venerdì 4 aprile 2008

Considerazioni sulla sanità: Torino o cara...

Solo una breve riflessione, prima di lasciarvi alla lettura di questo articolo apparso sull'inserto Salute di Repuublica, col quale mi pregio di collaborare da più di 12 anni. (E ho finito la parte di piaggeria).

Allora, siamo andati sulla luna, smontiamo e rimnotiamo facce, ridiamo l'udito alla gente con impianti cocleari raffinatissimi, sostituiamo cuori come fossero calzini (o quasi) e poi però siamo ancora al punto di dover fare una indagine sulla sterilizzazione degli strumenti chirurgici? E la gente muore per infezioni ospedaliere dovute a batteri estremamente resistenti? Insomma, tanto corre la tecnologia, tanto sembrano aumentare altri rischi.

Lo hanno capito 100 anni fa che andavano lavate le mani prima di passare dalla settoria (autopsie) alle sale parto perchè le puerpere morivano come mosche. Ne sono passati forse più di 100, le sale operatorie sono dei veri gioielli di tecnologia, si dividono in blocchi di chirurgia "pulita" e "sporca". Esistono capo sala delle sale operatorie che ne sanno quasi più dei medici e sono praticamente delle manager (si, Cristina, penso a te e al nuovo blocco operatorio del San Giovanni Bosco di Torino che ho avuto l'onore di visitare).

Eppure abbiamo imparato da poco a contare garze e strumenti durante l'intervento (una procedura in cui tutto viene scrupolosamente contato e registrato).

Per concludere, io se dovessi finire sotto i ferri lo vorrei fare solo a Torino, dove, tra l'altro ti consegnano un set di analisi del sangue in mezza giornata mentre a Roma per farne la metà ci vogliono 4 giorni lavorativi per quelle più semplici (TSH, FT3 e FT4) e dieci, dico dieci per avere gli anticorpi antitiroide.

Ora la mia domanda è: che cosa hanno a Torino che a Roma non abbiamo? (A parte un certo bel medico che dico io...)

Strumenti sterili in chirurgia, indagine europea

di Alberto Arezzo *
In Italia, le infezioni contratte in ambito ospedaliero ammontano ogni anno a 450-700.000 casi, e provocano la morte di circa 4.500-7.000 persone. Le procedure invasive, come gli interventi chirurgici, hanno un peso notevole all'interno di questa triste statistica. I dati citati portano in primo piano il tema dell'igiene in sala operatoria. Affinché gli operatori sanitari lavorino in sicurezza e per la sicurezza del paziente, è necessario che la pulizia degli strumenti e dei presidi chirurgici segua uno standard validato.In primo luogo, è indispensabile che ogni processo di pulizia sia automatizzato, affinchè, dopo che sia stata verificata la sua efficacia, possa essere costantemente riproducibile e controllabile. Verificare l'efficacia di un processo di pulizia non è cosa da poco. Molte le variabili. Alcuni parametri possono condizionare negativamente anche il processo di pulizia automatica, come, per esempio, l'agente chimico impiegato, la temperatura dell'acqua, il disegno dello strumento. Se la pulizia degli strumenti non è completa, il successivo processo di sterilizzazione risulta inefficace ed è elevato il rischio di trasmissione di infezioni.La Commissione Europea ha voluto fare il punto sull'intero processo. Per questo ha finanziato il progetto di ricerca denominato CLEANTEST, progetto che ha coinvolto numerosi partner europei, come le Università di Tuebingen e di Reutlingen e l'Ospedale Saint Charles di Bordighera (IM), dove è stato effettuato lo studio clinico. Due gli obiettivi: 1) Definire lo stato dell'arte delle tecniche di pulizia e sterilizzazione degli strumenti poliuso per chirurgia laparoscopica. 2) Validare una nuova metodologia del processo di sterilizzazioneper tali strumenti.Le conclusioni: anche dopo un'attenta ottimizzazione di tutto il processo di pulizia, disinfezione e sterilizzazione, non tutti gli strumenti di chirurgia laparoscopica risultano correttamente sterilizzati, e quindi idonei ad un nuovo impiego. Il progetto CLEANTEST ha quindi indirettamente confermato i rischi che l'utilizzo di strumenti poliuso comporta, per cui spesso vengono preferiti strumenti monouso.A seguito della presentazione dei risultati del progetto CLEANTEST, la Comunità Europea, a tutela del paziente, ha emanato un'ulteriore normativa che obbliga ogni produttore di strumenti e dispositivi chirurgici poliuso a dichiarare nel dettaglio con quale procedimento di pulizia e sterilizzazione è garantito un efficace trattamento di questi prodotti. * Chirurgia Generale II, Università di Torino

Fonte: Repubblica - inserto Salute

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