lunedì 2 aprile 2007

Chimere ed embrioni

Si chiamano “embrioni chimera” o “ibridi” ossia embrioni creati dalla fusione di ovuli animali con materiale genetico umano.
Se chi legge teme che da un simile incrocio possa generarsi qualche strano essere mitologico può tranquillizzarsi, perché questi embrioni non sono in grado di sviluppare un organismo e poi vengono creati in laboratorio e crescono in una coltura, non nell’utero di un essere vivente.
Sono invece modelli sperimentali per la ricerca che vengono distrutti dopo pochi giorni, dopo aver prelevato le cellule staminali da essi prodotte nelle prime fasi di differenziazione.
Sino ad oggi tre equipe di scienziati britannici hanno chiesto alla Human Fertilisation and Embryology Authority, la richiesta di autorizzazione per condurre i rispettivi esperimenti sugli ibridi: tra cui quella capitanata dal professor Ian Wilmut, il creatore della pecora Dolly.
Lo scopo è quello di creare colture di cellule staminali per studiare terapie per patologie ancora incurabili, come Parkinson, Alzheimer, Sclerosi Laterale Amiotrofica ed altre.
La vicenda, c’è da dire, è stata particolarmente complessa: il governo inglese aveva dapprima bandito ogni richiesta di esperimenti del genere salvo poi tornare sui suoi passi dietro pressione di influenti scienziati. Il risultato è ibrido anch’esso: il governo non sosterrà la creazione degli embrioni chimera ma non imporrà nemmeno una legge che li proibisce.

Al professor Wilmut preme di ottenere la licenza per condurre esperimenti sul morbo del motoneurone. Lo scienziato aveva definito «un obbligo etico», nientemeno, il tentativo di confrontare la funzionalità degli ovuli di coniglio con quelli umani: «Non sappiamo se gli ovuli di coniglio possano essere utili. Ma ritengo che esista un obbligo a percorrere quella che considero la strada più semplice. Se risultasse che gli ovuli di un coniglio possono funzionare bene, anziché chiedere alle donne di donare i loro ovociti penso che sarebbe appropriato usare gli ovociti di coniglio. Il processo della donazione di ovociti non è piacevole ed esiste un piccolissimo rischio per la donna donatrice. Quindi, ovviamente, sarebbe auspicabile raggiungere lo stesso risultato usando ovuli di coniglio».

Il professor Wilmut ha concluso: «Lo scopo di tutta la nostra ricerca è quello di produrre cellule in laboratorio che siano equivalenti alle cellule di un paziente che non funzionano come si deve e che lo fanno ammalare. Metteremmo un nucleo cellulare di un paziente che ha ereditato una malattia in un ovocita umano e in un ovocita di coniglio. In tal modo potremmo vedere se il nucleo umano messo in un ovocita di coniglio funziona esattamente come il nucleo messo in un ovocita umano. E' un modo diverso di produrre, in effetti, un embrione umano».

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