venerdì 18 maggio 2007

Ripensare l'amore romantico


L'amore e il concetto di amore falliscono perchè anacronistici.

Siamo schiavi inconsapevoli del mito di Jane Austen.

La filosofa Adriana Cavarero sul magazine Io Donna racconta in un libro che ciò che rende infelici le coppie, e soprattutto le donne, è un eccesso di investimento in un concetto idealizzato di amore. Secondo questo modello la coppia è un valore di per sé, indipendente dalle vite dei singoli che lo compongono.

"Siamo spinti a credere di poter costruire le nostre vite modellandole sul successo della relazione". In parte perchè la globalizzazione ha messo in crisi molti valori certi e rassicuranti, in parte perchè forse è proprio il modello tradizionale ad essere in crisi. Ma allora si possono scoprire nuovi modelli di amore? Nuovi tipi di relazione?

Negli Stati Uniti è stato realizzato un telefilm su una famiglia poligama, in Italia un uomo su tre (almeno nel padovano) va con le prostitute. L'insoddisfazione è massima proprio nel momento in cui il Family Day dimostra frange di integraisti della famiglia abbarbicati a quella che non è altro che una idea.

Mi permetto però alcune osservazioni in risposta alla Cavarero che di certo propone una lettura molto intelligente: in realtà l'amore romantico è una INVENZIONE sociale recente. Ha forse meno di 100 anni. Tutto il precedente è stato matrimoni combinati sulla base di convenienze. Quindi è probabile che il modello non abbia funzionato proprio mai e quindi mi domando quali siano questi valori tradizionali, termine a cui attribuisco un fenomeno di più lungo periodo.

C'è molta insoddisfazione e se ci guardiamo appena un poco indietro, ai matrimoni delle nostre nonne e dei nostri genitori mi pare chiaro che salvo rare eccezioni la famiglia tradizionale è stato un luogo dove più che il piacere c'era il sacrificio e la fatica di stare insieme. Come se tutto questo non fosse fisiologico, come se in realtà contraddicesse la teoria ecologica per cui è necessario che una coppia stia insieme per procreare e sino a che la prole non sia indipendente (cosa che negli umani viene travisata giacchè si intende l'indipendenza fisica - mangiare e vestirsi da soli - non l'indipendenza economica che talora i figli raggiungono a 30 anni e passa). Ecco quindi matrimoni in cui i coniugi sono indifferenti, in cui la noia regna sovrana, in cui si sta insieme perchè si deve in cui la realizzazione personale avviene sempre al di fuori. Questo significherà pur qualcosa e lo dico non con spirito rivoluzionario ma come osservatrice del mondo che mi circonda. Infatti ciò in cui credo io non lo dico, almeno qui e ora.

1 commento:

Maurice ha detto...

Questo post fa il paio con quello dei padovani (dove è scomparso il link ai commenti).
Hai già detto tutto tu. Io faccio parte degli altri due terzi, quindi non ho esperienze; se però dovessi ricorrere alla mercemonia, l'unica ragione sarebbe solo per esperienze diverse.
Però - fra le varie categorie - credo che alcuni lo facciano per la noia di certi rapporti: un'amica con trent'anni di matrimonio alle spalle mi confidava che non l'ha mai fatto così o colà (leggi: posizioni o situazioni poco più che banali). Se fossi suo marito, avrei una giusta causa per ricorrere ad altre pratiche.
L'amore romantico? Può esistere anche dopo trent'anni, è dura, ma mettendoci impegno si può. Ricordi il mio post sulla festa di San Marco?