lunedì 5 dicembre 2011

Instabile e impulsiva

E' evidente che ogni tanto perdo il controllo del mio umore e delle mie emozioni che in qualche modo si prendono gioco di me. In un momento in cui non so granchè del mio futuro anche le ultime cime si sciolgono e mi portano verso una strana deriva. Ho fatto il mio dovere ma in questo caso non so se sono stata ricompensata. In realtà essendo nata sotto il segno di un tradimento e di un abbandono questo segno rimane in me per sempre. E' come una cicatrice incancellabile. Forse negli anni si sta schiarendo, sta diventando più trasparente ma quello che so è che io non mi fido di me. Perchè sono stata troppo ingenua, troppo idealista, troppo sicura. E ho sbagliato e alla fine ho dovuto ammetterlo e come posso fidarmi ora di quello che provo? Sono ormai convinta che sia solo una gradevole illusione e quindi non mi abbandono più. Troppo grande per farlo. Conosco troppe cose di come funziona il cervello e di come ci comandano gli ormoni per fidarmi dei 'sentimenti' che sono così effimeri e labili. Preferisco una calma serena, anche priva di emozioni che non siano quelle genitoriali e professionali. Non l'ho scelto, è così, io di quella cosa che cantano tutti non mi fido più e non mi ci affido. Non ritengo che solo essa dia il senso all'esistenza, ci sono milioni di altre cose più profonde, la solidarietà, l'amicizia, la maternità, il lavoro che ami. Tutto il resto è qui ed ora e non riesco più a farci un progetto e a credere che si possa far girare una esistenza intorno al fulcro di una illusione.

martedì 22 novembre 2011

L'ultima lacrima



Lo diceva anche Carmen Consoli che a me, siciliana e con quella voce così particolare è sempre piaciuta. Il problema è forse che io di lascrime ne ho sempre meno, così con la capacità di emozionarmi e commuovermi. Forse nasciamo con un numero programmato sia di ovuli da fecondare che di lacrime da versare e io le mie temo di averle finite. Ce ne sono state tante anche non versate, che nonostante il cuore spezzato non ne volevano sapere di scendere e sono, semplicemente evaporate. Ma anche le persone più forti possono avere un momento in cui non cadono, ma certamente vacillano. Momenti in cui quando non riescono a tenere le redini sentono che il cavallo ha preso il galoppo e li porta dove vuole lui. Spesso di nuovo nella stalla perchè il cavallo torna sempre a casa. Ecco, io ho smarrito la casa e ho perso un filo di certezze. Succede sempre in questo periodo dell'anno. Ma la cosa più strana è che quella persona che mi guarda dalle foto io non la riconosco, quasi non so chi sia. Forse il profumo della Lampe Bergère mi ha dato alla testa e serve un po' di sole per scaldare il cervello e tornare a farlo funzionare. Ho di nuovo bisogno di ordine, di cose che girano e funzionano regolari. Sarà per questo che mi piacciono gli orologi e i metronomi. Non so se reagire o abbandonarmi e aspettare che passi questa malinconia in cui non so cosa mi manca. Farò così, lascerò che sia il cavallo a decidere che col suo istinto, forse, ne sa molto più di me.

martedì 15 novembre 2011

C'è da fare...



Ci sono state, e ci sono ancora, diverse cose da fare e altrettante da capire. E' tempo di sistemare, cambiare e assestare. E' tempo di mettere a posto le cose e cominciare qualcosa di nuovo. Mettere a frutto l'esperienza, avere nuovi stimoli, accettare una nuova sfida. Per accelerare bisogna prima rallentare, riprendere fiato. E poi tra poco è Natale e qui lo prendiamo molto sul serio tanto che la mia personale aspirazione sarebbe un mese sabbatico tutto di palline rosse, gocce di cristallo e nastrini sui pacchetti. E ancora la nostalgia per il mio posto del cuore, quello dove l'aria sa di legna bruciata ma non c'è mai il tempo per andare. Insomma, momento così, un po' disordinato, del cambio di stagione, anche psicologica. Ma intanto...si pensa e si legge, tanto, tantissimo, si cercano ispirazioni e si coltivano nuovi interessi come quelli per le tecniche di interrogatorio legale. Potrebbe servire, sai mai...

sabato 8 ottobre 2011


domenica 2 ottobre 2011

E se fosse...

Ho passato un sacco di tempo a contestarti, a detestarti, a innervosirmi, a non capire perchè non riuscivo a far pace con te. Una situazione scomoda per me che non amo il conflitto e cerco l'armonia. Ho trascorso e sprecato un sacco di tempo, ma negli ultimi tempi, forse, comincio a capire. E' poco più di un dubbio sottile e tagliente, una di quelle verità così lampanti e luminose che anche quando le hai davanti agli occhi non le vedi. Sono nata sotto il segno di una perdita, di una assenza, di un dolore. Sono stata amata da tutti e ho trascorso la vita ad inseguire l'amore di chi non mi voleva, che sembrava il più prezioso e ambito. Sono stata amata da te in maniera esclusiva, ma più ti avvicinavi più io sfuggivo, ti tenevo a distanza. Era paura. Paura di perdere anche te, paura di rivivere lo stesso lancinante e infinito e acuto dolore per il quale non c'è terapia. Dolore straziante, quello sordo e in sottofondo. Riesco ad abbracciarti più spesso ora e a dire: 'ho bisogno di te'. E insieme a questo coraggio si eleva il timore di perderti. Io che ho avuto sempre e solo te. E tu mi hai lasciata fare, e ti sei fatta massacrare, mi hai permesso di allontanarti e aggredirti. E' solo paura. Il vuoto di lui l'ho colmato quel pomeriggio a Chicago e poi è morto ma io avevo chiuso il cerchio e andava bene così. Ma tu sei stata il centro, il fulcro. Forse ho rifiutato te per vendicarmi che tu avessi permesso a lui di rifiutare me. Ma tu sei stata forte come sempre e non hai mai smesso di dirmi 'ti amo'. E allora si, sei la mia mamma, ti ho messa a dura prova e tu non hai mollato, mai e poi mai. Dopo questa prova anche io devo essere forte, accettare di amarti immensamente e accettare il dolore che sarà, un giorno spero lontanissimo. Ti amo, mamma.

lunedì 26 settembre 2011

Del 'rifarsi una vita'



Poche frasi al mondo mi urtano come quella che cita di 'rifarsi una vita' dove, con questa definizione è indicato il trovare un uomo (o una donna) dopo una rottura amorosa, che sia un relazione o un matrimonio. Sancisce, senza appello, la nostra presunta incompletezza, metà di una mela altrimenti scipita. Riparsi una vita significa trovare un altro compagno e ricominciare a fare progetti. Ora, mi domando e dico perchè non sia possibile avere una vita piena e completa senza un uomo accanto. Perchè non possiamo 'avere una vita' propria e appagante, perchè siamo destinati ad una ricerca ossessiva che diventa un imperativo categorico sociale, come quello che una donna di trent'anni debba fare i figli e una divorziata di 40 senza un nuovo compagno sia una povera infelice. Sinceramente la cosa mi ha sempre dato sui nervi, anche perchè temo che alla base di questa pressione ci sia una forma di protezione sociale da parte di quelli che stanno in coppia. La persona appagata anche da sola, si suppone avere una vita sessuale e affettiva che potrebbe rappresentare una minaccia, meglio allora esortare alla coppia che dovrebbe mantenere la sua sessualità al proprio interno. Roba d'altri tempi vista la liquidità dei legami e la mancanza di significato che oggi ha la parola fedeltà. E allora viva le persone, donne e uomini, che, con figli o senza, stanno bene anche da soli per un periodo o anche per sempre. Perchè a ben sentire, quelle che la vita se la sono rifatta, con un secondo compagno o anche un terzo, non sono mica tanto contente. Raccontano del peso di una casa sulle proprie spalle, di mariti poco collaborativi, del desiderio di avere spazi di silenzio e solitudine, di sentirsi sempre schiacciate dalle richieste alle quali non hanno più voglia di aderire. Insomma, sostengo che 'rifarsi una vita' debba significare unicamente stare bene con se stesse, non vivere nella smaniosa ricerca di un compagno purchè sia o del grande amore studiato a tavolino, che sia straordinariamente bello stare con i figli, avere il lettone tutto per sè e magari concedersi un amante nei week end. Poi se la persona giusta arriva, ben venga, il cuore si apre e dentro di sè si trova spazio anche per un altro essere umano. Ma che altrimenti non sia una vita, questo no, non ci sto.

