i 100 farmaci più
comunemente prescritti nelle cure primarie nel gennaio 2013 dal NHS Business
Services Authority. Di questi, 74 contenevano una o più di lattosio,
gelatina, magnesio stearato. Il lattosio è stato trovato in 59 farmaci, di
cui 48 avevano accompagnamento di valutazione pubblica report-l'unica fonte di
informazione con riferimento alle origini di eccipienti. In 10 casi (21%),
la relazione non dichiarava specificamente che il farmaco conteneva materiale
di origine animale. Delle 38 relazioni che citano il contenuto animale, solo
il 21% dichiarava l'uso di caglio di vitello.
Il Magnesio stearato è stato trovato in 49 dei primi 100
farmaci, con la forma animale dichiarata in quattro prodotti e la forma
vegetariano confermata nel 31. Quattordici prodotti invece non presentavano informazioni sulla
provenienza.
La gelatina è stato utilizzata in 20 farmaci. Tuttavia,
due delle relazioni di valutazione del prodotto dichiaravano erroneamente che
non vi era alcun contenuto animale e sette non menzionavano il contenuto degli
animali.
I ricercatori hanno quindi scoperto che é difficile
determinare l'idoneità dei comuni farmaci per i pazienti con preferenze
dietetiche specifiche. Il British National Formulary fornisce
solo indicazioni, controindicazioni del farmaco, il dosaggio, e il costo. Opuscoli
informativi pazienti e riassunti delle caratteristiche del prodotto incluso
eccipienti, ma non ha specificato le origini. Solo la relazione di
valutazione dei prodotti medicinali e prodotti sanitari Regulatory Agency ha
fornito le dichiarazioni riguardanti i contenuti prodotti di origine animale,
ma anche questi erano incoerenti, incompleti e in due occasioni sbagliati.
I dati suggeriscono che è probabile che i pazienti ingeriscano
farmaci contenenti prodotti di origine
animale senza che né il medico
prescrittore, né il farmacista ne siano a conoscenza.
venerdì 31 gennaio 2014
Il cervello burlone, il mio ma anche il vostro
Il cervello è un organo piuttosto particolare, affascinante, meraviglioso, ma come tutte le superstar presenta anche qualche capriccio. Ieri sera uscivo da un Seminario sulla Sex Crime Investigation ed ero intenta a pensare a cosa avrei cucinato per la cena mentre mi avviavo verso la mia automobile. L'avevo parcheggiata particolarmente bene, all'interno delle rassicuranti strisce blu e con il suo bel pagamento del parcometro in bella vista sul cruscotto. Mi avvio sulla strada e inizio a cercarla... niente. Torno indietro e rifaccio il pezzo di strada ritenendo di essermi distratta e ripercorro di nuovo la strada...niente, nessuna traccia della mia Katerina... un filo d'ansia inizia a salire insieme ad una certa irritazione giacché mi trovavo praticamente attaccata alla Questura. Nella mia mente iniziano ad instillarsi i dubbi: 'magari l'ho parcheggiata dall'altro lato' e quindi inizio a scorrere anche l'altro marciapiede con la fastidiosa sensazione di sembrare una signorina in cerca di clientela. Alla terza vado dal Piantone e gli faccio: 'mi hanno rubato la macchina!' 'E' sicura?' Si certo, bla bla bla 'Va bene allora vada in caserma a Via XXX a sporgere denuncia. Vado a piedi, con in testa una serie di improperi irripetibili ma con un'ultima speranza: sulla mia auto è installato un GPS proprio per queste evenienze. Arrivo alla Polizia e intanto il centro assistenza mi risponde, mi chiede targa, luogo di parcheggio ecc. E poi l'operatore del call center mi fa: 'ma via xxx vicino a via xxx?' Io: 'si' e lui 'guardi signora a me la macchina risulta lì'. Vergogna. Come ho fatto a non vederla? Ho controllato TRE volte. Sono sollevata e seccata e vado come un razzo a controllare. Mentre cammino di nuovo verso la via mi si accende una lampadina e inizio a capire: io ho cercato la macchina nel tratto di strada in cui le altre auto avevano i musi parcheggiati nel MIO senso di marcia, mentre non mi era venuto in mente che potesse essere tra quelle che avevano i MUSI nell'altro senso.
