mercoledì 4 aprile 2007

La scienza dell'amore (a puntate però)


Se l’intuito, il caso, l’astrologia non hanno dati risultati rilevanti nel farvi trovare il partner giusto, quello “della vita”, perché non provare con la scienza? Da alcuni anni infatti i neuroscienziati cercano di comprendere le basi cerebrali dell’amore. E come se non bastasse ora si sono impegnati anche i matematici, perché la matematica, non come aritmetica o statistica, ma come studio dei ‘modelli’ ci può dare preziose indicazioni.

A prima vista sembra che matematica e amore (o sesso) non abbiano molto a che spartire. Certo possiamo contare il numero dei rapporti sessuali avuti in un anno o in una settimana (i più fortunati contano quelli…in un giorno). Possiamo altresì sommare il numero degli orgasmi, farne grafici e statistiche, ma certo, almeno a prima vista, non diremmo che la matematica possa essere divertente, soprattutto se applicata alle relazioni d’amore.

Questione di punti di vista. Lo dimostra efficacemente Clio Cresswell, ricercatrice di matematica, autrice del nuovissimo ‘Matematica e sesso’ (Salani editore) che svela come aumentare le possibilità di trovare un partner e calcolare le probabilità di riuscita di un rapporto.

Esisterebbe infatti una strategia matematica per trovare l’amore della vita. E’ quello che sostiene Peter Todd del Max Planck Institute for Psychological Research, in Germania: noi non sappiamo quanti potenziali partner incontreremo nel corso della vita (ma si stima un numero compreso fra cento e mille) e inoltre, non è affatto necessario scegliere il ‘partner migliore’ per essere felici, anzi non sappiamo nemmeno noi quale sia il migliore. Quanti potenziali partner dovremmo incontrare prima di fermarci con la ragionevole sicurezza di aver fatto una buona scelta? La risposta matematica è: fate sesso (o frequentate, va già bene) con almeno dodici persone, scartatele tutte e poi scegliete quello che vi sembra il migliore a partire dal tredicesimo. Questo fornisce il 75% di probabilità di successo, e la matematica dice che dopo le trenta persone è inutile continuare a cercare.

Trovato il partner sarà opportuno studiare le strategie per far funzionare il rapporto amoroso, altrimenti poi bisogna ricominciare da capo.

L’italiano Sergio Rinaldi, Docente di Teoria dei Sistemi al Politecnico di Milano, è il primo ad aver usato sistematicamente modelli matematici per spiegare il comportamento amoroso. Giungendo a sviluppare equazioni che dicono, ad esempio: “perché l’amore di entrambi aumenti, basta che uno dei due aumenti il proprio sex appeal. Investire su se stessi, migliorare il proprio aspetto fisico o aumentare il proprio fascino, può avere un enorme ritorno positivo sulla coppia e funziona come un meccanismo che si autoalimenta” spiega il matematico “L’equazione ‘amorosa’ dice che l’amore che proverò domani per il mio partner sarà quello che provo oggi meno una piccola perdita di interesse. Che però è compensata da due fattori di recupero: la mia reazione all’amore che l’altro mi dimostra nella giornata (perché mi regala dei fiori o mi fa delle coccole) e la reazione al fascino che l’altro esercita. Quando l’equazione ha questo andamento in entrambi, il bilancio è in equilibrio e la relazione va avanti.

Interessante anche il fenomeno del sinergismo, che altro non è che la tendenza ad avere opinioni troppo positive riguardo le qualità e le capacità delle persone cui si vuole bene. E’ la stessa origine del detto che “l’amore è cieco” dimostrato da uno studio condotto all’University College di Londra: nel vecchio adagio c’è una base di verità, infatti gli scienziati hanno visto che nelle persone innamorate si verifica una minore attività nelle aree del cervello che controllano il pensiero critico e le emozioni negative. Le stesse legate al meccanismo della ‘ricompensa’: quando sono stimolate si produce una sensazione positiva di euforia e di razionalità limitata.

In senso filosofico lo spiega bene Harry Frankfurt , professore emerito a Princeton che nel suo “Le ragioni dell’amore” (Donzelli) svela come l’amore sia spesso (erroneamente) percepito come una risposta al ‘valore’ che attribuiamo all’altro, ma che in realtà si possa amare qualcosa senza badare al suo valore o addirittura nonostante la consapevolezza che quella persona sia addirittura spregevole. “In realtà succede che ciò che amiamo acquisisce valore ai nostri occhi proprio perché lo amiamo e non necessariamente perché l’oggetto del nostro amore ne sia meritevole”. Un esempio? Non amiamo i nostri figli perché hanno un particolare talento o come conseguenza di una valutazione di come sono e anzi spesso continuiamo ad amarli anche quando si macchiano di crimini orrendi.

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