venerdì 19 agosto 2011

La variabile dell'amore ed altre questioni



Le conseguenze delle scelte. Tutto ciò che facciamo ne ha. Anche il silenzio, anche il non fare, il non scegliere, il non comunicare. Su di noi, va da sé, ma anche sugli altri. E' a questo che dobbiamo prestare attenzione. A quello che le nostre scelte provocano alla vita degli altri. Perchè il margine tra la nostra libertà e il danno è molto labile. Non siamo poi così liberi. E', o dovrebbe, una mediazione continua. E poi la variabile dell'amore, che ci fa fare lieti ciò che non ci andrebbe proprio. E quanto invece possiamo decidere nel nostro corpo, del nostro essere, senza danneggiare chi amiamo? L'etica della decisione. Possiamo anche mangiare male, ingrassare, ammalarci e ridurci in un fondo di letto se siamo soli, ma non possiamo obbligare chi ci ama, indirettamente, ad accudirci o a soffrire, non possiamo limitare la sua esistenza. Avremmo invece l'obbligo morale di essere in buona salute, per non pesare sugli altri. Ben poche cose sono accidentali e qualche teorico (Groddek) sosterrebbe che anche l'incidente casuale è in realtà, in qualche modo, provocato. Chi paga le nostre scelte? Chi si assume il costo dei nostri errori?
Siamo liberi solo se siamo soli, non amiamo nessuno e nessuno ci ama. Allora, a parte un eventuale costo sulla società, che è anonima e quindi non ci induce un particolare senso di responsabilità, possiamo anche fregarcene. Ma quando hai qualcuno accanto non ti puoi permettere di non volerti bene. E' singolare verificare come per fare male agli altri si usi la strategia del far male a se stessi. Una violenza indiretta e deflagrante. Bisognerebbe allora avere il coraggio di sottrarsi. Di girare le spalle e andare via quando qualcuno che si ama si danneggia per ferirti. Una forma di perversione. Il male diretto sarebbe troppo palese, si potrebbe incolpare, recriminare, ma se io faccio male a me, ti ferisco in modo irreparabile perchè ti getto sulle spalle il senso di colpa, il dubbio che sia colpa tua, ti creo il dolore dall'interno, scaturisce da te, da un dubbio. Io non ti instillo nulla, non viene da me che divento una vittima. Obbrobrio. Hai pensato a tuoi figli? Hai pensato a cosa li condanni? Ogni genitore che si fa del male li condanna. Nel loro cuore ci sarà sempre il dubbio della responsabilità. Si è ucciso per colpa mia? Sta male per colpa mia? E' andato via per colpa mia? No, è solo egoismo puro, una delle più pure forme di MALE. Gli individui egoisti vanno isolati perchè non sono funzionali alla specie e alla società, siamo animali da branco e dobbiamo cooperare per il bene comune. Chi è egoista va isolato e abbandonato, come fanno i branchi quando abbandonano gli individui vecchi e malati perchè mettono a repentaglio la sopravvivenza di tutti. Pensiamo ad esempio a chi ha contratto malattie evitabili per comportamenti sconsiderati e chiede alla società di pagare il costo delle sue cure, spesso croniche. Hai fumato tutta la vita e ora hai un tumore ai polmoni? Allora le cure te le paghi da solo. Discorso duro ma non del tutto di nicchia se è vero che begli Stati Uniti si eliminano dalle liste trapianti i soggetti giovani obesi o malati di Aids perchè non farebbero buon uso di un organo. Purtroppo, sono d'accordo.

Le ore delle donne



Sono quelle poste ai limiti estremi della giornata, spesso di primo mattino, quando respiro dei bambini ancora lieve, la casa immersa in un silenzio sospeso. Le donne in camicia da notte sorseggiano lentamente un caffè appena fatto, e con una mano sistemano fili colorati, spianano tele, scelgono abbinamenti. Sono le ore di libertà che rubiamo alla miriade di impegni che abbiamo scelto ogni giorno. Sono ore di lavoro solitario in cui creIAMO piccoli capolavori. Cuori, fiorellini, forme di legno sbiadite di bianco, tortora e grigio, rosa, molto rosa. Ore in cui lavoriamo a ciò che amiamo davvero, ad un lavoro che non avrebbe prezzo sul mercato perchè fatto con le amni, di lunghe ore prima di indossare il tailleur e la borsa di Prada alla moda. Ore in cui siamo, diventiamo le nostre madri, le nostre nonne. In cui personalmente ricamo cuori dai delicati ramage, apine, fiori, orchidee sfacciate, violette timide, tulipani assorti. Ore del mattino presto, quello delle vacanze in cui la vista dalla finestra sono i rami della quercia secolare e l'unico rumore quello di uccellini affamati che reclamano la colazione. Tutti dormono, solo il gatto nero apre un occhio senza capire il perchè di tanto ardore. Sono le ore in cui le donne si dedicano alle loro piccole passioni che di solito sono fatte da mani operose e sapienti. Un sapere antico, tramandato dalle donne. Fili e aghi, cotone e lana, cachemere quando si può. Si sfornano presine per il forno, asciugamani, le più brave lenzuola con le iniziali eleganti, quasi nobili, da lasciare alle figlie, se si è avuta la lungimiranza di chiamarle con un nome che avesse la stessa iniziale. E poi iniziali ovunque e cuori, cuori sempre, di ogni foggia e dimensione, di ogni materiale. Sono arrivati ieri quelli di legno, con un allegro fiocco a quedretti e hanno ispirato quelli di lino bianco, fatti con un vecchio paio di bermuda ormai stretto. Mi piace anche l'idea che i vecchi vestiti si trasformino, divcentino piccoli oggetti di arredamento, che non tutto venga gettato ma che trovi nuova vita. Così i ricordi rimangono, come i bermuda della vacanza in Sardegna quando il Micio era piccolo che ora sono un cuore imbottito di emozioni. Le ore delle donne sono le più belle della nostra vita e stamane, punto dopo punto, recito un 'eterno riposo' per la mamma di un'amica che non c'è più.

mercoledì 27 luglio 2011

Prendi il cliente...per il naso

Oggi voglio parlare del marketing multisensoriale e in particolare di una delle più nuove e intriganti frontiere delle tecniche di vendita: il marketing olfattivo. Già da alcuni anni esistono studi che sostengono come odori particolari siano in grado di attrarre e trattenere il cliente sino ad indurlo ad acquistare. Il caso più noto è quello dei negozi di abbigliamento americani Abercrombie & Fitch che hanno creato un proprio 'marchio olfattivo' che raggiunge i clienti sin fuori del negozio ed è ormai considerato un'icona. Si tenta di usare il profumo per vendere i vestiti. Nonostante non me ne sia mai accorta, sembra che anche Vuitton abbia messo a punto un profumo particolare diffuso nei suoi negozi: lo scopo è quello di creare una impronta mnemonica nel cervello che si basa sulla capacità degli odori di legarsi strettamente alle emozioni e ai ricordi. Strategico e affascinante. Il ministro degli Esteri lituano Azubalis ha ingaggiato una azienda per creare un profumo che fosse specchio del Paese da diffondere negli aeroporti e nelle sedi istituzionali in modo da creare un legame cerebrale forte. Gli esperti sostengono che l'odore di un ambiente commerciale ha un impatto decisivo sulla percezione del marchio e più estensivamente esistono delle associazioni del tipo cinema-pop corn che le multisala stanno utilizzando diffondendo l'odore per aumentare la clientela. In Fiat esiste un centro ricerche che studia l'odore delle auto nuove per potenziarne gli effetti piacevoli, risultato già raggiunto da Jaguar che si è meritata la menzione per 'auto con il miglior profumo al mondo'. Una strategia è quella di diffondere olii essenziali a freddo: da Max Mara a Old Bond Street a Londra potrete apprezzare la fragranza di pompelmo, menta e patchouli, Benetton usa talco per il negozio Kids e the verde per gli store in cui si vende biancheria intima. La scelta del profumo non è semplice, e anche un minuscolo errore può sortire effetti contrari: l'essenza deve essere leggera e micronizzata al massimo, deve essere percepita ed avere caratteristiche che suggeriscano freschezza e igiene e se possibile, stimoli l'attenzione. E per i clienti più raffinati il profumo cambia con le stagioni: agrumato in primavera ed estate, legnoso e ambrato per l'inverno, e nei negozi per neonato? Latte e lavanda, aromi conosciuti e dotati di effetto ansiolitico: il piccolo sta tranquillo e la mamma compra di più. Facile no?

Meno crisi, più divorzi

Succede che negli Stati Uniti, quando la pressione della crisi si fa meno pesante, gli avvocati comincino a strofinarsi le mani e a spalancare le porte degli studi. Dal 2009 infatti i legali matrimonialisti avevano constatato un crollo nelle richieste di separazioni e divorzi che hanno avuto una impennata del 25% appena la ripresa economica si è affacciata all'orizzonte. Ecco che quindi anche separarsi è un lusso: si moltiplicano per due le case e la necessità di lavorare sino al doppio per mantenere figli ed ex mogli, con detrimento della qualità di vita di tutti. Quindi anche le rotture devono essere finanziabili. Ben pochi, dicono gli avvocati, sono quelli che della necessità di stare insieme hanno fatto virtù, trovando nuove strade per convivere e magari ricominciare ad amarsi. Ed oltre ai costi della divisione di un nucleo familiare pesano le parcelle dei legali, che anche in Italia non sono esattamente economiche. Più la causa è complicata, più sale il conto, ma si è disposti ad indebitarsi pur di regalarsi una nuova occasione. Peccato che nella realtà "rifarsi una vita affettiva" non sia questa passeggiata di salute. In parte perchè ci sono dei figli da accudire non sempre accettati dai nuovi partner, in parte perchè dopo un matrimonio si è più disillusi sui rapporti. La prima volta ci si sposa con la romantica illusione che sia per sempre, la seconda, sapendo che può finire. Eppure ci sono gli irriducibili, quelli che ci riprovano, in maniera quasi compulsiva, spesso maschi che inanellano (è il caso di dirlo) unioni e convivenze che nemmeno allo Show dei Record. Comprensibile in fondo se si pensa che alla moglie rimane una famiglia, rimangono i bambini da crescere che ti riempiono la vita, mentre gli uomini nella maggior parte dei casi rimangono soli, come broccoli, gambi di sedano e altri vegetali a scelta. E a cinquant'anni mica tutti sono contenti di tornare a casa la sera e doversi cucinare, magari dopo un aperitivo un po' triste con un gruppo di single di ritorno. Le donne invece ci pensano molto di più prima di farsi mettere un'altra fede al dito, trova più facilmente un equilibrio e si sposa magari molto più avanti, per consolidare e ufficializzare una unione ormai stabile. Si sposa ma forse non ci crede più sino in fondo e tiene gelosamente da parte, nella rubrica del cellulare Android, il numero di un buon matrimonialista, perchè non si sa mai e forse proprio questo fatalismo aiuta a mantenere insieme una coppia matura, più realista e quindi disposta ad accettare i difetti dell'altro e anche i propri.