Morale: la macchina era lì e io mi sono sentita una perfetta idiota. Però la figuraccia mi ha attivato una serie di ricordi sul cervello al quale ci affidiamo un po' troppo. Mi spiego: il cervello non vuole sprecare energia e quindi di fronte ad uno stimolo ci offre la risposta più semplice, che però non sempre è quella giusta. Quindi a me il cervello ha detto: se avevi il muso di QUA non puoi averla messa tra quelle col muso DI LA', insomma ha preso una scorciatoia, mi ha dato la risposta più intuitiva ma proprio l'intuito ci frega. Lo dimostrano centinaia di studi. In uno dei più noti viene dimostrata l'esistenza di un meccanismo di 'cecità selettiva'. Ad un gruppo di persone viene chiesto di contare i passaggi di una partita di basket e durante la partita viene fatto passare un uomo travestito da gorilla, insomma, mica una cosetta, invece nella maggior parte dei casi alla domanda: 'hai notato qualcosa di strano durante la partita?' la maggior parte dei soggetti diceva di NO. Ecco qua il primo assunto: se sei concentrato su qualcosa il cervello abbassa l'attenzione sull'ambiente circostante ed è la ragione per cui se stai litigando al telefono mentre guidi è piuttosto facile che tu possa fare un incidente. Nel mio caso sono stata vittima di una 'illusione cognitiva' e mi sono fidata della risposta più facile.
Quindi, non bisogna fidarsi sempre ma sforzarsi di ampliare l'ambito delle possibilità, il che fa consumare più zuccheri e fatica ma che almeno non espone al rischio che ti dicano: 'Signora non è che questo servizio lo può usare quando non si ricorda dove ha parcheggiato'.
Morale: la macchina era lì e io mi sono sentita una perfetta idiota. Però la figuraccia mi ha attivato una serie di ricordi sul cervello al quale ci affidiamo un po' troppo. Mi spiego: il cervello non vuole sprecare energia e quindi di fronte ad uno stimolo ci offre la risposta più semplice, che però non sempre è quella giusta. Quindi a me il cervello ha detto: se avevi il muso di QUA non puoi averla messa tra quelle col muso DI LA', insomma ha preso una scorciatoia, mi ha dato la risposta più intuitiva ma proprio l'intuito ci frega. Lo dimostrano centinaia di studi. In uno dei più noti viene dimostrata l'esistenza di un meccanismo di 'cecità selettiva'. Ad un gruppo di persone viene chiesto di contare i passaggi di una partita di basket e durante la partita viene fatto passare un uomo travestito da gorilla, insomma, mica una cosetta, invece nella maggior parte dei casi alla domanda: 'hai notato qualcosa di strano durante la partita?' la maggior parte dei soggetti diceva di NO. Ecco qua il primo assunto: se sei concentrato su qualcosa il cervello abbassa l'attenzione sull'ambiente circostante ed è la ragione per cui se stai litigando al telefono mentre guidi è piuttosto facile che tu possa fare un incidente. Nel mio caso sono stata vittima di una 'illusione cognitiva' e mi sono fidata della risposta più facile.
Quindi, non bisogna fidarsi sempre ma sforzarsi di ampliare l'ambito delle possibilità, il che fa consumare più zuccheri e fatica ma che almeno non espone al rischio che ti dicano: 'Signora non è che questo servizio lo può usare quando non si ricorda dove ha parcheggiato'.
mercoledì 29 gennaio 2014
India il luogo peggiore per le donne
Negli ultimi mesi avrete sentito le continue notizie di stupri e violenze efferate ai danni di donne e ragazze indiane. Un fenomeno nuovo di cui non si era sentito parlare prima. Personalmente poi ho sempre avuto l'impressione che quello indiano fosse un popolo gentile. Le mie sporadiche esperienze con indiani mi hanno sempre lasciato un senso positivo, persone istruite quando non colte, dai modi perbene e gentilissimi che nella mia mente ha stonato con le notizie dei TG.
