giovedì 8 marzo 2007

Morire di che....


Faccio la giornalista scientifica da diversi anni e mi confronto ogni giorno con numeri, statistiche, tassi di prevalenza e incidenza delle malattie. Trentamila americani ogni anno muoiono a causa della rottura di un aneurisma dell’aorta. Tredici milioni di americani soffrono di diabete e moriranno nei prossimi anni di complicanze cardiovascolari. Per non parlare di cancro, incidenti sul lavoro, stradali, domestici, traumi, malattie infettive e chi più ne ha più ne metta. Ovviamente per alcune malattie sono maggiormente a rischio gli ultrasessantenni, anche se l’aspettativa di vita progredisce senza sosta. Attentano inoltre alla sopravvivenza radicali liberi che innescano danni alle celllule e al loro DNA, cattivi stili di vita, dieta scorretta, iperalimentazione, scarso esercizio fisico. Ciononostante la vita continua ad allungarsi, anche se non sappiamo ancora se alla effettiva durata della vita corrisponda la qualità della vita, giacchè vivere in un fondo di letto, in lussuose residenze sanitarie, oppure soli, abbandonati con le capacità mentali e cognitive a pezzi non equivale certo ad una sopravvivenza dignitosa.
Gli scienziati intanto studiano i meccanismi della senescenza, perché invecchiamo? E come potremmo intervenire per evitarlo? Potremmo intervenire sui geni, oppure bloccare la morte programmata cellulare, riprogrammare i mitocondri, curare qualsiasi malattia o accidente vascolare iniettando le cellule staminali, oppure inserendo geni sani al posto di quelli malati. E’ la scienza, bellezza, e tu non puoi farci nulla. Il progresso non si può fermare. Ma mi domando, di qualcosa dovremo pur morire, no? Giacchè la morte naturale è privilegio per pochi.

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