Mancata...

Ok lo ammetto, non si gestisce così un blog, abbandonandolo per un mese e più, ma ci sono momenti in cui anche Wonder Woman di Roma Nord non ce la fa...Con due libri in scrittura, un lavoro vero, una famiglia, sfizi, amici e diversi Aperol Spritz, rischio di lasciare indietro qualcosa. Ciononostante le visite al blog continuano e mi immagino il disappunto dei miei affezionati che si domandano: embè, che succede? Tutto e nulla direi. Innanzitutto trattengo il respiro in attesa che arrivi sabato, giorno in cui saranno tolte le tende dalla Capitale e messi i picchetti nella residenza estiva. "Ti riposerai" dicono gli ingenui, in realtà tutt'altro...anche perchè ho in testa un'idea tutt'altro che ragionevole per fare da me una cosa per la quale mi sono stati chiesti un paio di mila euro e quindi potrei passare le prossime settimane a pancia in su su una transenna con un pennello in mano!!! D'altro canto mica posso essere sempre 'cerebrale' quindi affonderò anche nella manualità tra potature di siepi di rose, eliminazione delle ragnatele, spazzamento delle verande e migliorie varie. Inoltre si celebrerà un compleanno a fine agosto e vorrei che tutto fosse all'altezza. Intanto, cucirò una tovaglia con una simpatica stoffa di Ikea al metro, e mi dedicherò per lunghe ore oziose e ferme al mio adorato ricamo. Non sarà una vacanza, ma il solito 'rave' di cucito, uccellini da riempire di imbottitura, pantaloni da allargare e camicioni da stringere e poi gli ospiti e gli esperimenti, tipo fare la sfoglia come dice Elisabetta. E il blog? Ci sarò, prometto, ma solo un pochino...avrò le mani occupate....

lunedì 27 giugno 2011

Coltivare la pazienza



Mi sto rendendo conto in questi anni che la vita non è altro che un susseguirsi incessante di rogne e sollievi. O almeno così è la mia e quella di molte persone che conosco. La stabilità è dentro, se ad esempio vivi senza che ti tremino le gambe all'idea della solitudine. Per il resto i fatti ti mettono continuamente alla prova e così le persone. L'amicizia e l'amore sono un continuo compromesso tra cose che puoi accettare e cose che non riesci e anche qui il conflitto è continuo ed estenuante. Invece di remare contro quindi, si accetta, lo chiamano 'adattamento'. Ti abitui al fatto che alcune cose vanno bene e altre meno e godi di quelle belle, anche piccole, minuscole. Ho imparato anche che la serenità si nutre del poco, di sobrietà. Se hai quattro case da mantenere e manutenere hai il quadruplo di cose a cui pensare e forse il tempo bello che ci passi è inferiore a quello brutto in cui hai preoccupazioni. Se non hai macchine non temi che ti si rompano o le rubino. Insomma, gli OGGETTI sono in fondo un grande ostacolo al benessere. Bisogna quindi avere un lavoro che piace e possibilmente diverte, ampi margini di libertà per gli interessi personali, tempo per leggere e frequentare le persone che si amano, tempo per riflettere e personare senza passare sopra alle cose. Insomma, tempo. Il vero lusso. E poi la stabilità interiore, un minimo di autostima e una piccola quantità di denaro risparmiato per le emergenze. Mi ha profondamente colpita la storia di un barbone americano che sedeva agli angoli delle strade con un cartello davanti: 'I need nothing'. Se non è questa la felicità.....

sabato 25 giugno 2011

La sottile competizione tra amiche



Anche le migliori possono cadere nell'errore della competizione. Specialmente se entrambe hanno la stessa età e la stessa condizione di 'singletudine' e allora capita che una pensa all'altra e l'altra pensa...a se stessa. Non sono tutte generose le donne, le più insucure hanno bisogno di credere di essere le più ammirate e desiderate, raccogliere tutti i complimenti, salvo non saper distinguere quelli sineri da quelli strumentali. E allora così l'amicizia è zoppa, asimmetrica. Eppur succede e anche tra quelle che dichiarano immenso affetto ma nei fatti non muovono un passo per agevolarti. Per fortuna non ho bisogno di nessuno e so ben presentarmi da me, ma alla lunga questa situazione di monopolio mi ha fatto capire con chi ho a che fare e mi sono un po' raffreddata. La donna insicura non prevede che gli altri possano avere interesse nemmeno per i loro 'scarti' e questo è davvero il colmo. Quello non mi piace ma preferisco che sia solo piuttosto che con la mia migliore amica. Migliore? E questa è una amicizia? E' invece il seme della competizione che ho sempre rifuggito. E il veleno dell'invidia che la porta a portar discredito ad un amico comune purchè io non mi illuda che possa avere interessi ancorchè professionali. Profonda delusione umana e ancor di più di fronte al fatto che tutte queste energie spese nel 'divide et impera' non portano a nulla per sè, se non una ricerca continua di qualcuno che possa placare l'insicurezza. Qualcuno che riconosca che esista, perchè una donna da sola non può esistere. Tutto il contrario di quel che ritengo io, ossia che bastiamo a noi stesse tanto quanto i maschietti e che una relazione abbia senso solo se di qualità e non per status. Alla ricerca di una identità che ti dà solo l'essere accompagnata e sposata col risultato di non vivere degli anni bellissimi e rimanere in una costante attesa. E allora anche il mio attaccamento, che si alimenta di reciprocità, scende e declassa al livello di amicizia e buona conoscenza, ma l'aggettivo 'migliore' sfuma via. Perchè la migliore amica è quella che cerca te e non aspetta solo che sia tu a prendere una iniziativa per frequentarti. Se ha trovato compagnia migliore buon per lei, se non ho bisogno di un compagno per stare bene, figurarsi se ho bisogno di una amica in più o in meno. Il bello della mia condizione è la totale assenza di dipendenze affettive. Chi c'è c'è, chi non c'è...è uguale. Io ballo da sola e mi diverto un sacco.

venerdì 24 giugno 2011

The "popcorn brain"





Elena, il nome è di fantasia, è una giovane trentenne single che lavora in una multinazionale. Dal computer dell'azienda alla possibilità di connettersi in rete e andare su Facebook per mantenere alcuni contatti con gli amici anche durante le ore lavorative. Ma anche al ritorno a casa si connette con il portatile per svariate attività: postare qualche foto, inviare un simpatico tweet, mandare delle e-mail personali, eppure ci sarebbero molte altre cose da fare, più rilassanti, più piacevoli ma è come se il suo cervello avesse bisogno di una stimolazione costante e di comunicare sempre e ovunque. Gli scienziati lo hanno chiamato "pop corn brain” e riferiscono che il fenomeno è in crescita: anche persone che vivono nella stessa casa comunicano tra loro tramite chat, e si rimane in qualche modo mentalmente connessi la maggior parte delle ore di veglia. Purtroppo però i contatti tra persone in remoto stanno portando al singolare fenomeno di appiattire le emozioni e di non renderle più visibile sui volti: è difficile infatti interagire con uno schermo dove appaiono solo caratteri testuali. Inoltre le interazioni umane sono qualcosa che si apprende e sulle quali è necessario far pratica, quindi le amicizie sempre più virtuali hanno mostrato di impoverire le nostre capacità sociali. Anche gli esperti di dipendenza si sono accorti a loro spese che è molto difficile staccarsi dalle proprie estensioni tecnologiche, come se esistesse una vera e propria dipendenza dal BlackBerry. È sempre più difficile spegnere questi dispositivi anche quando si è in vacanza e ciò implica in buona parte l'impossibilità di staccare la spina veramente. Il direttore dell'Istituto nazionale sugli abusi americano spiega che questa stimolazione costante può attivare le cellule dopaminergiche nel nucleo accumbens, il principale centro del piacere cerebrale. Con l'utilizzo costante di queste tecnologie di comunicazione sembra che si stia verificando un vero e proprio cambiamento del cervello: uno studio condotto in Cina su 18 studenti di college che trascorrono circa 10 ore al giorno on-line, studiati con la tecnica della risonanza magnetica, confrontati con un gruppo di controllo che trascorre meno di due ore al giorno davanti al computer, hanno mostrato di avere una minore quantità di materia grigia che rappresenta la parte pensante del cervello. Gli esperti quindi stanno correndo ai ripari suggerendo consigli come il tenere il conto del tempo trascorso on-line in una sorta di diario e, quando ci si rende conto di esagerare definire il tempo massimo di permanenza on-line che non deve comunque superare due ore. Altra indicazione è quella di prendersi qualche minuto per guardare fuori dalla finestra un'attività apparentemente inutile ma che gli esperti dicono possa aiutare ad allenare il cervello a rallentare. Obbligarsi poi a vivere alcune ore liberi dal computer l'iPhone o il BlackBerry innanzitutto spegnendoli la notte e possibilmente tenendoli chiusi per almeno un paio di ore al giorno resistendo alla tentazione di verificare continuamente messaggi ricevuti. Se non si possono incontrare gli amici poi si può ricorrere alla cara vecchia telefonata, chiamando almeno tre amici ogni giorno con cui fare due chiacchiere e disintossicarsi dal computer. Il center for Internet and technology addiction ha messo in rete un test che può aiutarvi a determinare il vostro grado di dipendenza dalla tecnologia e indurvi a cercare dei rimedi per "staccare la spina".

venerdì 17 giugno 2011

Lasciatemi sognare...

