lunedì 18 febbraio 2013

Le cento donne del femminicidio


Cento donne nel 2012 e otto dall'inizio del 2013. Sono le vittime del "femminicidio" una parola brutta, cacofonica, che deve essere stridente e odiosa perché è tale il delitto che denomina. Donne. Compagne, amiche, spose, madri, ex mogli, fidanzate. Donne uccise per mano dei 'loro' uomini. Mai tante come negli ultimi anni. Ultimo caso in ordine di tempo il ragazzo che uccide la madre a coltellate per una finta rapina andata male. Quello che era scandalo e obbrobrio ai tempi di Pietro Maso é un copione che si ripete sempre più spesso e che rischia di diventare, quasi normale. E che dire allora di Oscar Pistorius? L'eroe, l'atleta, il disabile che vince contro i normodotati che, roso dal tarlo della gelosia, sembra aver ucciso la fidanzata prima a bastonate e poi a colpi di pistola. Le indagini chiariranno la dinamica e forse lo assolveranno ma traspare l'idea di un uomo fragile dall'insicurezza che lo consuma dall'interno che non regge il confronto con uno che le gambe ce le ha, chiunque sia. Un fenomeno di questo tipo va comunque letto e narra di un maschile in crisi, che sta perdendo terreno. Abituati al potere sia in casa che fuori gli uomini ora perdono terreno e non hanno gli strumenti emotivi e psicologici per adattarsi al cambiamento. Vivono con donne che possono negarsi, che non sono sempre accondiscendenti, che talora lavorano e guadagnano più di loro, che non riescono a controllare. Donne che anche non volendo si sono poste come elementi contro cui competere. E l'animale uomo che anche in natura gestisce il gruppo e dá la direzione, risulta spiazzato. Forse non a caso il capobranco é un termine maschile. Le donne sono abituate ad avere a che fare con l'interiorità l'emotività e l'analisi, gli uomini ci si scontrano per la prima volta da secoli. Prima uccidevano il rivale, ora l'oggetto del desiderio. È una rabbia sorda e c'è lo spettro del desiderio di riscatto. Ti uccido perché mi hai lasciato, ti uccido perché non devi avere altri che me, ti uccido perché mi appartieni, ti uccido perché voglio la libertà di amare chiunque altra senza che tu possa ridire nulla. Quando si infliggono 20 coltellate c'è delitto di impeto e rabbia, quando il corpo non si trova più c'è una fredda determinazione e una pianificazione accurata. una volta gli uomini picchiavano le donne quando bevevano troppo, per farle diventare mansuete, oggi semplicemente le uccidono perché perdono la testa per un'altra o perché non sopportano di essere lasciati, non sanno fare i conti con la frustrazione, ritengono che ciò che possiedono non possa scegliere, decidere, avere una vita. È il segno doloroso che le donne hanno un potere psichico immenso, possibilità, energie, capacità intelligenza. Ma fanno l'errore di non farne mistero e forse talora di ostentarlo. Certo non sono tutte così e questo non giustifica ovviamente una risposta così violenta, ma l'immagine che circola di noi non è certo quella di femmine accomodanti o rassicurami bensì di soggetti aggressivi e dominanti. Mi dicono che stanno iniziando a nascere gruppi in cui gli uomini si fanno aiutare a gestire i propri impulsi distruttivi ma forse anche le donne si dovrebbero fare qualche domanda, globalmente, su come far convivere i due generi non l'un contro l'altro armati ma in maniera più armonica e cooperativa, lasciando, banalmente, che l'uomo possa dimostrare di essere tale, che possa sviluppare la sua natura senza sbattergli in faccia che anche noi possiamo fare le stesse cose e talora anche meglio. Tutto quello che finisce per -ismo non fa bene a nessuno.

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