A seguito di un breve post in cui ho chiesto un parere ai miei amici di FB, per la maggior parte giornalisti, mi è stato suggerito che questa campagna mediatica negativa potrebbe essere legata alla vicenda dei nostri Marò detenuti illegalmente in India e la corrispondenza temporale tra le due cose rende l'ipotesi più che plausibile. Ma non è possibile parlar male di un intero popolo se questi è innocente e quindi la mia curiosità è stata stimolata ancor di più. Qualche ore di ricerche in Rete hanno aperto una realtà dolorosa. Sembra infatti che l'India sia un Paese in cui le donne vivono in una condizione di inferiorità cronica e anacronistica. Si osserva appena arrivati nel Paese dove salta all'occhio la diversità di abbigliamento tra i due sessi: gli uomini in jeans e maglietta e le donne in abito tradizionale. Inoltre esistono vere e proprie forme di segregazione di genere con scompartimenti del treno riservati alle donne. Le ragazze poi non possono circolare da sole, bensì devono essere accompagnate da un uomo della famiglia, pena l'elevato rischio di essere aggredita, picchiata o stuprata. La presenza di un certo tipo di braccialetto indica a tutti che quella donna è protetta da un fratello e quindi non deve essere toccata. Insieme alle violenze sessuali infatti nel paese c'è un elevatissimo numero di suicidi tra le donne che dopo lo stupro sono emarginate e rovinate. La violenza sulle donne in India non è una eccezione, bensì la norma anche in famiglia, una risposta sbagliata al coniuge può scatenare violenze, molte hanno il viso deturpato dalle bruciature, l'assetto sociale è rigidamente patriarcale. Il senso di possesso è pervasivo e il padre ha il potere di uccidere le figlie che li disonorino o che abbiano rapporti con uomini di casta inferiore. Non essere accompagnate è un vero e proprio tabù e le coppie non sposate non sono bene accette anche perché il valore della donna è misurato con la sua purezza. Peggio ancora avviene nelle zone rurali del paese dove le donne disonorate sono costrette a sposare i propri stupratori. Le donne della casta degli intoccabili poi sono invisibili o oggetto di violenze 'tollerate', la Polizia infatti scoraggia le denunce e la morale comune è ascritta ad una trazione arcaica che si rifà all'epoca vittoriana.
Photo:Steve McCurry
IL CANALE DI TV SHOPPING HSE24 E MANDA GLI INNAMORATI IN VACANZA
Fai un regalo o un acquisto personale per San Valentino e...parti con il partner per un week end, te lo regala il canale di tv shopping HSE24. Tutti sintonizzati sul canale 37 del digitale terrestre o sul sito www.hse24.it perché ogni acquisto in più aumenta la possibilità di vincere.
L’atmosfera speciale che
aleggia intorno all’evento di San Valentino contagia anche il TV Shopping. I
Buyer di HSE24, il canale di shopping news e intrattenimento che trasmette sul
37 del digitale terrestre, hanno
lavorato alacremente per creare una selezione di prodotti per preparare la casa
a celebrare la coppia e i sentimenti.
Ma quest’anno il canale ha
fatto molto di più, decidendo di regalare ai propri clienti la possibilità di
vincere un weekend romantico da trascorrere in coppia.
San Valentino, shopping in love è l’evento televisivo che
permette ai clienti di HSE24 di trovare tutti i prodotti ideali per creare
un’occasione indimenticabile il giorno dedicato agli innamorati e di poter
vincere un weekend speciale da trascorrere con il proprio partner. Ogni ordine
fatto nelle giornate dell’1, 2, 3 febbraio dà diritto a partecipare al concorso.
I vincitori saranno estratti a sorte, entro la fine di marzo, tra tutti coloro
che hanno effettuato almeno un ordine in una di queste tre giornate. Più ordini
si fanno, più probabilità di vincita si hanno.
II concorso prevede la possibilità
di scegliere un pacchetto di viaggio tra le opzioni “Weekend Romantico” (due notti in
hotel 3 o 4 stelle in camera doppia con prima colazione e una cena in hotel), “Weekend Benessere”
(in hotel 4 stelle con colazione, una cena ed esperienza di benessere inclusa),
“Weekend da
Assaporare” in cui al pacchetto è aggiunta una degustazione di
prodotti tipici e particolari perché la seduzione passa anche dalla tavola.
Durante l’evento che si
terrà sul canale
37 della TV dall’1 al 3 febbraio, HSE24 proporrà una selezione di prodotti pensati per rendere
speciale il giorno di San Valentino e per fare in modo che l’atmosfera si possa
ricreare ogni volta che lo si desidera, così che possa essere la festa degli
innamorati anche tutto l’anno!
HSE24 consegna in tutta Italia entro 3/5
giorni, quindi niente paura, ordinando durante l’evento si avrà tutto il tempo
di preparare
la casa per l’occasione ed essere splendide per il vostro “lui” il giorno di
San Valentino e tutte le volte che vorrete voi.
I dettagli e il regolamento
del concorso, insieme all’elenco completo delle destinazioni, sono disponibili
sul sito www.hse24.it
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