Solo pochi giorni, poche ore, poi tornerò in me, poi tornerò la persona matura che sono e non vi inganni l'abito postato, non sono i fiori d'arancio il mio sogno, ma di essere una principessa si. E una principessa che si rispetti ha un abito voluminoso, l'aria radiosa e gli occhi trasparenti di gioia, proprio come me. Una luce che viene dal profondo, dalla speranza. Alle volte hai bisogno di una nuova occasione per cancellare un dolore o una delusione. E io vorrei riscrivere la storia. Non so se poi possono essere felici, ma contenti si e comunque ho deciso di lasciare che la vita mi sorprenda. Sto seguendo completamente il mio istinto, come forse solo alla mia età si può fare, perchè lo conosci bene e sai che ti puoi fidare. Quel che accadrà sarà accettato e accolto, qualsiasi cosa sia anche una delusione, ma avrò vissuto, e sognato e lo terrò nel cuore. E chi se lo aspettava?

giovedì 16 giugno 2011

Sempre più...libellula

Il che non vuol dire 'farfallona' ma 'leggera'. Mai stata in vita mia peraltro, sempre un macigno di pensieri, parole e opere. Invece ora, ormai sicura di me, posso svolazzare e creare cose nuove. Stabilizzata emotivamente e psicologicamente posso volare. Niente mi assomiglia come la libellula in questi anni. Poch che cresce e io che affronto le cose con un sorriso e la dolcezza, io che lascio correre, io che ho imparato ad aspettare che le cose accadano senza forzarle. Nel frattempo volo su un fiore di ortensia, passo ad annusare la lavanda, creo, la mente fertile di progetti ambiziosi e ricchi di ispirazione. Una primavera della mente. Ho aperto i cassetti dei sogni, li ho spolverati, lucidati e messi sul ripiano più illuminato per guardarli, non dimenticarli. Io mio sogno ha gli occhi scuri e profondi. Avevo dimenticato di avere dei sogni. Son tornati.

Senza etichette

Senza etichette nè definizioni, è la prima volta che in 40 anni riesco ad evitare di definire le cose ed ha un sapore nuovo, di grande libertà. Io la rigida, io l'implacabile, io l'integralista dei sentimenti. Eppur, probabilmente, si cresce ed ora va così, senza una meta precisa, senza un progetto, navigare a vista il che non significa senza un sentimento profondo. Libertà assoluta di gestirsi, come e quando, nessuno che si offende o che mette il muso. Libertà data dalla sicurezza dell'affetto e del rispetto. Il mio compagno di viaggio è persona assolutamente rigorosa, tutto d'un pezzo, mi affido, chiudo gli occhi e gli do la mano, mi lascio portare, dovunque lui desideri perchè so che il suo pensiero è farmi felice. Un legame destrutturato ma non per questo debole, al contrario. Un legame in cui si attraggono i simili, molto simili. Ti adoro e lo sai.

martedì 7 giugno 2011

Stati Uniti: una nazione medicalizzata



Per Alessandra il tutto è cominciato con un'insonnia. Nel 93 aveva problemi di coppia e il suo matrimonio non andava fatto bene. L'ansia la assaliva la notte così il suo medico di base le prescrisse delle pillole per dormire, i farmaci funzionavano benissimo Alessandra si sentiva rilassata e dormiva molto meglio, ma dopo alcune settimane iniziarono a insorgere nuovi sintomi. Inizialmente si sviluppò una bronchite e un'infezione polmonare così lo pneumologo le prescrisse un antibiotico ma durante la cura la donna accusò delle anomalie del ritmo cardiaco e si rivolse così ad un cardiologo che dopo alcuni test decise di somministrare un farmaco per l'aritmia. In aggiunta si svilupparono sintomi che resero necessaria una cura neurologica, innescando il ritorno dell'insonnia è una serie di disturbi che sfuggivano al controllo. Il tutto si tradusse in una temporanea disabilità che diede origine ad una forma di depressione. Un caso non del tutto raro, dove i medici che curavano la donna non si parlavano tra loro. Alessandra arrivò a spendere $ 900 al mese, assumeva 12 differenti tipi di farmaci per un totale di centinaia di pillole ogni mese. "Si era verificata una moltiplicazione delle prescrizioni" dice. Non è raro che i pazienti che ricevano prescrizioni multiple da differenti specialisti, ognuno focalizzato su uno specifico sintomo, ma ciò è potenzialmente pericoloso. Il primo rischio è quello di incorrere in una lunga serie di effetti avversi che si potenziano negativamente l'un l'altro. La Kaiser Family Foundation ha rilevato in un rapporto che l'uso di farmaci negli Stati Uniti continua ad aumentare e che il numero di prescrizioni è aumentato del 39% tra il 1999 il 2009 fino a raggiungere la spesa di 234 miliardi di dollari nel 2008. In media ogni americano assume almeno 12 farmaci diversi. La maggior parte dei farmaci inoltre vengono approvati per un uso singolo e quindi è impossibile predire quali effetti avversi possono manifestarsi dalla combinazione tra più molecole. È necessario allora allertare i pazienti sia dei rischi che dei benefici di alcune delle più comuni molecole somministrate. La maggior parte dei farmaci funziona benissimo ma troppe molecole possono interagire negativamente tra loro. Gli esperti suggeriscono di tenere una lista di tutti i farmaci assunti e di mostrarla al medico ad ogni visita. Alessandra si rese conto dell'effetto dei farmaci non solo dai sintomi ma anche dal proprio aspetto: la sua pelle era grigia, aveva dolori ovunque e la qualità della sua vita era crollata. Dopo circa 10 anni ha deciso di seguire un programma di disintossicazione e riabilitazione. Nella sua condizione, ci sono milioni di americani anche giovani.

giovedì 2 giugno 2011

Cervello di riserva o 'della riserva cognitiva'


Oggi vi voglio raccontare la storia di Suor Bernadette, che faceva parte di una ricerca effettuata da David Snowdon dell'Università del Kentuky nel 1986. In questo progetto di ricerca le suore appartenenti al convento delle School of Sisters of Notre Dame erano periodicamente sottoposte a dei test mentali, come ad esempio quanti animali riuscivano a ricordare in un minuto, quante monete contavano correttamente, ed altre test cognitivi.
Le suore furono seguite nel corso di molte molti anni e accettarono di donare il cervello alla scienza dopo la loro morte.
Suor Bernadette si rivelò un caso molto particolare: in gioventù si era laureata, aveva insegnato alle scuole elementari per 21 anni e alle superiori per altri sette. Dopo gli ottant'anni aveva superato brillantemente qualunque test cognitivo e a 85 anni morì d'infarto: come da disposizioni il cervello fu inviato in laboratorio per essere analizzato e a prima vista sembrava un encefalo in buona salute. Solo dopo ho l'analisi al microscopio il professor Snowdon scoprì che il morbo di Alzheimer era ovunque e le placche intasavano sia l'ippocampo che la neocorteccia e raggiungeva i lobi frontali mostrando che nella scala di gravità suor Bernadette raggiungeva il livello 6, considerato il massimo grado di malattia. Questo suscitò non poca sorpresa perché nonostante le placche di malattia, le sue funzioni cerebrali erano perfettamente conservate come se nel suo passato il cervello avesse trovato una protezione dalla demenza. Analogo il caso di un anziano professore di Londra soprannominato “lo scacchista”, che notò un un certo declino mentale: mentre da giovane riusciva a calcolare sette mosse del gioco in anticipo, con l'età anziana scoprì di calcolare in anticipo solo quattro mosse. Si rivolse allora l'Istituto di neurologia dell'University College di Londra e dopo una batteria di test per individuare la demenza e una TAC lo rimandarono a casa senza diagnosi di malattia. Quando qualche anno dopo il professore morì, l'autopsia rivelò che il suo cervello era pieno di placche e di aggregati di neurofibrillari tipici dell'Alzheimer: il professore era affetto da una forma di demenza senile avanzata, ma per anni non aveva mostrato alcun segno esteriore della malattia. Queste straordinarie scoperte, alle quali si sono aggiunti altri casi, hanno portato alla definizione dell'esistenza di una “riserva cognitiva” ossia la possibilità di funzionare nonostante la malattia. I dati furono confermati da uno studio di Robert Katzman che nel 1988 studiò un gruppo di anziani residenti in una casa di riposo. Un gruppo di pazienti, pur presentando delle lesioni istologiche tipiche della malattia di Alzheimer, erano funzionalmente e cognitivamente efficienti quanto quelli del gruppo di controllo. L'analisi di questi risultati, confrontata con i fattori di rischio quelli protettivi, hanno hanno mostrato che il maggiore fattore di capacità mentale extra è l'istruzione che offre una protezione generale nei confronti del cervello. Il che non gli impedisce di danneggiarsi, ma lo protegge dalle manifestazioni esteriori della malattia. Le ipotesi su come l'istruzione agisca e ancora ha poco chiara la giornalista ha americana Gina Kolata sostiene che l'istruzione insegna la gente a rimandare la gratificazione e quindi a rinunciare ad abitudini negative come un'alimentazione troppo ricca di zuccheri e grassi o al fumo. Personalmente invece sostengo che l'istruzione rappresenti una vera è propria palestra per i giovani neuroni che imparano a reagire agli stimoli e si allenano ad una plasticità che può essere recuperata in età anziana.
Uno scienziato del Columbia College di New York studiò e pubblicò la sua ricerca nel 1994 scoprendo che le persone che avevano studiato per meno di otto anni da ragazzi avevano una probabilità doppia di andare incontro alla demenza. Allo stesso modo funzionavano le attività stimolanti cerebrali quindi la scrittura la lettura, la ricerca, l'elaborazione di informazioni ma anche attività del tempo libero come passeggiare, far visita agli amici, diminuivano del 38% il rischio di ammalarsi di Alzheimer. Un altro studio a lungo termine ha fatto emergere che le persone che avevano un rapporto molto ricco con il loro ambiente godevano di un minor declino intellettuale in un lasso di 14 anni, al contrario di quello che accadeva con un gruppo di vedove che non aveva mai lavorato e che faceva una vita solitaria. Sembra quindi dimostrato che avere un'attività intellettuale vivace e una vita sociale intensa influisca sulle nostre prestazioni mentali e rappresenti una protezione per la vecchiaia.
Nonostante queste evidenze è possibile continuare a coltivare la riserva cognitiva perché ormai sappiamo che l'esperienza altera in positivo le funzioni e le strutture cerebrali. Ci si può allenare: impegnandosi in attività fisiche e mentali che prevedano un discreto livello di problematicità e difficoltà è possibile attivare la neuroplasticità. Per approfondire di consiglio la lettura del libro “I tuoi anni migliori devono ancora venire" edito dai tipi di Mondadori.

