mercoledì 19 settembre 2007


L'articolo che ho sempre pensato ma che non ho mai scritto.

Complimenti alla collega del Corriere. Quando ce vo' ce vo'.


«Fa bene». «No, danneggia». Così gli studi si smentiscono l'uno con l'altro
Dal peperoncino alla playstation Le «doppie verità» della ricerca
Troppe scoperte che conquistano i titoli dei giornali il mese dopo vengono messe in dubbio. Il filosofo Giorello: ma anche questo aiuta a conoscerci


MILANO — Il peperoncino fa bene alle arterie. Chi nasce per primo è più intelligente. L'aglio abbassa il colesterolo «cattivo». Progressisti o conservatori, è tutta questione di corteccia cerebrale. Avete preso nota? Bene, proseguiamo: il peperoncino è dannoso per la prostata. I secondogeniti fanno la Storia, e i maggiori stanno a guardare. L'aglio non abbassa il colesterolo, però fa impennare l'alitosi. L'unica affermazione non smentita, finora, è quella sull'inclinazione politica: forse perché la relativa ricerca dell'università di New York risale solo alla scorsa settimana. Non ci fosse (spesso) di mezzo la salute, verrebbe da prenderla come un gioco: basta scavare negli archivi della memoria, e subito sbucherà una scoperta che per un giorno ha conquistato i titoli dei giornali, salvo essere smentita a distanza di pochi anni, se non di pochi mesi. L'ultimo in ordine di tempo è anche un caso-limite: è bastato un comunicato della Società italiana di urologia, con cui si accusava il suddetto peperoncino di provocare la prostatite, spalancando la porta a lesioni cancerose, per scatenare la reazione dei suoi sostenitori. Tutti pronti a giurare, dati alla mano, che il peperoncino è anzi un potente antitumorale, grazie al suo principale agente piccante, la capsaicina. Una scena che, negli anni, si è ripetuta per gli argomenti più disparati, dalla cancerogenicità delle patatine fritte — sostenuta nel 2002 dalla Fda statunitense, smentita sei mesi dopo da due scienziati italiani — al complesso di Elettra, secondo cui ogni donna cercherebbe nel partner il riflesso della figura paterna: a giugno, uno studio inglese ha dimostrato che, con buona pace di Freud, «capita solo a chi ha avuto un felice legame con il padre». E così via, in un'altalena tra il serio e il faceto, dal diritto di primogenitura sul QI al recente «ribaltone» sugli effetti della pillola contraccettiva. «Viene in mente la battuta di Bertrand Russell sulla nocività del fumo — commenta Giulio Giorello, filosofo della scienza —: "state attenti, perché ora gli esperti si divideranno nel dare pareri, a seconda che siano o no fumatori". Una considerazione banale, ma molto umana». Di certo, però, non rassicurante per chi si vede sballottato tra una nuova scoperta e il suo esatto contrario. «Ma questi tormentoni, caffè sì caffè no, vino sì vino no, vanno presi cum grano salis. Diverso è il discorso per altri campi, nei quali bisognerebbe saper discutere con sobria competenza e non con isteria: gli Ogm, il nucleare...». Il «palleggio », prosegue Giorello, «avviene tutte volte che entrano in gioco profonde componenti emotive, e non ci sono dati sufficienti per un parere definitivo». Un'altalena di dubbi che spesso gioca sulla «fame» dei media, disorientando i lettori. «Ma quel che conta è il lavoro serio, il resto sono fuochi d'artificio. La conoscenza scientifica non è un insieme di verità da affermare una volta per tutte, bensì un'arena in cui c'è una libera competizione di intelligenze diverse. Chi viene smentito dovrebbe ringraziare: è un modo per liberarsi dall'errore». Un terzo delle ricerche, in fondo, è destinato ad essere ridimensionato: lo dice uno studio realizzato nel 2005 dal Journal of the American Medical Association. Perlomeno, fino alla prossima smentita.
Gabriela Jacomella
18 settembre 2007

Nessun commento: