martedì 29 aprile 2014

Nella storia dei senzatetto un trauma... cranico.

Siamo abituati a pensare ai senzatetto come a persone 'contro' che hanno voltato le spalle alle regole della società o che sono state particolarmente sfortunate e magari non in grado di reagire alle avversità. Forse si, forse no, forse ogni storia è a sè, ma una nuova ricerca scientifica ha gettato una luce nuova su questo fenomeno che interessa tutti i paesi occidentali. Nella storia del 45% degli homeless i ricercatori del St. Michael's Hospital di Toronto hanno riscontrato un trauma cranico o un evento che ha determinato una commozione cerebrale. Gli studiosi hanno somministrato un questionario ad un campione di 111 senzatetto e hanno raccolto storie di aggressioni, botte, traumi da sport, incidenti automobilistici o di moto sino a cadute accidentali nell'infanzia. 
Traumi che ad un certo punto hanno determinato un cambiamento nella personalità di questi soggetti che iniziano un decadimento cognitivo e della capacità decisionale con perdita del lavoro e della famiglia. Cambiamenti nel comportamento che seguono un copione negativo in cui la perdita di ogni sostegno sociale porta alla incapacità di sostenersi economicamente. La strada poi, fa il resto nel contribuire al degrado. 
Lo studio è interessante perché suggerisce che queste persone avrebbero bisogno di un aiuto medico e sociale più specialistico e che potrebbero quindi essere 'recuperate' e aiutate a tornare ad una vita normale, in secondo luogo getta una luce nuova sul monitoraggio dei traumi cranici che dovrebbero prevedere un monitoraggio a lungo termine. Altri studi hanno confermato la correlazione tra incidenti alla testa e comportamento deviante: una ricerca pubblicata su Journal of Adolescent Health ha rilevato che la metà dei minori residenti negli istituti penali di New York ha una storia di traumi cerebrali (noti nel mondo scientifico col termine TBI's). Altra ricerca, altra categoria: i veterani militari nella cui storia ci sono stati colpi violenti alla testa, mostrano una maggiore predisposizione al suicidio. 
Occorre rileggere quindi la storia dei senzatetto in una luce nuova, considerandoli non degli emarginati per scelta o per incapacità ma dei pazienti abbandonati che potrebbero essere tolti dalle loro tristi condizioni di vita con tentativi di inserimento in case famiglia e strutture protette. 

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