Due cervelli is meglio che uno...

Si chiama 'bilateralizzazione' ed è una delle più affascinanti scoperte del cervello adulto, di mezza età. Dopo decenni in cui si credeva che il cervello di mezza età fosse condannato ad un innarestabile declino, le più moderne ricerche e indagini di imaging cerebrale hanno dimostrato che le cose non sono affatto così. Lo spiega Barbara Strauch nel suo libro "I tuoi anni migliori devono ancora venire" (Mondadori) che ho letto tutto d'un fiato per capire cosa potrebbe succedere alle mie facoltà cognitive tra una quindicina d'anni. Ebbene, ad un certo punto sviluppiamo la capacità di utilizzare entrambi gli emisferi cerebrali per risolvere i problemi. E' come - dice l'autrice - sollevare una sedia con entrambe le mani. E' sintomo di abilità nel risolvere un problema e non una debolezza. Le ricerche inoltre hanno rivelato che sono proprio i cervelli più brillanti a usare questo espediente, quindi non ci limitiamo ad accettare passivamente non essere efficienti ma mettiamo in campo nuove facoltà usando al meglio quello che abbiamo. Prima delle tecniche di scamsione gli scienziati pensavano che anche il cervello 'andasse in pensione' attivando meno neuroni. Niente di così falso: quello che avviene è invece una iperattivazione, negli studi che prevedevano compiti analoghi svolti da giovani e anziani Cheryl Grady dell'Università di Toronto ha scoperto che i soggetti anziani svolgevano gli stessi compiti attivando più neuroni, ma soprattutto si attivava la potente corteccia prefrontale. Analoghi risultati si sono avuti quando a due gruppi (giovani verso anziani) è stato chiesto di imparare gruppi di parole e poi ricordarli. Come previsto, i giovani usavano solo il lato sinistro dei lobi frontali per apprendere e il lato destro per ricordare, mentre gli anziani attivavano entrambi gli emisferi per il compito complesso di riportare alla memoria. Visto che per svolgere un compito sarà necessario impegnare molte funzioni e altrettante energie, dovremo rinunciare al multitasking che già è stato rivalutato e considerato un fattore non poi così positivo.
Sono i cervelli più svegli, più allenati a studiare ed essere curiosi, che mettono in campo le risorse migliori: gli anziani che usano un emisfero per volta sono quelli con capacità cognitive più scarse e, si è scoperto che un fattore determinante è l'istruzione da giovani e l'aver continuato a studiare e leggere per buona parte della vita. Lo studio infatto crea una impalcatura di neuroni attivi e svegli che rimane come patrimonio per tutta la vita. Ad esempio è stato dimostrato che gli anziani bilingui mostravano un minore declino cognitivo in età avanzata. L'istruzione è quindi un fattore protettivo molto potente, è collegato a vita più lunga e alla protezione da molte malattie neurodegenerative, e influisce più della razza e del reddito, probabilmente perchè lo studio stimola i neuroni a reagire agli stimoli e allena la plasticità. Il resto? Lo racconterò in un altro post dove parlerò della straordinaria "riserva cognitiva".

La notte ti fa bella

Che una buona notte di sonno con le ore giuste facessero apparire più sani, in forma, attenti e ristorati si sapeva, ma i ricercatori del Karolinska Institute hanno fatto di più e hanno cercato conferma con uno studio scientifico. Non solo dormire abbastanza fa bene all'umore e alle prestazioni cognitive ma è il più economico ed efficace trattamento di bellezza. Hanno quindi arruolato 23 tra uomini e donne, li hanno fatti dormire 8 ore e fotografati. Nella seconda fase li hanno fatti dormire solo 5 ore e al risveglio li hanno di nuovo messi davanti alla macchina fotografica. Poi hanno selezionato 65 persone alle quali hanno mostrato le foto chiedendo di valutare quento fossero attraenti, stanchi, sani e riposati e se riscontrassero differenze tra le due foto. Ebbene, i soggetti che avevano dormito solo 5 ore apparivano nel 19% dei casi più stanchi, nel 6% dei casi meno sani e nel 4% meno attraenti. Sin qui non è roba da prima pagina di Science ma talvolta più che creme e sieri da centinaia di euro basterebbe mettersi sotto le lenzuola presto e concedersi il meritato riposo per avere una pelle tesa, un contorno occhi senza borse e un aspetto generale più attraente. Questo perchè con il giosto numero di ore i muscoli del viso hanno il tempo di rilassarsi, mentre la contrazione costante è responsabile di quelle che vengono chiamate rughe dimaniche. Inoltre la notte è il momento ideale per la rigenerazione dei tessuti anche grazie alla diffusione di sangue ossigenato nei tessuti facciali. Inoltre l'ormone della crescita che influenza anche la bellezza e i processi riparativi cellulari, segue ritmi circadiani e viene rilasciato preferibilmente durante la notte, attuando una azione di auto riparazione. Insomma, la notte ci fa belle e, se possibile, anche un sonnellino pomeridiano in un posto comodo, ombreggiato e silenzioso. Basta poco.

martedì 31 maggio 2011

Un 'movimento' pericoloso

Ai giovani piace il rischio e hanno endemicamente una minore percezione del pericolo. Oltre alla mancanza di informazione sull'HIV di cui non parla più nessuno, e alla nuova epidemia di malattie sessuali come la gonorrea, si aggiungono tutte le MTS che in un'epoca di grande libertà dei costumi non fanno che proliferare. Per questo apprendere dell'esistenza di un movimento 'no condom' è quanto meno sconcertante. Non si tratta di una posizione politica ma di un movimento che organizza festini a luci rosse dove la protezione è bandita. I seguaci si chiamano "barebacker" ossia i cowboy che cavalcano a pelo, senza sella e sostengono una ideologia. Cretina, direi visto che le più recenti evidenze scientifiche hanno mostrato che la semplice infezione del virus Papilloma è in grado di causare il cancro sia dell'apparato femminile che del pene e, non contento, di testa e collo (a causa dell'infezione che infetta dopo il sesso orale). Se i pionieri dei festini no condom sono stati i gay, ora la deriva si è estesa agli etero che poi tornano a casa e infettano di ogni batterio e virus l'ignaro partner. Oltre al danno, la beffa quindi. Il tutto condito con droghe che abbassano i livelli di inibizione anche conditi da alte dosi di alcol. Mi continuo a sorprendere del fatto che i giovani abbiano bisogno di così tanti rimedi malsani per divertirsi. Alla loro età a noi bastava un tuffo in mare a mezzanotte e l'amore clandestino alla luce di un falò sulla spiaggia. Alle brutte rischiavi una gravidanza indesiderata ma di bambini non si muore.

domenica 29 maggio 2011

Derive...cosmetiche: si trucca anche lui



Dopo aver postato su Facebook la mia indignazione relativa al fatto che anche gli uomini fanno la ceretta all'inguine ho scoperto che la deriva cosmetica maschile continua inesorabile. Sono state infatti create linee di mascara maschile con matita occhi per approfondire lo sguardo e copriocchiaie, saloni di bellezza specializzati dove lui può fare mani e piedi, smalti sbiancanti e naturali, anche se il signor Beckam ci ha abituati all'idea che lui faccia una capatina nel beauty case della moglie per mettersi uno smalto nero e si faccia poi fotografare. Sempre il nostro lui, non necessariamente gay ma sicuramente metrosexual si nutre a pranzo con barrette ipocaloriche proteiche che lo aiutano a mentenere i risultati faticosamente ottenuti in palestra e alle 16 mangerà uno yogurt arricchito di collagene magari insieme ad un integratore di vitamine. Marketing o reale deriva? Direi la solita creazione di bisogni: hai fatto tardi ieri sera? Mica ti puoi presentare al lavoro con quell'aria da cadavere. Ecco allora la crema rigenerante, il siero illuminante e perchè no, una crema idratante colorata e una spennellata di terra abbronzante. Medicina estetica e chirurgia plastica? Sdoganate, lui si fa spianare le rughe della fronte e riempire i solchi naso genieni. Fin qui, nulla di male, ma sull'uomo che mi dice: 'cara, aspetta un attimo, arrivo, finisco di mettermi il mascara...' una piccola riserva, si, ce l'ho.

