venerdì 17 luglio 2009

Venerdi 17 contro la superstizione

Il convegno di Piero Angela. Iscriversi è facile: rompere uno specchio, passare sotto una scala o versare il sale

NAPOLI — Oggi venerdì 17. Buona giorna­ta a tutti. Qualcuno accenna gesti strani con le mani? Ebbene sì, questa per i superstiziosi è, dalla notte dei tempi, l’accoppiata infame del calendario. I più inveterati si tappano in casa, qualche altro, appena meno pauroso, cammina strisciando contro il muro per evita­re incontri che portano sfiga. I più incalliti, invece, si rifugiano nel lotto e tentano l’ambo o, a Dio piacendo come si dice in gergo, il ter­no. Due le giocate più frequentate: 17 e 71 con la tecnica del numero vertibile; e 7- 9-17 dove 7 è il mese, 9 sta per 2009 e 17 è il gior­no. Abbiamo chiesto al gestore di una ricevi­toria se la dea bendata incoraggia questi ten­tativi, ma la risposta è stata respingente: «Molto raramente, e i giocatori lo sanno». È il retaggio di una cultura superata, si usa dire nei circoli intellettuali dove non è concesso farsi pescare in odore di peccato, ma certe cre­denze — nonostante la cultura digitale sia en­trata nelle case e, forse, nella mentalità — al­cuni comportamenti sono difficile da spianta­re.
Parliamo per esempi, così si riesce a esse­re più convincventi. Se il «Petisso» Pesaola fosse ancora un allenatore in attività, indosse­rebbe, giurateci, il mitico spelacchiatissimo cappotto di cammello beige che, a suo dire, gli ha portato tanta fortuna; e «Rosetta» Iervo­lino, se Napoli avesse, si fa molto per dire, la possibilità di aggiudicarsi la Coppa America si presenterebbe al sorteggio stringendo an­cora tra le mani un corno magari donatole dal governatore Bassolino che lo considera un oggetto cult. E ci sarà sempre un politico che, come il nuovo sindaco di Battipaglia Gio­vanni Santomauro, rifiuterà di occupare la stanza dei suoi predecessori perchè possedu­ta dal demonio. Ora, sarà un caso, ma anche la riunione della giunta regionale — che «sto­ricamente » è indetta per il venerdì — è stata anticipata a ieri sera alle 21.30. Sarà stato per evitare il venerdì nero? Una brutta gatta da pelare al Sud come al Nord dove, forse, sono ancora più di coccio. E allora il mai domo Piero Angela — incorag­giato da Carlo Rubbio, Umberto Eco e Rita Le­vi Montalcini — è sceso in campo e ha creato le premesse per costituire il Cicap (Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale), che ha indetto per oggi la pri­ma «giornata contro la superstizione» con un test micidiale per chi non è fermo nella con­danna di certe costumanze: «Chi avesse vo­glia di iscriversi alla nostra associazione, an­nuncia Massimo Polidoro docente di Psicolo­gia dell’insolito all’Università della Bicocca e segretario nazionale del Cicap, deve superare in maniera sicura e disinvolta una di queste prove: passare sotto una scala aperta, rompe­re uno specchio, versare il sale a terra, fare cartacce della lettera che propone l’ennesima catena di Sant’Antonio e, dulcis in fundo, aprire un ombrello dentro casa».
Il superstizioso, anche quello in odore di dubbio, non ce la farà mai. E forse è questo il motivo per cui quelli del Cicap, ritenendo che da Roma in giù non avrebbero trovato molti volontari disposti ad immolarsi, non hanno previsto alcuna presenza a Napoli e nelle altre città al di sotto del Garigliano. Questo com­portamento, che puzza lontano un miglio di preconcetto antimeridionale ha scavato, man­co a dirlo, un solco ancora più profondo tra le eterne due Italie. Tra i più indispettiti il pro­fessore Franco Salvatore, docente di biochimi­ca umana e presidente del Ceinge delle Biotec­nologie avanzate: «A Napoli queste pratiche trovano sempre meno estimatori, anche nei ceti più popolari. Per quanto mi riguarda la metto in maniera spiritosa proprio per dare una risposta al di sopra di ogni sospetto: due negatività che si confrontono si annullano. Se poi si vuole un giudizio più articolato allo­ra dico che mettere sullo stesso piano scienza e superstizione equivale a dare un calcio alla logica e alla cultura, significa in ultima sinte­si sprofondare nel buio». Ma poi perchè sarebbe sfortunato il vener­dì 17? Navigando su internet è venuta fuori una storiella che la dice lunga sul modo con cui certe credenze mettono immediatamente radici nell’immaginario collettivo. Nel 1582, dunque, si celebrò il passaggio dal calendario giuliano a quello gregoriano e per effetto di questa operazione, che si svolse di venerdì 17, il mese si «accorciò» di tredici giorni, ma i proprietari pretesero dai fittavoli il paga­mento dell’intero canone esercitando una in­sopportabile sopraffazione. Di qui la reazio­ne: venerdì 17 è un giorno nero. Da ora alla fine dei giorni. E siamo a meno di metà del guado. Credevamo di trovare un giudizio me­no negazionista bussando alla porta di Rober­to de Simone, straordinario ricercatore sul campo di leggende popolari e anche di super­stizioni, ma qusi ci manda al diavolo: «Per me è una giornata fortunata, in quel giorno superai la licenza liceale con un voto quanto mai lusinghiero. Scherzi a parte, che io sap­pia i superstiziosi napoletani hanno un solo blocco mentale: sposarsi di venerdì è una be­stemmia. Queste leggende sono state molto presenti nelle pieces dei drammaturghi degli anni Venti e Trenta, ma ora sono in via di estinzione. Tra i teatranti, invece, resiste la convinzione che alcune opere poprtino male: Macbeth, la Forza del destino, la canzone Fe­nesta ca lucive e perfino la mia Cicerenella che, in verità, non si è mai macchiata di simi­li peccati. Per il resto rimando gli scettici alla lettura di Pirandello nel libro delizioso sulla jettatuira». Sullo stesso argo­mento si è cimentato, di recen­te, anche Amato Lamberti, un in­tellettuale prestato alla politica e ritornato all’ovile, che ha scrit­to un «Elogio della jettatura» per i tipi dell’editore Pironti. «Io non ci credo, ci mancherebbe altro, ma è vero che di venerdì 17 sono accadute cose molto negative. Nel mio libro racconto questi epi­sodi, ma invito a non credere a queste cose». Siamo alle solite: il non è vero ma ci credo detta ancora legge e allora chiudiamo con il professore di Psicologia dell’insolito: «Crede­re che un oggetto, una persona o una frase abbiano il potere di procurare disastri è una profezia che si auto avvera. La persona che si crede jellata altera il suo comportamento e fi­nisce per causare tali eventi».
Carlo Franco
17 luglio 2009

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