Alfredo Carcano, Vito Viganò
La violenza nel cuore
Erickson
2007
La notizia di un attentato suicida in un paese lontano, fisicamente e culturalmente, provoca in noi una reazione relativa. Siamo ormai abituati e assuefatti alla strategia del terrore messa in atto dai media. I mezzi di informazione, che prediligono le cattive notizie, sembrano proporci che la violenza sia inevitabile, presentabile, come se si trattasse di un istinto da cui l’umanità non si può esimere. Ci turba di più invece quando avviene vicino a noi, nella nostra città, nella nostra strada, nel nostro palazzo. Allora interviene il timore che quella violenza, così rarefatta e mediata dalle parole dei giornali, sia invece una minaccia troppo vicina, che può interessarci da vicino. I due autori hanno raccolto, uno i fatti che hanno impressionato l’opinione pubblica o che, al contrario l’hanno lasciata indifferente, l’altro ha invece spiegato le dinamiche con cui la violenza si produce e si manifesta. Perché spiegare la violenza non è facile e perché troppo spesso la si confonde con l’aggressività. Mentre la violenza è un modo di agire che produce un male che non ha una ragione. La violenza, infatti, è gratuita e immotivata. La rabbia può avere un motivo, ma la violenza fa passare sempre dalla parte del torto. L’aggressività può servire a difendersi e quindi è vitale, la violenza invece produce un male dovuto ad un mancato controllo delle proprie pulsioni. Tutto qui? Non proprio, ma siamo comunque a buon punto nell’aver definito la violenza come una immatura perdita di controllo, una forma comunque di devianza. Perché l’uomo, come spiegano lo psicologo Goleman e il Dalai Lama, ha in sé tutti gli strumenti per tenere sotto controllo gli impulsi più forti e le reazioni più istintivi. Gli autori fanno qui l’esempio dei genocidi, in cui non solo si vuole sopraffare, ma si pretende anche di cancellare dalla realtà un’etnia. E l’azione violenta prende di mira proprio i suoi simboli, donne capaci di generare e bambini. E che dire della tortura? Ossia la repressione di un essere umano tramite un dolore fisico o morale che lo priva della dignità? Abu Graib ne è un triste e recente esempio. Insomma, una panoramica reale e commentata di ciò che ci fa più paura, la gratuità del dolore.
(j.r.m.)
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