sabato 28 maggio 2011

Eccelibro: L'amore dopo i 50

L'amore, l'intimità, il sesso, cambiano ad un certo punto? Al livello di quello che sembra essere lo spartiacque per entrambi i sessi, i fatidici 50 anni? Risponde la consulente di sessuologia Emma Chiaia nel suo ultimo libro edito per i tipi di Red! Un percorso in cui l'autrice ci guida verso la possibilità di inventare un modo di vivere e amare che non sia quello ormai obsoleto dei nostri genitori e dei nostri nonni. Loro, a 50 anni erano e si consideravano, anziani. Noi no anche perchè il concetto di 'crescita' ha sostituito quello di invecchiamento. Oggi ad esempio la menopausa non è più una condanna ma solo un cambio di status fisiologico che non preclude in alcun modo l'esistenza di una vita affettiva e sessuale piena e soddisfacente e forse, migliore. A cinquantanni molte donne sono al culmine della loro carriera o in procinto di sposarsi nuovamente, si vivono più esistenze, si moltiplicano le sperienze relazionali. E' la valutazione della propria età ad essere diversa. Giorgio Abraham parla della longevità come una vittoria, sia biologica che culturale, è il tempo di una nuova generazione di adulti che nessuno si sognerebbe di considerare vecchi. Chiaia osserva come i 50-60 anni siano però vissuti diversamente da uomini e donne: i primi possono smarrire il senso della propria identità, mentre le donne diventano più consapevoli e rilassate. Anche di questo bisogna tenere conto nell'assetto delle nuove relazioni. Età di bilanci?Non solo, anche di progetti e di amori nuovi. Certo, non mancano le paure, ma sono meno paralizzanti. Qui parlano le donne e gli uomini, le voci sono variegate: alcuni rinunciano al sesso, altri lo scoprono migliore, l'autrice indaga con discrezione il desiderio, il romanticismo ma anche il ruolo di una buona salute e dei nuovi farmaci che hanno migliorato la sessualitàmaschile ma che devono essere accettati anche dalle donne. Non voglio anticipare altro per lasciare il piacere di una lettura interessante e piacevole.

venerdì 27 maggio 2011

Le carenze affettive

Una persona che diceva di volermi bene un giorno ha tentato di ferirmi dicendomi che ho delle carenze affettive. E chi lo ha mai negato? La storia non si cancella, al limite si rimuove per andare avanti e crescere. Io le mie carenze affettive le conosco una per una ma, sai che c'è di nuovo, a 40 anni le accolgo, le coccolo, mi voglio ancora più bene. So benissimo cosa significa quando immolo la carta di credito da Vuitton per un portachiavi superfluo, so benissimo chi voglio al mio fianco. I miei amici sanno o forse non sanno ma intuiscono, tra la sicurezza intravedono le fragilità e le accolgono con pazienza, dedizione a amore. Sono rigida, severa, ossessiva e chi lo ha mai negato? Anzi, queste caratteristiche mi hanno salvato la vita, sono state la mia reazione personale al caos, al disordine, all'evanescenza, all'indifferenza. Io che ho trovato il parquet viola per la prossima casa, e quello sbiancato perchè nella mia casa, il mio rifugio, sia tutto pieno di luce e inondato di sole. Io che nonostante tutto, soffro in silenzio per l'indifferenza e le ingiustizie e divento furiosa per due parole non dette 'scusa' e 'grazie'. Eppure ci vuole così poco.... basterebbe amare. E ilproblema di chi non mi ama non è che ama troppo se stesso ma proprio che non si ama affatto. Perchè per amare e accettare gli altri devi essere indulgente con te stesso e allora puoi accettare ed, eventualmente perdonare. E quindi, le mie carenze affettive sono come crepe in un vecchio muro che riempio di fiori e profumi, di pastella con cui friggere le zucchine e la salvia, ascolto e comprensione,silenzio e arrabbiature perchè qualcuno che amo ha subito un ingiustizia. Ciò che mi è stato tolto mi è stato ridato in altra forma, i miei numerosi amici, le persone capaci di vedere oltre la mia borsa firmata nella quale ho riposto anche il mio dolore, perchè lo porto con me, per non dimenticarlo.

lunedì 23 maggio 2011

Stacca la spina













Mi hanno dovuto staccare dalla terraferma per far si che il cervello si allontanasse dalle rogne, dalla quotidianità, dalla lentezza delle cose che non si risolvono...l'esperimento è riuscito perfettamente complice una organizzazione perfetta, un luogo perfetto, una compagnia perfetta. Per il resto ho riempito gli occhi di colri di parei e caftani, le narici del profumo di centinaia di fiori, la mente di muri stuccati di bianco e tavoli di tex. Acqua cristallina e una piscina termale calda hanno sciolto definitivamente le mie tensioni. Abbiamo mangiato, bevuto, riso, parlato, passeggiato in silenzio, siamo stati abbracciati, oppure aggrappati. Tutto il resto, oltre l'isola, non esisteva. Tornare? Una fatica assurda, ancora oggi ho i neuroni a mollo, tipo boa nel golfo di Napoli, qualcuno li salvi, poveretti..o anzi no, lasciateli là, galleggiano così bene...e che strana sensazione, il mare profumava e c'era odore di reti.







martedì 3 maggio 2011

Ascoltare...

Mi piace ascoltare le persone, parlare con le persone che stimo e imparare da loro. Non abbiamo tutte le risposte, talora (spesso direi) è necessario ascoltare come si sono regolati gli altri e imparare dal loro esempio. In ordine di tempo, l'ultima ad impartirmi una preziosa lezione è stata la Celeste che ci è già passata e che è riuscita a trovare un equilibrio, a soffrire di meno, ad accettare. Ecco, il problema, accettare che gli altri siano fatti diversamente, abbiano esigenze differenti, priorità che non si sposano con le nostre. Ho imparato - lentamente - che non posso applicare il mio pensiero alla vita degli altri e che ciascuno può e deve vivere come meglio gli aggrada. La mia tendenza a sistemare tutto non va proprio bene, o meglio, va bene per me ma non necessariamente per chi mi sta vicino. Quindi ci sta che non sono stata ringraziata per uno sforzo fatto che nella visione dell'altra persona era superfluo, quasi inutile. E quindi non puoi ringraziare una persona per qualcosa che per te non è importante. Mi sono delusa inutilmente quindi. Devo accettare e ingoiare il rospo più grande, ossia che la genetica, nel mio caso, non abbia messo nulla in comune, che le visioni delle cose tra me e chi mi ha generata siano totalmente opposte. Non incompatibili, ma non si toccano, non si sfiorano. Io ordinata, puntuale, meticolosa, lei caotica. Non c'è punto di incontro. Crescere vorrà dire prendere atto delle differenze. E sapere che se faccio qualcosa è per una MIA esigenza e non per la SUA. Apprendo, metabolizzo, elaboro e imparo, lentamente, ma imparo. Celeste dice che è così, il processo è lento e talora infinito, perchè ognuno si modifica. Io soffro per la mancanza di controllo su alcuni aspetti, ma mica sono Dio, devo imparare a mollare il colpo e farmene una ragione. Magari sono io che ho il modello di vita sbagliato. Ognuno quindi, da oggi, vive l'esistenza che meglio crede. Da adulti...e vaccinati.

giovedì 28 aprile 2011

Timer per i dentini e non solo...



Partiamo dal presupposto che non mi faccio una ragione del fatto che siamo capaci di fare vacanze nello spazio ma che ci dobbiamo spazzolare i denti tre volte al giorno almeno. Ossia che non sia stato inventato un lavatore laser, apri la bocca tre secondi e hai i denti perfettamente puliti per 8 ore. E poi mi venite a parlare di innovazione, bah. Dico questo perchè detesto lavarmi i denti e lo faccio per puro senso del dovere e senso della parcella del dentista. Lavarmi le mani invece è un must, appena rientro da fuori una bella saponetta (quelle naturali alla cera d'api di Apiarium) e il piacere dell'olio essenziale di rosmarino che si spande nell'aria è un piacere assoluto. Ma torniamo a noi, il fatto è che non basta lavarsi i denti ma è necessario farlo con tutti i crismi e soprattutto per un determinato numero di minuti. E qui sorgono i problemi perchè figurati se sto a contare e non ho mica la clessidra in bagno. Se è una rottura per me immaginiamoci per i nostri bambini (mia figlia ad esempio li lava solo se li lavo anche io, meccanismo imitativo puro). Ci hanno allora pensato gli americani con questo semplice e accattivante dispositivo, un timer che misura la durata di lavaggio di mani e denti. Spingi il pulsante, spazzoli o strofini sino a che un cicalino ti avvisa che il tempo sufficiente è trascorso e via al prossimo appuntamento con lo spazzolino. Due minuti per i denti e almeno venti secondi per le manine (anche le mie). Lo ordino su internet, non credo di poterne fare a meno.

mercoledì 27 aprile 2011

Eccelibro: Non solo sesso

Lo ha intitolato "Non solo sesso" perchè probabilmente, vuoi o non vuoi, non è mai solo sesso. Ci mettiamo qualcosa di personale e intimo anche quando è più ginnastica che altro. Il sesso è un meccanismo più raffinato di ciò che crediamo e con maggiori implicazioni psicologiche. Ce ne racconta alcuni aspetti la dottoressa Maria Malucelli snocciolando storie di pazienti che le hanno confidato aspetti, anoressie e perversioni nel corso delle proprie analisi. Il sesso, a me pare, sia sempre più fonte di stress, ormai relegato ad una prestazione e non più ambito di scambio relazionale e intimità. In realtà a letto ci si potrebbero scambiare informazioni importanti, silenziose ma profonde. Ci si può amare o divertire, questo non importa, purchè sia scelto e consapevole. E invece non tutto è così facile e liscio e sul sesso, che dovrebbe essere così 'naturale' e istintivo possono naufragare relazioni solide. Bisogna allora conoscersi di più. Il libro di Malucelli che è una donna solare, brillante e intelligente, rispecchia proprio il suo stile, scientifico ma non tedioso. Libro che consiglio anche solo per sbirciare in una realtà molto affascinante come quella dell'attrazione che deve tornare ad essere ambito di serenità e benessere.

