Non vogliono figli, e considerano un diritto non averne. Di più, hanno fondato un movimento, sulla falsariga di quelli anglosassoni, che è più di un gruppo, è un manifesto anti-figli. E non solo non vogliono i propri ma desiderano stare lentane anche da quelli degli altri. Chiedono quindi alberghi e ristoranti e spiagge child-free, libere da bambini. Quelli urlanti, che ti tirano la sabbia addosso, quelli che anche le madri hanno rinunciato a gestire, quelli piagnucolosi che la voglia di procreare te la fanno passare se mai l'hai avuta.
Ora, ognuno ha diritto di non riprodursi, di rinunciare a quella che è una possibilità. Finora non c'è nessuna legge - per fortuna - che ci obblighi a mettere al mondo altri individui. Inoltre le ragioni per non avere figli sono moltissime e tutte molto valide (ci torneremo un'altra volta). Detto ciò trovo superfluo aderire ad una ideologico. Credo che questa sia, tra le poche che ci sono rimaste, una scelta del tutto personale e non discutibile. Farne un movimento, dal tono rivendicatorio e aggressivo mi sembra del tutto superfluo. Ma è solo una mia opinione.
PADOVA – Sono “Childfree”, libere da figli. E lo ribadiscono a gran voce. Lo dicono soprattutto via internet, usando questo mezzo per confrontarsi, trovare intese e supporto per la loro decisione. Il movimento, che sta prendendo piede anche in Italia, nasce nei paesi anglofoni, Usa in testa. Là esiste una realtà molto ben delineata e anche radicalizzata: oltre l’oceano i childfree arrivano a chiedere luoghi liberi dai bambini, cinema e alberghi riservati. Questa allergia alla prole in Italia non assume questi connotati: è molto più soffusa, nascosta, non ha richieste plateali e non è estremizzata. In Italia si rivendica solo un diritto, quello di non riprodursi senza dover essere stigmatizzati o oppressi da chi non condivide queste scelte.
Per focalizzare il fenomeno si è svolto la scorsa settimana un convegno scientifico nella sede dell’Università di Padova. Qui, diversi esperti del settore si sono ritrovati per scattare una fotografia il più possibile dettagliata di questo aspetto sociale. Presente all’incontro anche la dottoressa Maria Letizia Tanturri, dell’Università di Pavia. Ricercatrice in Demografia alla facoltà di Scienze politiche, ha condotto diverse ricerche sulla bassa fecondità italiana e si è confrontata anche con questo “movimento”.
(…)
La ricercatrice parla di una “silenziosa mutazione: donne stabilmente in unione sembrano apprezzare la vita senza figli, gestita con molta libertà e senza troppi vincoli. Si scoprono sprovviste dell’istinto di maternità e ritengono la loro vita già abbastanza straripante”. Ecco quindi che si manifesta la volontà di non fare figli che, sempre secondo le mille donne intervistate telefonicamente, “sono visti come una presenza capace di sconvolgere gli equilibri, trasformando la vita dei genitori completamente. Non è solo la fatica fisica, ma un profondo cambiamento mentale. I figli sono descritti come spugne, capaci di assorbire tutte le energie fisiche e mentali, i pensieri e il tempo delle madri”.
Le donne che decidono di non diventare madri possono essere ricondotte a questo identikit: “Sono più istruite – spiega Tanturri – meno religiose e più frequentemente figlie uniche o con al massimo un fratello o una sorella. Sembra quindi che l’attitudine alla maternità si sviluppi più facilmente in un ambiente familiare con molti bambini, piuttosto che in una famiglia meno numerosa”. E ancora: “Sono spesso donne che formano la loro unione tardi, dopo i 30 anni, quando forse hanno già raggiunto alcuni equilibri nella vita che sono meno disposte a rimettere in discussione”.
Per focalizzare il fenomeno si è svolto la scorsa settimana un convegno scientifico nella sede dell’Università di Padova. Qui, diversi esperti del settore si sono ritrovati per scattare una fotografia il più possibile dettagliata di questo aspetto sociale. Presente all’incontro anche la dottoressa Maria Letizia Tanturri, dell’Università di Pavia. Ricercatrice in Demografia alla facoltà di Scienze politiche, ha condotto diverse ricerche sulla bassa fecondità italiana e si è confrontata anche con questo “movimento”.
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La ricercatrice parla di una “silenziosa mutazione: donne stabilmente in unione sembrano apprezzare la vita senza figli, gestita con molta libertà e senza troppi vincoli. Si scoprono sprovviste dell’istinto di maternità e ritengono la loro vita già abbastanza straripante”. Ecco quindi che si manifesta la volontà di non fare figli che, sempre secondo le mille donne intervistate telefonicamente, “sono visti come una presenza capace di sconvolgere gli equilibri, trasformando la vita dei genitori completamente. Non è solo la fatica fisica, ma un profondo cambiamento mentale. I figli sono descritti come spugne, capaci di assorbire tutte le energie fisiche e mentali, i pensieri e il tempo delle madri”.
Le donne che decidono di non diventare madri possono essere ricondotte a questo identikit: “Sono più istruite – spiega Tanturri – meno religiose e più frequentemente figlie uniche o con al massimo un fratello o una sorella. Sembra quindi che l’attitudine alla maternità si sviluppi più facilmente in un ambiente familiare con molti bambini, piuttosto che in una famiglia meno numerosa”. E ancora: “Sono spesso donne che formano la loro unione tardi, dopo i 30 anni, quando forse hanno già raggiunto alcuni equilibri nella vita che sono meno disposte a rimettere in discussione”.
(Fonte: Redattore Sociale)
1 commento:
Non si sentirebbe il bisogno di "sbandierare" questa decisione se, almeno qui in Italia, ci fosse rispetto per chi non vuole figli. All'estero è un movimento più soffuso perchè, evidentemente, ci sono parecchie persone che non vogliono figli (io, childfree convinta, se cerco questa parola su google mi ritrovo davanti in paratica solo pagine in inglese, e parecchie) e altrettante che li vogliono, così nessuno è stigmatizzato o giudicato, o almeno lo è molto di meno che in Italia, dove i childfree sono mosche bianche e guardati con sospetto...
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