mercoledì 6 gennaio 2010

Rifatti la memoria


La scoperta: è in una proteina l'arma segreta che può spegnere i traumi
Vivere di bei ricordi. Un sogno, che potrebbe diventare un incubo. Dopo naso, capelli, seno, gambe, natiche, prima o poi ci potremo rifare la memoria, eliminando dal calendario della rimembranza le giornate da dimenticare. Un gruppo di scienziati americani e tedeschi ha svelato sulla rivista «Neuron» il meccanismo di spegnimento dei ricordi sgradevoli nei ratti, spianando la strada alla «pillola brucia-ricordi del giorno dopo». Come? Basta impedire la registrazione cerebrale dei traumi di varia natura e entità, dai tradimenti amorosi alle bocciature d'esame, dagli infortuni sul lavoro alle aggressioni, dagli stupri alle guerre, dagli omicidi agli attentati terroristici e via elencando nella graduatoria dell’orrore. Il dubbio: la cosmesi chimica della memoria non rischia di distruggere la personalità, sgretolandone i mattoni, cioè i ricordi belli, ma soprattutto brutti e così così? Non a caso, le percezioni sgradevoli si fissano più facilmente nella memoria di quelle gradevoli e risultano più utili, se è vero, per dirla con Nietzsche, che «il coraggio di ricordare è il principio della salute».Bonificare i ricordi, quindi. Estinguendo sul nascere la memoria di singoli eventi che in condizioni normali vengono registrati nello scomparto più affascinante del cervello, il sistema limbico o cervello emotivo. Quello al quale attingono i poeti. Che alimenta l'elaborazione delle azioni: i rimorsi o, al contrario, le nostalgie. Gli studiosi dell’Università della California a Irvine e di Münster in Germania si sono concentrati sulle funzioni di una proteina chiamata neuropeptide S, scoprendo che è coinvolta nella cancellazione dei ricordi stressanti grazie all'influsso su alcuni neuroni che ne immagazzinano le immagini nell’amigdala. Quest’ultima è l'interruttore delle emozioni. Dopo un evento traumatico, nel cervello entrano in gioco corteccia prefrontale, amigdala e ippocampo, ma l'epicentro è proprio l'amigdala, nella profondità del lobo temporale. Il neuropeptide S è la staffetta delle emozioni: porta l'esperienza traumatica dall’amigdala all'ippocampo, scatola nera nella quale sono archiviate le esperienze, rimosse con la dimenticanza o riemergenti nella memoria attraverso i flashback. Il trauma è un fermo immagine che all'infinito si ripropone, richiamando l'episodio all'origine del brutto ricordo. Gli scienziati hanno sperimentato sui topi la possibilità d'impedire la consegna del «souvenir » cattivo da parte della staffetta biologica. Emozioni e memoria abitano nel cervello emotivo: viaggiano insieme e vengono depositate una accanto all’altra. Un farmaco ben congegnato potrebbe selezionare i ricordi da conservare e quelli da non registrare. Con effetti sorprendenti. Intanto, la super-pillola annullerebbe il perno della filosofia morale kantiana: «Agisci in modo che ogni tuo atto sia degno di diventare un ricordo». Abolirebbe i rimorsi, cancellando la memoria del delitto e poi renderebbe inutile l'elaborazione del lutto, negandolo nell’intimità di chi ne è direttamente investito. Farebbe anche inceppare il meccanismo dell'autoconservazione dell’uomo fondato sulla paura. Succederà che, dimenticando la morte di un figlio, si produrrà l'effetto paradossalmente peggiore di continuare a cercarlo, pensandolo vivo? E, poi, non si corre il pericolo di dare un motivo in più ai fautori della pena di morte, se la pillola ammazza-ricordi la possono comprare in farmacia gli assassini prima dell'assassinio, eliminando qualsiasi possibilità di riabilitazione in carcere? E che dire di un trattamento di massa degli eserciti in guerra? O della fine dei brutti ricordi collettivi, dell’improvvisa inconsistenza del dibattito sulla memoria condivisa? Negli anni scorsi, studi analoghi e la scoperta di effetti simili con la somministrazione di farmaci betabloccanti hanno indotto il comitato di bioetica della Casa Bianca a censurare questo filone della ricerca. Tema intrigante per un blog. Vivere di bei ricordi: un sogno, che potrebbe diventare un incubo.
(Fonte: La stampa 2008)


E' questo uno di quei casi in cui il progresso scientifico e la ricerca devono essere usati cum grano salis. A mio parere una scoperta di questo genere dovrebbe portare ad invocare il principio di precauzione e un solido dibattito etico. Non me la sento di dire un no assoluto, se penso ai bambini che assistono alle atrocità di una guerra, che vedono uccidere i propri genitori ma una selezione dei ricordi, un annullamento selettivo della memoria di privano della possibilità di essere quello che siamo sotto l'influsso dell'ambiente perchè siamo anche quello che ci accade e non sempre è male. Argomento molto interessante, Peter Singer, come vorrei sapere cosa ne pensi tu.

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