martedì 26 aprile 2011

Elogio dell'astinenza

Prendo spunto da un articolo di Maria Luisa Agnese sul blog del Corriere La 27ma ora (chiedendomi dove siano finite la venticinquesima e la ventiseiesima) sulla ritrovata astinenza delle trentenni che affermano 'meglio sole che male accompagnate'. Non mi potrebbero trovare più d'accordo, anche perchè molte sono quelle che hanno provato, riprovato, consumato ossessivamente corpi e relazioni senza mettere spazi di riflessione tra una e l'altra. Senza capire cosa era giusto e cosa si era sbagliato, salvo poi intuire che eranecessario un momento, più o meno lungo di riflessione. E non si riflette bene se si è impegnati a saltare da un letto all'altro o anche nello stesso letto. Ci va che ci sia dello spazio anche del corpo, del tempo di riposo e di coscienza. Insomma, le donne sembrano reagire all'abbuffata con una sorta di nausea - sana - nei confronti di un atteggiamento maschile sempre più predatorio (finchè c'è la promessa del sesso, perchè dopo, a cose serie, la fuga è pressochè istantanea). Dopo alcuni anni di frequentazioni fast grazie a siti di incontri online le ragazze (e le donne) si sono rese conto che qualcosa è cambiato. Sono cambiati i maschietti (che credevano di essere in un supermercato di sesso e incontri gratis e inesauribili) e sono cambiate le ragazze che hanno mangiato la foglia e sono rimaste nauseate dalle frasi trite come 'dolce notte' e le richieste di numero di telefono dopo due minuti di chat. Forse le donne hanno cominciato a ricordare quello che le nostre nonne sapevano bene e che le nostre mamme ci hanno ricordato sino a consumarsi le tonsille: gli uomini vogliono, dapprima, solo quello e solo se non glielo concedi hai una sia pur minima possibilità di avere qualcosa di più. Il cervello maschile non poteva infatti evolversi nell'arco di un cinquantennio. Il meccanismo è il solito: tu scappi, lui ti insegue, tu cedi, lui ti molla. Semplice e dolorosamente vero. Se per un certo periodo le ragazze hanno provato a comportarsi da uomini usando gli stessi schemi si sono rese conto che la cultura si può modificare ma la natura, beh, no. E allora ecco un periodo di riflessione dove le conquiste femminili sono messe - era ora - a frutto. Donne che scelgono di vivere sole, sole con figli, sole con gatti, sole felicemente. Mele complete e non solo a metà che trovano piacere nella compagnia di amici e non hanno la schiavitù fisiologica o psicologica dal sesso. Una astinenza creativa e come dice un mio giovane amico: 'da quando non sono più in coppia faccio il triplo delle cose, ho maggiori soddisfazioni, produco di più e meglio, ho una visione allargata del mondo'. E in caso di bisogno, annunci disperati su Facebook: l'ultima volta che ho avuto una crisi di nervi, si sono presentati a casa in tre, tra amici, amiche, ex amori, tutti con un corollario di coccole e dolcetti consolatori. Io sto.

giovedì 21 aprile 2011

Il testosterone? Cura il diabete



La notizia mi ha un po' presa alla sprovvista ed ho dovuto rileggere l'articolo un paio di volte prima di raccapezzarmi. Volevo capire se il link tra le due cose fosse davvero attendibile, oppure fosse l'allargamento di una indicazione ad un settore più vasto e redditizio. Lasciando ai posteri l'ardua sentenza - i quali, poveretti, avranno il loro bel da fare - ecco la news: l'applicazione di testosterone in gel ha mostrato di essere in grado di migliorare i parametri dell'insulino-resistenza negli uomini che hanno un basso livello di questo armone nell'organismo. L'applicazione del farmaco ha mostrato di abbassare il livello di colesterolo nel sangue e, ovviamente, di migliorare le prestazioni sessuali. Una applicazione al giorno migliorerebbe il diabete di tipo 2 e la sindrome metabolica, come dimostrato da un trial condotto su 220 uomini di mezza età e anziani e ora pubblicato sulla rivista Diabetes Care.

La ragazza del the













Ebbene, confesso, adoro stare tra tazzine e piattini, decorare la tavola, preparare biscotti che diffondono il loro profumo per tutta la casa, alla cannella, allo zenzero oppure arancia e cioccolato. Sono la ragazza del the, purchè tutto sia perfetto e le amiche - del the anche loro - siano deliziate e sedotte da tanta accuratezza. La mia è una dipendenza dal bello, dal dettaglio, dal colore. Ho due mensole dove le mie adorate panciute fanno sfoggio di sè come tante manequin ben vestite. Mi piace ricevere, accogliere, adoro che la mia casa sia un luogo di chiacchiere informali e spesso intime, dove consolare e poi sbottare in risate fragorose perchè davanti ad una buona tazza di the e e con il calore delle persone che ami, tutto si ridimensiona.







venerdì 15 aprile 2011

Eccelibro: Etica oggi


Una breve ed efficace panoramica sui più importanti problemi di bioetica del nostro tempo, sono quelli che la filosofa italiana (ma ormai francese di adozione) Michela Marzano elenca nel suo ultimo libro: "Etica oggi". Dall'etica del corpo e di chi può decidere su di esso alla questione animale e all'etica della guerra con la scomoda domanda: 'può esistere una guerra giusta?'. Dalle questioni della fecondazione eterologa e la nuova definizione di paternità alla polemica sugli OGM.

Nonostante Marzano non goda della mia simpatia umanamente (in una trasmissione in diretta rispose piccata al conduttore che l'aveva citata come 'dottoressa' un poco elegate 'professoressa prego!') trovo che questo testo, che ha il tocco professionale di un editore di tutto rispetto come Erickson, abbia il dono di essere sintetico ed esauriente nel porre le questioni. Ovviamente non poteva, per ragioni di spazio, contenere anche le risposte alle più spinose questione di bioetica moderna, ma la panoramica è onesta e soprattutto obiettiva. Conclude con i capitoli a mio parere più interssanti: uno sulla morale sessuale contemporanea (mai tema fu più azzeccato) e della moralizzazione del lavoro unita alla corsa alla responsabilità sociale delle imprese. Quindi, ritengo che per chi voglia avere una idea dei temi più spinosi della bioetica e dell'etica in generale questo sia un ottimo punto di partenza e quindi ve lo consiglio.

Eccelibro: Manuale di sopravvivenza energetica


Andrea Mameli è un bravo e brillante fisico di Cagliari che ha appena scritto un prezioso Manuale di Sopravvivenza Energetica per i tipi di Scienza Express (editore da tenere d'occhio) e di cui mi onoro avere l'amicizia su FB. Vivere, questo è il principio, presuppone consumare risorse ed energia. Un costo per l'ambiente. Una serie di azioni automatiche che riteniamo ormai insignificanti ma che lasciano una 'impronta ecologica' sull'ambiente. In questo testo agile ma molto ben documentato Mameli si prende la briga di analizzare i più comuni consumi energetici delle nostre case e della nostra esistenza, valutare quanto ci costano e suggerirci un a alternativa più sostenibile. Ma fa anche di più, rafforza infatti l'equazione che insieme all'ambiente si possa tutelare anche il portafoglio calcolando che, mettendo in pratica tutti i consigli del libro, si possa arrivare a risparmiare sino a 1000 (mille) euro l'anno. Per lasciare una impronta più leggera, per condividere una nuova cultura che lasci un'eredità anche ambientale ai nostri figli che potranno, speriamo, trasmettere ai loro nipoti. Una delle osservazioni più nuove e interessanti è che anche le case vuote, disabitate o inoccupate per molte ore al giorno consumino a nostra insaputa cifre rilevanti. Meditate gente e poi mettete in pratica una serie di azioni semplici ma efficaci. E bravo Andrea!

Perchè no

Sento l'odore nelle narici, zagara, reti consumate, salmastro, alghe seccate dal sole, sandali aperti, l'odore della pelle baciata dal sole. Lunghe passeggiate quasi senza meta, lunghe chiacchierate seduti su un muretto, tu dietro di me, mi cingi la vita, guardiamo dalla stessa parte. E poi gelato e risate e un pescetto, perchè sono a dieta e ci tengo ad essere la più bella. Mi isso sui sandali di Fendi, quelli col tacco altissimo. Ti supero ma a te piace avere accanto una stangona bionda con un abito di seta. Mi poggi il tuo golfino di cachemere sulle spalle mentre passeggiamo, due miliardi di stelle si specchiano e si tuffano in acqua. Erano anni che non vedevo la schiuma del mare...mi tolgo i sandali, metto i piedi in acqua, hai quasi paura che mi raffreddi. Mi stringi. Mi baci, la bocca, i capelli, la fronte, gli occhi.

lunedì 11 aprile 2011

Alla ricerca dell'imperfezione...


Sono incredibilmente attratta da un dettaglio imperfetto sul volto delle persone attraenti. Le donne più belle che apprezzo sono quelle dal volto asimmetrico, dal dettaglio inconsueto, dall'imprevisto che dà fascino all'insieme.

Faccio alcuni esempi: lo strabismo e il diastema di Loren Hutton ne fanno per me una delle donne più affascinanti del pianeta, il viso allungato e gli occhi vicini di Kim Raver e di Alessandra Ambrosio che non ha impedito loro di diventare una splendida attrice la prima e una super model la seconda. E poi il neo di Marilyn e di Cindy Crawford e via discorrendo. La bellezza assoluta e regolare invece mi annoia, preferisco qualcosa di inaspettato che dia un'emozione, che faccia palpitare il cuore e i sensi. Così i volti non perfettamente simmetrici, fuori dei canoni della sezione aurea che trovo molto sensuali. Insomma, ho i miei gusti. Non a caso gli uomini della mia vita non erano belli in senso classico ma molto fascinosi, anche se la bellezza maschile ha per me una importanza relativa, mi colpisce di più la postura, il gesto, l'eleganza. L'uomo troppo bello è noia, no, non ho detto gioia, ma noia noia noiaaaaa

Ricerca: i soldi non danno la felicità, la bellezza...si


Dunque, inziamo col dire che lo avevamo intuito, ma che una ricerca dell'Università del Texas ha confermato come le persone belle siano più ricche e felici di quelle che non lo sono. Il campione di 25mila persone in tutto il mondo è abbastanza attendibile e il risultato è molto semplice: le persone attraenti hanno benefici anche in termini economici anche se non vale il contrario ossia le persone ricche non sono necessariamente più belle (anche se potrebbero accedere a tecniche di chirurgia plastica o medicina estetica). I vantaggi dell'essere belli (a parte il rischio che ti tirino delle pietre i soliti invidiosi) sono numerosi e legati l'uno all'altro: i belli riescono più spesso a fare il lavoro che amano e quindi guadagnano di più, inoltre attraggono persone potenti e quindi ricche oppure persone belle a loro volta che massimizzano il beneficio delle maggiori entrate. I coniugi Beckam sono un piccolo ma significativo esempio, belli e ricchi, lui fa il calciatore e lei probabilmente non sa fare nulla, ma ci ha costruito su un impero.

Nello studio texano sono state intervistate migliaia di persone e interrogate sul proprio livello di felicità e messo in relazione con l'aspetto estetico, mostrando come il 15% delle persone più attraenti della media fosse più felice di quelli brutti ma anche di quelli nè belli nè brutti. Una felicità che nasce in parte dalla fiducia in sè, dall'autostima e dal fatto di ottenere più facilmente ciò che si desidera. Che la bellezza sia un valore sociale è ben noto. Io non sarò proprio una top model ma faccio la mia figura, testimoniato dal fatto che un bell'uomo dagli occhi celesti mi ha portato la valigia in aereo e poi giu sino all'auto. Cosa che se mi fossero mancati gli incisivi anteriori non avrebbe di certo fatto, o almeno non con lo stesso piacere. Personalmente trovo la bellezza gratificante, non la mia, ma guardare le cose belle mi appaga, un fiore straordinario, un bal bambino, un paesaggio, un palazzo antico, insomma, la bellezza riempie l'anima di armonia. Non si può negare. Poi, va coltivata insieme alla personalità per non far si che sia solo un contenitore vuoto, ma è un vantaggio, lo dicono anche gli scienziati. Ma attenzione, funziona solo con la bellezza autentica e naturale, quella costruita sul lettino del chirurgo o del medico estetico non ha lo stesso effetto.

Il seducente artigianato del cappello...


http://www.galliaepeter.it/ da Gallia e Peter non solo cappelli……… Gallia e Peter, storica modisteria milanese, apre la nuova sede in via Moscova 60 con una mostra di antiche forme in legno dal suo archivio ripensate da Laura Marelli e Francesca Norsa. Affascinanti memorie del passato si trasformano in raffinati oggetti per la casa che accompagnano la nostra vita: così la bombetta di legno diventa un porta- pipe per lui e la forma per cappello a tesa sarà "vestita" con i ricordi di un momento speciale... Vi aspettano dalle 11 alle 20 nella nuova sede di Via Moscova,60 20121 Milano Tel. 02 76002628

domenica 10 aprile 2011

2 milioni di italiani che non bevono acqua...


Il 5% degli italiani, circa 2 milioni di persone di età compresa tra i 18 ed i 64 anni, non beve mai acqua!!! Il corpo umano, infatti, è composto in media dal 60% di acqua, con una percentuale che varia a seconda dell’età, passando dal 75-80% nel neonato al 40-50% nell’anziano, con maggiore concentrazione nei tessuti a più alta attività metabolica quali cervello (85%), sangue (80%), muscoli (75%) cute (70%), tessuto connettivo (60%) e ossa (30%). Il tessuto con il minor quantitativo di acqua è quello adiposo, con il 20%. I soggetti obesi, quindi, hanno una percentuale di acqua inferiore a quella delle persone normopeso, a differenza degli atleti con buona muscolatura. Eppure l'acqua serve a mentenere l'organismo in buona salute e a prevenire alcune patologie: lo ha sottolineato nel Consensus Paper “Idratazione per il benessere dell’organismo” presentato oggi a Milano e sviluppato con il contributo scientifico del Prof. Umberto Solimene, Direttore della Scuola di Specializzazione in Idrologia Medica/Medicina termale all’Università degli Studi di Milano, e dal Prof. Alessandro Zanasi, Idrologo e Docente nella Scuola di Specializzazione in Malattie dell'Apparato Respiratorio della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Bologna. Con l'obiettivo di raccontare le differenti funzioni che l’acqua svolge nell’organismo incidendo sulla salute ed il benessere dell’individuo, conoscenze supportate da studi nazionali ed internazionali e che svelano le innumerevoli proprietà salutari di questa risorsa spesso sottovalutata. Una corretta idratazione è fondamentale per il naturale svolgimento delle reazioni biochimiche e dei processi fisiologici che assicurano la vita. L’acqua, infatti, è coinvolta in una serie di funzioni fondamentali per la vita, dal trasporto dei nutrienti alla regolazione del bilancio energetico, svolge una funzione detossicante e regola la temperatura corporea e l’equilibrio idrico. “Utilizzata come bevanda oltre a svolgere una funzione dissetante senza alcun introito calorico, favorisce i processi digestivi, è fonte di sali minerali e svolge un ruolo importante come diluente delle sostanze ingerite, inclusi i medicinali – ha sottolineato il Prof. Solimene – Coloro che non bevono alcun tipo di acqua sopperiscono a questa cattiva abitudine alimentare assumendo bevande caloriche che, a medio e lungo termine, possono avere conseguenze negative sulla salute quali diabete ed obesità. Quando il bilancio idrico si fa negativo si parla di disidratazione, letteralmente cattiva idratazione. Possono risultare gravi per l’organismo umano bilanci anche moderatamente negativi di acqua. Una diminuzione dell’acqua totale corporea del 2% del peso del corpo, ad esempio, è già in grado di alterare la termoregolazione e influire negativamente sul volume plasmatico, rendendo il sangue più viscoso e limitando l’attività e le capacità fisiche del soggetto: il cuore si affatica e può insorgere, nei casi estremi, il collasso cardiocircolatorio. Con una diminuzione del 5% si hanno crampi; una diminuzione del 7% del peso del corpo può provocare allucinazioni e perdita di coscienza. Perdite idriche vicine al 20% risultano incompatibili con la vita. “E’ bene ricordare che l’assunzione giornaliera varia notevolmente per i singoli e tra gruppi – ha chiarito Solimene - Per gli sportivi, ad esempio, la quantità di acqua necessaria va definita in base al tipo di attività svolta, alla durata e alle condizioni climatiche: si va da 1 litro e mezzo a 3 litri al giorno. Per un individuo sedentario il quantitativo necessario va da circa 1,2 litri fino a 2,5 litri. Chi svolge attività fisica e vive in un ambiente caldo, invece, deve quotidianamente bere circa 6 litri di liquidi, quantità che cresce se svolge un’attività intensa.” Ci sono poi alcuni soggetti per cui l’acqua è particolarmente importante come le donne in gravidanza, in cui una buona idratazione è essenziale per assicurare l’omeostasi dei due organismi, e i bambini nei quali il giusto apporto di liquidi incide sullo sviluppo dell’organismo. Secondo i dati Eurisko, il 34% degli italiani beve esclusivamente acqua minerale, il 13% della popolazione predilige l’acqua potabile, mentre il 48% le beve entrambe, a seconda delle occasioni. Le principali ragioni di scelta dell’acqua minerale sono il potere dissetante (40%), il gusto (36%), la sicurezza (27%) a parità del potere diuretico. 24 persone su 100 ne riconoscono, infine, i benefici per la digestione e 23 su 100 la leggerezza. Tra coloro che consumano acqua potabile spicca quale principale motivazione la facile reperibilità, soprattutto per il consumo in casa, l’economicità e il buon sapore. Non emergono riconoscimenti specifici legati ai benefici per la salute. L’acqua che beviamo deve essere di buona qualità, igienicamente sicura e presentare caratteristiche organolettiche gradevoli per indurci a bere. In Italia l’acqua comunemente distribuita dai rubinetti è mediamente soddisfacente e sicura; tuttavia la sua qualità ed il suo sapore possono variare da luogo a luogo come conseguenza delle condizioni dell’acqua greggia e dei trattamenti che subisce. Inoltre l’acqua in bottiglia ha il compito esclusivo di essere utilizzata come bevanda, presentando caratteristiche peculiari, quali una costanza di composizione nel tempo, una purezza originaria, il non essere sottoposta a interventi di potabilizzazione ed effetti salutistici, riconosciuti dal Ministero della Salute e legati al contenuto di Sali minerali. Un esempio è rappresentato dalle acque bicarbonato-calciche per le quali numerosi studi hanno dimostrato la capacità di rispondere al fabbisogno di calcio dal momento che presentano una biodisponibilità di calcio pari, se non superiore, a quella dei latticini.”